L’epidemia di COVID-19 ha cambiato il sistema educativo

Amy Williams è consulente per l’istruzione negli Stati Uniti e ha pubblicato un interessante articolo su come l’epidemia di COVID-19 ha cambiato il sistema educativo.

Chi sapeva che una persona un giorno avrebbe mangiato un pipistrello e avrebbe creato il caos in tutto il mondo? Il coronavirus ha indotto più di un terzo della popolazione mondiale ad abbracciare diverse forme di blocco. Il Regno Unito, ad esempio, è entrato in blocco completo dal 23 marzo 2020. Dall’industria della moda alle imprese locali, il COVID-19 ha colpito tutti i tipi di industrie dopo il blocco. Anche il settore dell’istruzione non è stato in grado di sfuggire alla presa di questa pandemia. Diamo un’occhiata ai tre impatti cruciali del COVID-19 sull’istruzione.

Chiusure scolastiche
Oltre al blocco, l’epidemia di COVID-19 ha anche causato la chiusura totale di scuole, college e università in tutto il mondo. Quasi 1.723 miliardi di studenti sono stati colpiti da quando la chiusura delle scuole è entrata in vigore dal 26 aprile 2020. Secondo i rapporti dell’UNESCO, 189 paesi hanno implementato la chiusura delle scuole in tutta la nazione. Cinque paesi hanno implementato la chiusura delle scuole locali. Questi hanno avuto un impatto sul 98,4% dell’intera popolazione studentesca mondiale. Secondo l’OCSE, oltre 421 milioni di bambini hanno risentito dell’istruzione a causa della chiusura delle scuole.

Conseguenze correlate:

La chiusura improvvisa delle scuole ha portato a problemi socioeconomici più ampi.
Più di 370 milioni di giovani e bambini non hanno potuto frequentare la scuola dal 12 marzo a causa della chiusura delle scuole. I genitori che lavorano devono restare a casa per prendersi cura dei propri figli se le scuole sono chiuse. Ciò provoca una diminuzione dei salari e della produttività, causando problemi socioeconomici per i bambini svantaggiati.

Un impatto negativo sul sistema sanitario
I bambini non hanno altra scelta che restare a casa. Anche gli operatori sanitari, quindi, devono restare a casa per i propri figli. Ciò significa che non possono essere nelle strutture in cui sono più necessari durante questa crisi sanitaria.

Un aumento dell’insicurezza alimentare
Molti bambini spesso fanno affidamento sui pasti gratuiti o scontati nelle scuole. Potrebbero essere troppo svantaggiati per ottenere un pasto sufficiente per se stessi a casa. I programmi del pranzo scolastico potrebbero essere stati l’unica fonte di diversi studenti negli Stati Uniti. La chiusura delle scuole potrebbe significare insicurezza alimentare per i bambini svantaggiati.

Il COVID-19 si diffonde a macchia d’olio attraverso il contatto sociale. Pertanto, era necessario chiudere le scuole e altri istituti di istruzione per frenare la diffusione di questo virus mortale. I governi, tuttavia, devono trovare modi per aiutare i bambini che dipendono da scuole e college per scopi più che semplici di istruzione.

Rinvio esami e ammissioni
La chiusura di scuole e collegi ha portato al rinvio di alcuni importanti esami e ammissioni. L’Università di Cambridge, ad esempio, ha annunciato di dover annullare gli esami Cambridge IGCSE, Cambridge O Level, Cambridge International AS & A Level, Cambridge AICE Diploma e Cambridge Pre-U. Anche gli esami di maturità internazionale sono stati annullati a seguito della chiusura delle scuole. La fine dell’anno accademico si avvicina in diversi paesi. Pertanto, molti studenti, genitori e insegnanti sono preoccupati per esami e carriere nel caso in cui le chiusure delle scuole vengano prolungate.

Conseguenze correlate:

Scelte future di studio poco chiare
Nella maggior parte dei paesi, gli esami e le valutazioni determinano le future scelte di studio. Pertanto, il rinvio degli esami ha reso molto difficile per gli studenti scegliere un corso per l’istruzione superiore. L’HKDSE o Diploma di istruzione secondaria di Hong Kong determina l’accesso all’istruzione superiore. Il rinvio di questo esame di un mese ha ridotto le diverse opportunità per gli studenti.

Adeguamento dei criteri di ammissione
Il SAT viene utilizzato nella maggior parte dei processi di ammissione all’università negli Stati Uniti. Il test viene poi somministrato di persona nelle scuole. Gli esami SAT per quest’anno avrebbero dovuto tenersi il 2 maggio 2020 e i test avrebbero dovuto essere rivisti il 6 giugno 2020. Ma ora questi test sono stati cancellati. Pertanto, molte università stanno adeguando i propri criteri di ammissione per rendere facoltativi questi esami.

Formati di esame modificati
Non tutti gli esami sono stati posticipati o annullati. Alcuni di loro stanno continuando ad avere luogo. Gli studenti del sesto anno delle scuole di medicina del Regno Unito, ad esempio, hanno sostenuto per la prima volta gli esami online. È molto probabile che gli esami delle scuole superiori CXC nei Caraibi implementino formati di esami online e offline migliorati.

Molti esami sono stati cancellati o posticipati a seguito di questa epidemia di pandemia. Anche le ammissioni a scuole e college sono state sospese per lo stesso motivo. Alcune istituzioni stanno cercando di modificare la procedura di ammissione e le procedure di esame per adeguarsi alla situazione attuale. Altri hanno cancellato completamente tutti gli esami, facendo preoccupare molti genitori per il futuro dei propri figli.

Un aumento dei programmi educativi alternativi
L’avvento dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico aveva promesso un’alternativa all’insegnamento tradizionale basato sulle lezioni, ai pregiudizi istituzionali radicati e alle classi fuori moda. Il COVID-19 ha agito da catalizzatore in questo caso. Con la chiusura di diverse scuole a causa della pandemia, molti paesi hanno già adottato programmi di apprendimento alternativi. Hong Kong, ad esempio, ha iniziato a studiare a casa tramite app interattive a febbraio. Oltre 120 milioni di studenti in Cina hanno iniziato ad apprendere diversi argomenti attraverso trasmissioni televisive in diretta.

Fatti correlati:

Programmi di apprendimento online
È quasi impossibile frequentare regolarmente le lezioni scolastiche e universitarie in questa epidemia di pandemia. Molte piattaforme educative online hanno prodotto strumenti educativi gratuiti per gli studenti che sono bloccati a casa. Puoi anche optare per servizi di scrittura di saggi online per ottenere aiuto durante la scrittura di saggi. Aziende come Coursera e Scholastic stanno già pubblicizzando programmi online per incoraggiare gli studenti a imparare a casa.

App interattive per scopi didattici
Le app interattive possono anche aiutarti a continuare ad imparare senza dover uscire di casa. Dagli alfabeti inglesi al calcolo complesso, ci sono app per tutti i tipi di argomenti. Tutto quello che devi fare è scaricare quello che ti serve dal Play Store. I genitori possono aiutare i propri figli a sfruttare al meglio queste app, anche in questa grave situazione.

Corsi di tutoraggio online
Puoi anche continuare ad apprendere argomenti complicati tramite lezioni di tutoraggio online. Supponi di non essere in grado di scrivere un saggio. Quindi, chiedi a scrivere il mio saggio per aiutarti su queste piattaforme di tutoraggio online. Alcune piattaforme di tutoraggio sono disponibili anche a tuo piacimento. Pertanto, puoi impostare l’orario delle lezioni online secondo i tuoi desideri. È molto meglio degli incontri dal vivo con gli insegnanti.

La digitalizzazione dell’istruzione può anche ampliare i divari di uguaglianza già presenti in diverse parti del mondo. In questo caso, la qualità dell’apprendimento dipende principalmente dal livello di accesso digitale. Solo il 60% della popolazione mondiale è online. Ciò significa che la maggior parte dei bambini non ha accesso a dispositivi digitali e piani dati. È molto probabile che perdano opportunità educative a causa della mancanza di accesso digitale.

Riepilogo.

Questi tre sono gli impatti più cruciali del COVID-19 sul settore dell’istruzione. Le scuole hanno chiuso. Gli esami sono annullati. I criteri di ammissione sono stati modificati. La chiusura delle scuole ha portato anche a una serie di innovazioni in questo settore. Ma il governo deve assicurarsi che le innovazioni possano avvantaggiare gli studenti di tutti i livelli di istruzione, indipendentemente dal loro status socio-economico.

INAIL Comunicato 22 ottobre 2021

Covid-19, nel 2021 in forte calo l’impatto del virus su infortuni sul lavoro e casi mortali

Online il 20esimo report nazionale elaborato dalla Consulenza statistico attuariale Inail: tra gennaio e settembre l’incidenza media delle infezioni di origine professionale sul totale delle denunce pervenute all’Istituto è scesa a una su 12. Nel 2020 era il triplo. Dall’inizio della pandemia denunciati 181.636 contagi e 762 decessi

ROMA – Se nel 2020 l’incidenza media delle denunce da Covid-19 sul totale di tutti gli infortuni sul lavoro segnalati all’Inail è stata di una ogni quattro, nei primi nove mesi di quest’anno è scesa a una su 12. A rilevarlo è il 20esimo report nazionale elaborato dalla Consulenza statistico attuariale Inail, pubblicato oggi insieme alle nuove schede di approfondimento regionali, che sottolinea come sia calata anche l’incidenza dei decessi provocati dal virus sul totale dei casi mortali, passata da circa una denuncia su tre nel 2020 a una su cinque quest’anno. Il 2021, con 33.610 contagi di origine professionale denunciati, pesa al momento il 18,5% sul totale degli infortuni da Covid-19 pervenuti da inizio pandemia. Rispetto ai primi nove mesi del 2020, in particolare, i casi di contagio rilevati tra gennaio e settembre di quest’anno, benché non consolidati, sono in calo del 40%, quelli mortali del 43,4%.

Rispetto al monitoraggio di fine agosto l’incremento è dello 0,9%. Le infezioni da Covid-19 di origine professionale denunciate all’Istituto dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 30 settembre sono 181.636. Rispetto ai 179.992 casi registrati dal monitoraggio del mese precedente, le denunce in più sono 1.644 (+0,9%), di cui 596 riferite a settembre e 331 ad agosto 2021. Gli altri 717 casi sono per il 57% riferiti agli altri mesi di quest’anno e il restante 43% al 2020. Il consolidamento dei dati permette, infatti, di acquisire informazioni non disponibili nelle rilevazioni e nei mesi precedenti. I decessi sono 762, 15 in più rispetto al monitoraggio mensile di fine agosto, e concentrati soprattutto nel 2020, che raccoglie quasi tre quarti (72,6%) di tutti i casi mortali da contagio segnalati all’Inail alla data dello scorso 30 settembre, con aprile (194 deceduti) e marzo (140) ai primi due posti. Il 2021, con 209 decessi da Covid-19 nei primi nove mesi, pesa invece al momento per il 27,4% sul totale dei casi mortali da nuovo Coronavirus pervenuti all’Istituto da inizio pandemia. A morire sono soprattutto gli uomini (82,9%) e i lavoratori nella fascia di età 50-64 anni (71,8%), con un’età media dei deceduti di 58,5 anni (57 per le donne, 59 per gli uomini).

Più di quattro denunce su 10 nella fascia 50-64 anni. Allargando l’analisi a tutte le infezioni di origine professionale, l’età media dei contagiati scende a 46 anni per entrambi i sessi, con il 42,5% delle denunce nella fascia 50-64 anni, il 36,6% in quella 35-49 anni, il 18,9% tra gli under 35 e il 2% tra gli over 64, e il rapporto tra i generi si inverte. La quota femminile, infatti, è pari al 68,4% e supera quella maschile in tutte le regioni, con le sole eccezioni della Calabria, della Sicilia e della Campania, dove l’incidenza delle lavoratrici sul complesso dei contagi sul lavoro è, rispettivamente, del 48,5%, 46,0% e 44,3%. L’86,4% delle denunce riguarda lavoratori italiani, percentuale che sale al 90,7% per i casi mortali. Tra gli stranieri, le comunità più colpite sono quella rumena (con il 20,9% dei lavoratori stranieri contagiati), peruviana (12,6%), albanese (8,1%), moldava (4,6%) ed ecuadoriana (4,1%). Per quanto riguarda i casi mortali, invece, con il 15,5% dei decessi occorsi agli stranieri, la comunità peruviana precede quelle albanese (12,7%) e rumena (8,5%).

I maggiori aumenti percentuali nelle province di Trapani, Ragusa e Potenza. A livello territoriale il 42,5% delle denunce è concentrato nel Nord-Ovest (prima la Lombardia con il 25,2%), seguito dal Nord-Est con il 24,6% (Veneto 10,6%), dal Centro con il 15,3% (Lazio 6,7%), dal Sud con il 12,8% (Campania 5,9%) e dalle Isole con il 4,8% (Sicilia 3,2%). Le province con il maggior numero di contagi sul lavoro dall’inizio dell’emergenza sanitaria sono Milano (9,6%), Torino (6,9%), Roma (5,3%), Napoli (4,0%), Brescia, Verona e Varese (2,5% ciascuna), Genova (2,4%) e Bologna (2,3%). Prendendo in considerazione solo l’ultimo mese di rilevazione, la provincia che ha registrato il maggior numero di infezioni di origine professionale è quella di Roma, seguita da Milano, Napoli, Palermo, Potenza, Catania, Monza e Brianza, Torino e Savona. Le province che hanno fatto segnare i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di agosto, non per contagi avvenuti nel mese di settembre ma per il consolidamento dei dati in mesi precedenti, sono però quelle di Trapani (+8,6%), Ragusa (+5,5%), Potenza (+4,8%), Agrigento (+4,3%), Siracusa (+4,2%), Vibo Valentia (+3,8%), Bologna e Catania (+3,7% per entrambe).

A Roma e Napoli il primato negativo di casi mortali. Con il 37,0% dei decessi denunciati (prima la Lombardia con il 25,3%), al Nord-Ovest spetta anche il primato negativo per numero dei casi mortali. Seguono il Sud con il 25,7% (Campania 12,9%), il Centro con il 17,9% (Lazio 10,6%), il Nord-Est con il 12,7% (Emilia Romagna 6,4%) e le Isole con il 6,7% (Sicilia 5,6%). Nel confronto con il dato complessivo dei contagi sul lavoro segnalati all’Inail dall’inizio della pandemia, per i casi mortali si osserva una quota più elevata al Sud (25,7% contro il 12,8% riscontrato nelle denunce totali) e un’incidenza inferiore nel Nord-Est (12,7% rispetto al 24,6%). Le province con più decessi sono Roma e Napoli (con il 7,7% ciascuna), Milano (6,7%), Bergamo (6,6%), Brescia e Torino (4,1% ciascuna), Cremona (2,5%), Genova (2,4%), Bari e Caserta (2,2% ciascuna), Palermo e Parma (2,1% ciascuna).
Quasi tutti i contagi nella gestione assicurativa dell’Industria e servizi. Quasi tutti i contagi sul lavoro e la netta maggioranza dei decessi (rispettivamente 96,9% e 88,0%) riguardano l’Industria e servizi, con gli altri casi distribuiti nelle gestioni assicurative per Conto dello Stato (amministrazioni centrali dello Stato, scuole e università statali), Agricoltura e Navigazione. Sono circa tremila, in particolare, le denunce di infezioni di origine professionale di insegnanti, professori e ricercatori di scuole di ogni ordine e grado e di università statali e private, riconducibili sia alla gestione dei dipendenti del Conto dello Stato sia al settore Istruzione della gestione Industria e servizi.

Dopo la sanità e assistenza sociale, trasporti e manifatturiero al secondo e terzo posto per numero di decessi. Tra le attività produttive coinvolte dalla pandemia, il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – si conferma al primo posto, con il 65,1% delle denunce e il 22,7% dei decessi codificati, seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), con il 9,2% delle infezioni e il 10,5% dei casi mortali. Gli altri settori più colpiti sono il noleggio e servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il trasporto e magazzinaggio, il manifatturiero (addetti alla lavorazione di prodotti chimici e farmaceutici, stampa, industria alimentare), le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il commercio all’ingrosso e al dettaglio, le altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…), e le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale). Concentrando l’attenzione sui casi mortali denunciati in ciascun settore, spiccano in particolare le percentuali del trasporto e magazzinaggio e del manifatturiero, rispettivamente al secondo e al terzo posto con il 13,1% e l’11,6% dei decessi, e quelle del commercio all’ingrosso e al dettaglio (10,1%) e delle costruzioni (7,0%).

Il trend nei vari settori produttivi. Rispetto al 2020, nei primi nove mesi del 2021 si riscontrano, però, alcune differenze nell’evoluzione dei contagi in vari settori produttivi. La sanità e assistenza sociale è stata caratterizzata da un numero di infortuni da Covid-19 in costante discesa, registrando nel mese di giugno il suo livello minimo, con circa 60 infortuni (erano 400 a giugno 2020), per poi risalire lievemente nei due mesi successivi e rallentare di nuovo a settembre, benché i dati siano ancora provvisori. A partire dallo scorso febbraio l’incidenza della sanità e assistenza sociale sul totale dei casi si è ridotta, ma l’ultimo trimestre mostra segnali di ripresa. Altri comparti produttivi, come il trasporto e magazzinaggio, gli alberghi e ristoranti e il commercio, quest’anno hanno invece registrato incidenze di contagi professionali in crescita rispetto al 2020, con l’eccezione del mese di settembre, che è caratterizzato da un calo.

L’analisi per professione dell’infortunato. Dall’analisi per professione dell’infortunato emerge che oltre un quarto dei decessi (26,3%) riguarda il personale sanitario e socio-assistenziale. La categoria dei tecnici della salute, in particolare, è quella più colpita dai contagi, con il 37,4% delle denunce complessive, l’82,7% delle quali relative a infermieri, e il 9,8% dei casi mortali codificati (il 67,1% infermieri). Seguono gli operatori socio-sanitari con il 18,2% delle denunce (e il 3,9% dei decessi), i medici con l’8,5% (5,2% dei decessi), gli operatori socio-assistenziali con il 6,9% (2,5% dei decessi) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,7% (3,3% dei decessi). Tra le altre professioni coinvolte spiccano gli impiegati amministrativi, con il 4,6% delle denunce e il 10,2% dei casi mortali, gli addetti ai servizi di pulizia (2,3% dei contagi e 2,1% dei decessi), i conduttori di veicoli (1,3% dei contagi e 8,0% dei decessi) e gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia (0,9% dei contagi e 2,7% dei decessi).

Da febbraio osservata una flessione significativa del fenomeno. Anche rispetto alla professione dei lavoratori contagiati si osserva in generale un calo significativo delle denunce a partire da febbraio di quest’anno, con incidenze in riduzione per alcune categorie, tra le quali le professioni sanitarie che nell’ultimo trimestre mostrano, però, segnali di ripresa delle infezioni. Altre professioni, con il ritorno alle attività, hanno visto invece aumentare l’incidenza dei casi di contagio rispetto allo scorso anno. È il caso, per esempio, degli impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali, degli impiegati addetti al controllo di documenti e allo smistamento e recapito della posta e degli insegnanti di scuola primaria.

Gli infortuni a scuola al tempo della DaD

Il periodico curato dalla Consulenza statistico attuariale fotografa la situazione di oltre sette milioni e mezzo di studenti nel primo anno della pandemia da Covid-19. Nel 2020 negli istituti pubblici statali di ogni ordine e grado le denunce sono calate del 70% rispetto all’anno precedente.

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha condizionato pesantemente anche l’andamento degli infortuni degli studenti. Quelli delle scuole pubbliche statali, infatti, nel 2020 hanno registrato un calo delle denunce di infortunio del 70% rispetto al 2019, da 78.875 a 23.509.

A segnalarlo è il nuovo numero del mensile Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale (Csa) dell’Istituto, che nel mese del ritorno in classe di oltre sette milioni e mezzo di alunni, insieme a quasi 684mila docenti a cui se ne aggiungono altri 152mila di sostegno, fotografa quella che è stata la situazione tra i banchi nel primo anno della pandemia.

Tutelate le attività di laboratorio, di educazione motoria e in alternanza scuola-lavoro.

Gli studenti delle scuole statali di ogni ordine e grado godono della copertura assicurativa Inail, erogata mediante la gestione diretta per conto dello Stato, solo per gli infortuni avvenuti nel corso delle attività di laboratorio e di educazione motoria, durante i viaggi di integrazione della preparazione di indirizzo e nelle esperienze di scuola-lavoro.

Gli infortuni degli studenti in itinere, ovvero quelli occorsi durante il tragitto di andata e ritorno tra la casa e la scuola non sono invece tutelati, così come quelli che si verificano durante il percorso dall’abitazione a quello in cui si svolge l’esperienza di lavoro.

Sono invece tutelati quelli che si verificano tra la scuola e il luogo in cui lo studente svolge l’esperienza di lavoro, che è considerato prolungamento dell’esercitazione pratica, scientifica o di lavoro e quindi riconducibile all’attività protetta svolta durante tale esperienza.

La copertura assicurativa include anche la didattica a distanza.

Anche la didattica a distanza (DaD), che per esigenze sanitarie l’anno scorso si è imposta come forma di insegnamento privilegiata per molti studenti, è tutelata dall’Istituto come le esperienze tecnico-scientifiche o le esercitazioni pratiche e di lavoro effettuate “in presenza”, in quanto prevede l’utilizzo da parte di studenti e insegnanti di dispositivi elettronici che costituiscono, di per sé, fonti di esposizione al rischio, come avviene per esempio per l’apprendimento di lingue straniere attraverso l’utilizzo di macchine elettriche, già coperte dall’assicurazione Inail.

Quasi sette casi su 10 concentrati nei due mesi in presenza di gennaio e febbraio. Analizzando il fenomeno infortunistico su base mensile emerge, comunque, che nei mesi del 2020 in cui la scuola è stata interessata dalla DaD gli infortuni degli studenti hanno subito un brusco calo.

Il 68%, pari a 15.927 casi, si è verificato infatti nei soli mesi di gennaio e febbraio, caratterizzati dalla didattica in presenza, mentre quelli denunciati nel periodo da marzo a giugno, mesi in cui le lezioni sono state svolte a distanza, sono stati poco più del 2%. Rispetto al 2019 per il solo mese di gennaio 2020 si è registrato un lieve incremento del 2,7% (da 8.093 a 8.313 casi), mentre a partire da febbraio è iniziata una diminuzione che, tra marzo e giugno, è stata mediamente del 98,7%.

In Lombardia, Emilia Romagna e Veneto il numero maggiore di denunce. A livello territoriale, con 5.061 casi la Lombardia è la regione con il più alto numero di infortuni tra gli alunni, pari a oltre un quinto (21,5%) del complesso delle denunce, seguita da Emilia Romagna (2.824 casi) e Veneto (2.508), rispettivamente con il 12,0% e 10,7% del totale. Gli infortuni degli studenti sono in genere di lieve entità e non danno luogo a un riconoscimento.

Per questo motivo quelli definiti positivamente nel 2020 risultano essere poco più del 48%. Circa l’89% dei casi definiti positivamente, al netto dei non classificati, ha come sede della lesione gli arti superiori e inferiori, e in particolare mano (30,7%), caviglia (22,8%), polso (13,2%) e ginocchio (9,8%).

Conoscere i pittogrammi per riconoscere il rischio. I concetti di salute, rischio, sicurezza e protezione sono spesso lontani dall’esperienza scolastica, ma andrebbero assimilati in giovane età per essere sviluppati da adulti, sia nella vita personale che in quella lavorativa.

Per questo è opportuno far comprendere agli studenti quali sono i comportamenti e le azioni da mettere in atto per la sicurezza propria e altrui, anche insegnando a individuare i pericoli attraverso un processo di valutazione del rischio. Un esempio in questo senso è rappresentato dall’uso di sostanze e miscele chimiche, il cui impiego è sicuro se usate correttamente.

Occorre infatti essere consapevoli delle conseguenze negative per la salute, la sicurezza e l’ambiente a cui questi prodotti espongono se utilizzati in modo inappropriato.

Di qui l’importanza di saper riconoscere il significato dei pittogrammi che si trovano sulle etichette dei prodotti chimici e ne descrivono i pericoli associati (esplosività, infiammabilità, corrosività, tossicità, ecc.). I pittogrammi e il loro significato sono riprodotti anche all’interno di Dati Inail.

I risultati dell’indagine annuale di customer satisfaction. Nella sezione dedicata al “Mondo Inail”, il periodico statistico dell’Istituto si sofferma anche sui risultati dell’ultima indagine di customer satisfaction, condotta annualmente per misurare il grado di soddisfazione degli utenti rispetto alle prestazioni assicurative, economiche sanitarie e ai servizi generali erogati dalle sedi.

Al netto delle difficoltà legate al contesto emergenziale, che ha ridotto sensibilmente il livello di partecipazione all’indagine di lavoratori e aziende, su una scala di valori da 1 a 4 il giudizio medio ottenuto dall’Inail per il 2020 è pari a 3,25. Il dato non è però confrontabile con gli anni precedenti per effetto dei cambiamenti apportati al contenuto del questionario e alla metodologia con cui è stato erogato.

fonte INAIL

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DECRETO-LEGGE 21 settembre 2021, n. 127

DECRETO-LEGGE 21 settembre 2021, n. 127

Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening. (21G00139) (GU Serie Generale n.226 del 21-09-2021 ) note: Entrata in vigore del provvedimento: 22/09/2021.

Per quanto riguarda i i luoghi di lavoro privati, l’art. 3 introduce il nuovo articolo 9-sexies alla Legge 87/2021, che prevede:

a) Obbligo di possedere ed esibire, su richiesta, la Certificazione Verde COVID-19 (cosiddetto Green Pass) per l’accesso ai luoghi di lavoro da parte di chiunque svolga una attività lavorativa, inclusi coloro che svolgono attività di formazione o di volontariato. L’obbligo non si applica a chi è esentato dalla vaccinazione in base ad idonea certificazione rilasciata secondo i criteri definiti con circolare Ministeriale;

b) l’obbligo di verifica del possesso della Certificazione Verde COVID-19 ricade sui datori di lavoro e, per i soggetti esterni che entrano in azienda per svolgervi una attività lavorativa, anche dai rispettivi datori di lavoro;

c) I datori di lavoro, entro il 15 Ottobre, dovranno definire le modalità operative con cui saranno effettuati i controlli, preferibilmente al momento dell’accesso (ad esempio utilizzando l’App Verifica C19) individuando formalmente i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni. Le sanzioni accertate sono irrogate dal Prefetto, a cui i soggetti incaricati dell’accertamento dovranno trasmetter gli atti.

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Vista la dichiarazione dell’Organizzazione mondiale della sanita’ dell’11 marzo 2020, con la quale l’epidemia da COVID-19 e’ stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusivita’ e gravita’ raggiunti a livello globale;

Considerato che l’attuale contesto di rischio impone la prosecuzione delle iniziative di carattere straordinario e urgente intraprese al fine di fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettivita’;

Ritenuta la straordinaria necessita’ e urgenza, di estendere l’obbligo di certificazione verde COVID-19 nei luoghi di lavoro pubblici e privati, al fine di garantire la maggiore efficacia delle misure di contenimento del virus SARS-CoV-2, nonche’ di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, prevedendo altresi’ misure volte ad agevolare la somministrazione di test per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2 e ad adeguare le previsioni sul rilascio e la durata delle certificazioni verdi COVID-19;

Ritenuta altresi’ la straordinaria necessita’ e urgenza di adottare ulteriori misure di sostegno per il corretto svolgimento di attivita’ sportive, nonche’ di verificare l’andamento dell’epidemia da COVID-19 al fine di adeguare le misure per il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 nello svolgimento di attivita’ culturali, sportive, sociali e ricreative;

E-learning, insegnanti e genitori.

In questo articolo un riassunto di una ricerca del University of Melbourne: Imparare da casa significa mettere alla prova le capacità di ricerca online degli studenti. Ecco 3 modi per migliorarli.

Al culmine della pandemia di COVID-19, la chiusura delle scuole significava che oltre il 90% degli studenti del mondo doveva studiare virtualmente o da casa. Internet, già prezioso strumento educativo, è quindi diventato ancora più importante per gli studenti. Una delle attività Internet più comuni degli studenti, sia a scuola che a casa , è la ricerca online.

Ciò significa che gli insegnanti, e quei genitori che attualmente sostituiscono gli insegnanti, devono aiutare gli studenti a sviluppare abilità per la ricerca online. Quindi cosa possono fare i genitori per sostenere i propri figli quando i compiti inviati a casa da scuola richiedono loro di cercare informazioni online? E cosa possono fare per estendere tale lavoro agli studenti dotati o quando il lavoro inviato a casa si esaurisce?

Insegnanti e genitori possono influenzare le capacità di Internet di un bambino. In effetti, il successo della loro ricerca è legato alla quantità di guida degli adulti e di istruzioni esplicite che ricevono .

I seguenti tre suggerimenti possono aiutare.

Concentrati su “imparare a cercare” e “cercare per imparare”

Rendere più visibili i processi “invisibili” alla base delle ricerche migliora la ricerca di informazioni online sia degli insegnanti che degli studenti. In questo modo, gli educatori (siano essi temporanei o professionisti) dovrebbero progettare attività che mettano in primo piano il processo di ricerca stesso. Questo rende gli studenti più consapevoli di ciò che accade “dietro le quinte” di una ricerca e della loro capacità di influenzare questi processi.

Diventate utenti più critici del web

Gli insegnanti a volte impostano attività troppo ampie per gli studenti e che probabilmente restituiranno milioni di risultati di ricerca. Molti saranno probabilmente irrilevanti o imprecisi. Gli insegnanti possono anche impostare attività che incoraggiano gli studenti a utilizzare Google come una semplice enciclopedia , che richiede solo un apprendimento passivo di ordine inferiore.

Se invece vogliamo che gli studenti si impegnino in un pensiero di ordine superiore, è necessaria una maggiore strutturazione dei compiti di ricerca.

Gli educatori possono iniziare impostando requisiti specifici per i risultati con cui gli studenti lavorano. Forse chiedi loro di trovare un sito web dall’Australia (prova ad aggiungere “site:.au” alla fine delle query) e uno dall’Inghilterra – questo potrebbe essere particolarmente interessante nel periodo in cui vengono suonati gli Ashes. Forse agli studenti viene detto di trovare alcune fonti antecedenti all’anno 2000 e altre dei 12 mesi precedenti (seleziona “Strumenti” e poi “In qualsiasi momento” nel menu a discesa).

Sposta il tuo pensiero sulla ricerca

Gli atteggiamenti si sono dimostrati più importanti delle risorse disponibili o persino delle abilità degli insegnanti quando si tratta di aumentare l’apprendimento autentico degli studenti basato sulla tecnologia. Molti atteggiamenti limitanti nei confronti della ricerca devono essere invertiti per garantire che gli studenti ottengano il massimo da Google.

Possiamo iniziare a cambiare atteggiamento su cosa cercare e come utilizzando i suggerimenti sopra. Ma cosa succede se tuo figlio non vuole ascoltarti durante la ricerca? Questo è comunemente riportato .

Anche gli studenti non vedono sempre i loro insegnanti come buone fonti di informazioni durante la ricerca. Ed è vero, alcuni insegnanti e genitori hanno ancora molto da imparare sull’utilizzo di Google.


Tuttavia, lo studio del University of Melbourne, che ha testato il concetto di “divario digitale generazionale” tra gli studenti a casa, ha scoperto che i genitori-educatori (la vecchia generazione) erano ricercatori più forti dei loro figli, i cosiddetti “nativi digitali”. Forse gli studenti possono imparare di più sulla ricerca dai loro genitori.

È improbabile che la risposta costringa i tuoi figli a riconoscere i tuoi punti di forza e le loro debolezze. Invece, può aiutare cambiare l’atteggiamento dei giovani nei confronti della ricerca e incoraggiarli a rendersi conto che a volte è difficile e frustrante .

COVID e Telelavoro

Disciplinare il telelavoro nell’Europa post COVID-19

Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro

La pandemia di COVID-19 ha costretto molte imprese ad adottare il telelavoro.

Per il periodo successivo alla pandemia, allorché il telelavoro sembra destinato a rimanere una realtà diffusa, sono in fase d’esame misure per la protezione della salute e del benessere dei lavoratori.

La relazione passa in rassegna la regolamentazione del telelavoro a livello dell’UE e nazionale prima della COVID-19, analizzando le normative, le condizioni di assunzione e di lavoro, le questioni relative alla salute e alla sicurezza sul lavoro nonché l’equilibrio tra vita privata e professionale. Affronta altresì il ruolo della contrattazione collettiva e del dialogo sociale.

La relazione termina valutando le modifiche legislative e le iniziative in risposta alla pandemia, nell’intento di mettere a disposizione le informazioni necessarie per l’adozione di approcci efficaci alla regolamentazione del telelavoro nell’UE nell’era post COVID-19


Il telelavoro non è regolamentato a livello dell’UE attraverso meccanismi di diritto.

Nessuna direttiva specifica si concentra sul telelavoro, sebbene diverse direttive e regolamenti affrontino questioni importanti per garantire buone condizioni di lavoro per i telelavoratori.

Ad esempio, la direttiva sull’orario di lavoro dell’UE (Direttiva 2003/88) comprende disposizioni volte a tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori (massimo 48 ore lavorative settimanali, ecc.), compresi quelli che effettuano il telelavoro. Inoltre, la direttiva quadro sulla sicurezza e la salute sul lavoro (Direttiva del Consiglio 89/391/CEE), che mira a favorire il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro, non specifica il luogo di lavoro quando si tratta dell’applicazione delle sue disposizioni e, di conseguenza, si applica anche ai telelavoratori.

Più di recente, la direttiva sulle condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili (Direttiva (UE) 2019/1152) ha indirettamente affrontato alcune delle sfide associate alla protezione dei telelavoratori.

Questa direttiva richiede che siano prese disposizioni in relazione al luogo di lavoro e che i modelli di lavoro siano chiariti nel contratto di lavoro.

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DMS, digitalizzazione del lavoro

La digitalizzazione del lavoro: rischi psicosociali e disturbi muscoloscheletrici lavoro-correlati

disturbi muscoloscheletrici (DMS)

La digitalizzazione dell’economia ha modificato la natura del lavoro mediante il telelavoro, il lavoro su piattaforma digitale e il lavoro mobile basato sulle tecnologia dell’informazione e della comunicazione (TIC).

Quando è scoppiata la pandemia di COVID-19, molti europei hanno iniziato a lavorare da casa a seguito delle misure di distanziamento sociale adottate.

Questo articolo esamina l’effetto della digitalizzazione sulla forza lavoro europea e sui fattori di rischio psicosociali (ad esempio stress lavorativo, carico di lavoro e equilibrio tra vita professionale e vita privata) nonché fisici (ad esempio compiti ripetitivi, postura) in materia di disturbi muscoloscheletrici. Illustra poi come prevenire tali disturbi e promuovere la salute e il benessere sul luogo di lavoro.


La digitalizzazione dell’economia è un fenomeno complesso e proteiforme che copre un’ampia gamma di posti di lavoro e condizioni di lavoro a seguito della diffusione della robotizzazione in tutte le sue forme (materiale e virtuale), nuove forme di lavoro (es. lavoro a distanza e lavoro virtuale compreso il telelavoro), nuove forme di occupazione o ‘piattaformazione’ delle forme di lavoro ‘standard’ dei dipendenti/datori di lavoro (es. piattaforme digitali per ‘intermediare’ tra singoli fornitori (lavoratori piattaforma) e acquirenti di lavoro, o per assegnare compiti ai dipendenti e monitorarne le prestazioni) e nuovi modelli di business (es. l’economia della piattaforma) (Degryse, 2017; Bérastégui, 2021).

A seconda del ritmo di adozione dell’automazione, il 22 % delle attuali attività lavorative (equivalenti a 53 milioni di posti di lavoro) nell’UE potrebbe essere automatizzato entro il 2030, ipotizzando uno scenario intermedio.

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