RSPP: sentenza n. 16562 del 29 aprile 2022

Responsabilità del datore di lavoro-Rspp

SENTENZA sul ricorso proposto da: NERESINI MASSIMO COSTANTINO nato a VALDAGNO il 28/08/1956 avverso la sentenza del 18/06/2018 della CORTE APPELLO di VENEZIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere BRUNO GIORDANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIUSEPPINA CASELLA
che ha concluso chiedendo il rigetto.


1. La Corte di appello di Venezia in data 18/06/2018 confermava la sentenza di condanna alla pena di anni uno di reclusione, con la sospensione condizionale della pena e il beneficio della non menzione, emessa dal Tribunale di Vicenza in data 6/2/2013 nei confronti di Massimo Costantino Neresini per il delitto di omicidio colposo aggravato previsto dall’art. 589 cod. pen. per avere nella qualità di legale rappresentante della Sicit 2000 S.p.A., di direttore di stabilimento nonché di responsabile del servizio di prevenzione e protezione nella medesima società, per colpa generica e per colpa specifica dovuta alla violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni, cagionato la morte dell’operaio /v Amoo John, incaricato di effettuare la manutenzione e la pulizia di un macchinario mescolatore a pale, a causa dello schiacciamento del cranio nella coclea di tale impianto. Evento che si verificava in data 16/11/2006.

2. Avverso tale sentenza l’imputato ricorre con un primo motivo prospettando l’erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 40, comma 2, 43, comma 1 e 3 cod. pen. nonché artt. 2, comma 1, d.lgs 19 settembre 1994, n. 626 e 2, comma 2, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, contestando la qualifica di datore di lavoro attribuita all’imputato nelle sentenze, diversamente da quanto si può evincere dalla delibera del consiglio di amministrazione del 17/6/2003 che invece attribuisce allo stesso solo compiti di ordinaria amministrazione.

3. Con un secondo motivo di ricorso, si lamenta che la Corte d’appello travisando il primo motivo di gravame ha ritenuto di escludere la sussistenza di una delega di funzioni da parte dell’imputato a favore dell’ing. Carnara, motivo che sostanzialmente non sarebbe stato esaminato dalla Corte.

4. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta l’erronea applicazione della legge penale poiché la Corte di appello ha ritenuto la responsabilità dell’imputato anche per il ruolo causale del mancato aggiornamento del documento di valutazione dei rischi; obbligo che, in assenza della qualifica di datore di lavoro, non sarebbe spettato all’imputato.

5. Con il quarto motivo di ricorso si contesta la condanna dell’imputato per la carenza di formazione del lavoratore deceduto in quanto l’azienda aveva invece implementato un’attività formativa ed insegnato al lavoratore procedure di lavoro corrette che se fossero state osservate avrebbero impedito il verificarsi dell’evento e, in ogni caso, il dovere di formazione sarebbe spettato al dirigente per la sicurezza e non all’imputato.

6. Con un quinto motivo di ricorso si lamenta che il processo causale naturalistico dell’evento non è stato accertato al di là di ogni ragionevole dubbio in quanto non è stato accertato se l’evento mortale sia stato la conseguenza di una patologia cardiaca di cui era affetto il lavoratore anziché dell’infortunio.

7. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione laddove la Corte d’appello ha ritenuto le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante anziché prevalenti.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Si premetta che la normativa applicabile ratione temporis al caso verificatosi nel 2006, è dettata dal d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626 ma le norme riguardanti il fatto per cui si procede si pongono in continuità normativa con le parallele norme che sono subentrate con il d. Igs. 9 aprile 2008, n. 81; di talché i motivi di ricorso possono ben essere vagliati anche alla luce della giurisprudenza formatasi sull’attuale testo unico sulla sicurezza del lavoro.

2. A tal riguardo, in ordine al primo motivo di ricorso circa la qualifica di datore di lavoro, la Corte ha compiutamente individuato nell’imputato, quale soggetto rappresentante legale della Sicit 2000 S.p.A., la figura del datore di lavoro che ha anche avuto sostanzialmente l’esercizio dei poteri decisionali e di spesa. La delibera del 17/06/2003, a parere della difesa, attribuendo all’imputato solo compiti di ordinaria amministrazione, escluderebbe implicitamente quello di curare la sicurezza dei lavoratori. Ma ciò non costituisce un argomento meritevole di accoglimento. Atteso che l’atto di nomina del 17/06/2003 officia l’imputato della qualifica di amministratore delegato e di rappresentante legale della Sicit spa, tale da non dubitare che egli abbia maturato la qualifica di datore, si osservi che sia la sentenza di primo grado, sia la sentenza d’appello, conformemente ricostruiscono in modo esauriente la qualifica di datore di lavoro in capo all’imputato non solo quale amministratore delegato della Sicit 2000 S.p.A. – e ciò già sarebbe sufficiente ai sensi sia dell’art. 2 d.lgs. 19 settembre 1994, n. 626, sia della identica normativa prevista dall’art. 2, lett. b), d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 – ma anche quale direttore di stabilimento con ampia capacità gestoria dell’intera azienda. Con tali attribuzioni l’imputato ha auto l’esercizio di potestà funzionali organizzative, decisionali, gestionali e di spesa inclusa la realizzazione delle misure di sicurezza previste per legge. Di conseguenza, l’esercizio in concreto dei poteri organizzativi datoriali, nel caso concreto coniugati con la titolarità formale di vertice dell’impresa quale amministratore delegato e rappresentante legale, costituiscono pienamente in capo all’imputato la qualifica datoriale. La competenza per le spese di ordinaria amministrazione, comunque, non soltanto non costituisce una “capitis deminutio” della qualifica datoriale, ma certamente non esclude il potere di spesa in materia di sicurezza; ciò in quanto è obbligo ordinario, non straordinario, e prioritario occuparsi delle misure di prevenzione e protezione in materia di sicurezza. Si consideri che nel caso specifico le misure mancanti sul piano della sicurezza non richiedevano comunque alcuno straordinario impegno di spesa, ma rientravano nel normale esercizio dei doveri e poteri organizzativi, formativi, e di ordinaria vigilanza.

3. Inoltre, la considerazione che l’imputato alla qualifica datoriale – formale e sostanziale – abbia impropriamente cumulato quella di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, quindi anche di soggetto deputato alla elaborazione materiale della valutazione del rischio, contribuisce a costituire in capo al medesimo soggetto un coacervo di tutti gli obblighi che convergono in materia di valutazione del rischio, di posizione di garanzia, di adempimenti datoriali. Infatti, sebbene la qualità di datore di lavoro e quella di responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in relazione alle dimensioni dell’azienda, avrebbe dovuto risiedere in capo a soggetti diversi, aver unificato entrambe le funzioni, per scelta dello stesso datore di lavoro, contribuisce da un lato a recare confusione nell’ambito dei ruoli decisionali e consultivi nella gerarchia della organizzazione e gestione della sicurezza del lavoro, e dall’altro a concentrare in capo al medesimo soggetto tutti gli oneri esecutivi, elaborativi e decisionali in materia di valutazione, gestione, organizzazione del rischio e di esercizio dei poteri decisionali e di spesa che caratterizzano la figura del datore di lavoro.

Sul punto, proprio la valutazione della difesa esposta nel primo motivo di ricorso, circa l’alterità delle funzioni datoriali e di quelle del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, tipicamente consultive, depone a favore non di un’elisione ma di un duplice ruolo di garanzia svolto dall’imputato particolarmente e deliberatamente concentrato in materia di sicurezza del lavoro, sia sul più alto profilo decisionale e sia sul più importante piano consultivo. Il cumulo di due diversi ruoli – in un caso non previsto dalla normativa vigente all’epoca dei fatti – laddove tali ruoli secondo l’architettura normativa tipica avrebbero dovuto risiedere in capo a soggetti diversi, e invece sono stati confusi, depone per una colpevole opacità e disfunzione organizzativa. Si tratta di un duplice profilo causale colposo che nel caso concreto ha manifestato tutta la sua nocività e ha ingenerato da parte dei lavoratori un incolpevole e legittimo affidamento sul corretto svolgimento dei ruoli e sull’esercizio dei poteri inerenti alle diverse posizioni di garanzia.

Il ruolo consultivo e interlocutorio del r.s.p.p. deve essere funzionalmente distinto da qualsiasi ruolo decisionale, soprattutto da quello datoriale, perché altrimenti si incrociano posizioni e funzioni con compiti strutturalmente diversi, che devono cooperare su piani diversi, decisionale il primo, consultivo il secondo. La dialettica tra chi esercita i poteri organizzativi e chi ha un ruolo tecnico ed elaborativo costituisce la sintesi di base da cui prende le mosse ogni determinazione organizzativa, amministrativa, tecnica, produttiva, in materia di sicurezza. Di conseguenza la confusione dei ruoli di per sé è indice di un colposo difetto di organizzazione che ricade sul datore di lavoro, tutt’altro che esimente.

4. La considerazione che l’imputato sia stato definito in sede contrattuale un dirigente, vale per l’inquadramento mansionale sul piano retributivo e in relazione al proprio rapporto di lavoro con la società, ma non vale ad elidere la figura di datore di lavoro ai fini della sicurezza, che si costituisce sia in ragione di un mero rapporto contrattuale, comunque venga qualificato, sia in presenza dell’esercizio anche soltanto di fatto di poteri decisionali e di spesa, a prescindere dal titolo contrattuale che lo ha insediato in quel ruolo. Nel caso concreto emerge con chiarezza l’esercizio di tali poteri decisionali e di spesa che, sebbene formalmente limitati all’ordinaria amministrazione, comunque comprendevano ogni profilo gestorio e organizzativo sulla produzione, sul controllo degli impianti, sulle procedure lavorative, sulla formazione e informazione che in concreto hanno svolto un determinante ruolo causale dell’evento mortale per cui si procede. Pertanto, deve essere rigettato il primo motivo di ricorso.

5. In ordine al secondo motivo di ricorso, imperniato sulla asserita esistenza di una delega di funzioni a favore dell’ing. Carnara, la sentenza della Corte di appello, in linea con quella di primo grado, evidenzia che è mancata la prova dell’esistenza di un atto formale di trasferimento delle funzioni ad altro soggetto. In particolare, la motivazione espone con chiarezza che tale circostanza è stata allegata ma non provata dalla difesa e che peraltro dalle testimonianze dei dipendenti e del tecnico della prevenzione del servizio di prevenzione sui luoghi di lavoro non è emersa l’esistenza di alcuna delega.

Da tali elementi probatori unitamente ad altre deposizioni testimoniali è invece emerso che l’imputato, presente in fabbrica nel giorno dell’incidente, ha sempre operato direttamente sull’organizzazione del lavoro, sulla ripartizione di compiti, sulla attribuzione di mansioni anche alla vittima dell’incidente mortale per cui si procede, ed ha quindi svolto direttamente e concretamente le proprie funzioni datoriali esplicitate con l’esercizio di propri poteri organizzativi, decisionali e di spesa.

Ne consegue che in assenza di un atto di effettiva delega, in presenza dell’esercizio diretto dei poteri datoriali da parte dell’imputato, non v’è alcun rilevante atto di trasferimento di funzioni all’interno dell’azienda che può rilevare in senso esimente.

Pertanto, si rigetta il secondo motivo di ricorso. …..

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Obblighi formativi. circolare 1 2022 INL

Salute e sicurezza sul lavoro: obblighi formativi

L’INL con la circolare n. 1 del 16 febbraio 2022, fornisce le prime indicazioni in riferimento alle modifiche introdotte dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021, come convertito dalla L. n. 215/2021, che disciplina gli obblighi formativi in materia di salute e sicurezza del lavoro.

Oggetto: art. 37, D.Lgs. n. 81/2008 come modificato dal D.L. n. 146/2021 (conv. da L. n. 215/2021) – obblighi formativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

L’art. 13 del D.L. n. 146/2021, come convertito dalla L. n. 215/2021, ha introdotto importanti modifiche all’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 che disciplina gli obblighi formativi in materia di salute e sicurezza del lavoro.

Con la presente circolare si forniscono le prime indicazioni, condivise con l’Ufficio legislativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che si è espresso con nota prot. n. 1410 del 16 febbraio 2022, con specifico riferimento alle novità che, in materia di formazione, interessano datori di lavoro, dirigenti e preposti.

Con successiva nota saranno fornite indicazioni in relazione alle ulteriori novità introdotte dal D.L. n. 146/2021 non affrontate in questa sede.

Soggetti destinatari degli obblighi formativi: datore di lavoro

Una prima novità è contenuta nel nuovo comma 7 del citato art. 37, secondo il quale “il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”.

La disposizione individua anzitutto, quale nuovo soggetto destinatario degli obblighi formativi, il datore di lavoro il quale, unitamente ai dirigenti ed ai preposti, deve ricevere una “adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico” secondo quanto previsto da un accordo da adottarsi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Alla Conferenza è infatti demandato il compito di adottare, entro il 30 giugno 2022, “un accordo nel quale provvede all’accorpamento, alla rivisitazione e alla modifica degli accordi attuativi del presente decreto in materia di formazione, in modo da garantire:
a) l’individuazione della durata, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del datore di lavoro;
b) l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e delle modalità delle verifiche di efficacia della formazione durante lo svolgimento della prestazione lavorativa”.

Per quanto concerne il datore di lavoro, l’accordo demandato alla Conferenza costituisce dunque elemento indispensabile per l’individuazione del nuovo obbligo a suo carico. Sarà infatti l’accordo a determinare non soltanto la durata e le modalità della formazione ma anche i contenuti minimi della stessa, pertanto la verifica circa il corretto adempimento degli obblighi di legge potrà correttamente effettuarsi solo una volta che sia stato adottato il predetto accordo.

Segue: dirigenti e preposti

Per quanto concerne l’individuazione degli obblighi formativi a carico dei dirigenti e dei preposti va anzitutto ricordato che la precedente formulazione del comma 7 dell’art. 37 già prevedeva obblighi formativi a loro carico, stabilendo che “i dirigenti e i preposti ricevono a cura del datore di lavoro, un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.

I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione”.

In sostituzione di tale formulazione il legislatore oggi richiede, anche nei confronti dei dirigenti e dei preposti, una “un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”, rimettendone dunque la disciplina alla Conferenza.

Inoltre, con specifico riferimento alla figura del preposto, il nuovo comma 7-ter stabilisce che “per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi”.

A fronte di tale nuovo quadro normativo occorre dunque formulare alcune osservazioni.

La sostituzione del comma 7 dell’art. 37 che disciplinava gli obblighi formativi a carico di dirigenti e preposti con una formulazione che prevede una formazione “adeguata e specifica” secondo quanto previsto dall’accordo da adottarsi in Conferenza entro il 30 giugno 2022, non fa venire meno, nelle more della sua adozione, l’obbligo formativo a loro carico.

In assenza del nuovo accordo dirigenti e preposti dovranno pertanto essere formati secondo quanto già previsto dal vigente accordo n. 221 del 21 dicembre 2011 adottato dalla Conferenza permanente ai sensi del primo periodo del comma 2 dell’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008 e che non è stato interessato dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 146/2021.

Con specifico riferimento alla figura del preposto, tenuto conto di quanto già previsto dal comma 7-ter dell’art. 37 già citato, occorre inoltre specificare quanto segue.

I requisiti della adeguatezza e specificità della formazione del preposto, da garantire attraverso modalità interamente in presenza e periodicità almeno biennale, attengono evidentemente e complessivamente ai contenuti della formazione che sarà declinata entro il 30 giugno 2022 in sede di Conferenza, in quanto riferiti alla formazione di cui al nuovo comma 7 dell’art. 37 (e non più genericamente alla formazione dei lavoratori di cui al comma 2 dello stesso articolo) che a sua volta rinvia specificatamente al secondo periodo del comma 2 e cioè alle scelte che saranno effettuate in Conferenza.

Pertanto, anche tali requisiti andranno verificati in relazione alla nuova disciplina demandata alla Conferenza alla quale, così come del resto già avvenuto in occasione dell’accordo del 2011, occorrerà riferirsi in relazione alla introduzione di un periodo transitorio utile a conformarsi alle nuove regole (v. in particolare par. 10 dell’accordo n. 211 del 21 dicembre 2011 recante “Disposizioni transitorie”).

Obblighi formativi e prescrizione

Come già chiarito, gli obblighi formativi in capo al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti saranno declinati dal nuovo accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro il 30 giugno p.v.

Ne consegue che i nuovi obblighi in capo a tali soggetti, ivi comprese le modalità di adempimento richieste al preposto (formazione in presenza con cadenza almeno biennale), non potranno costituire elementi utili ai fini della adozione del provvedimento di prescrizione ai sensi del D.Lgs. n. 758/1994.

Obbligo di addestramento

Altra novità introdotta in sede di conversione del D.L. n. 146/2021 riguarda gli obblighi di addestramento.

Il comma 5 dell’art. 37 già prevedeva che l’addestramento deve avvenire “da persona esperta e sul luogo di lavoro”. Il legislatore, in tal caso, ha inteso specificare che “l’addestramento consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato”.

Trattasi dunque di contenuti obbligatori della attività di addestramento che trovano immediata applicazione, anche per quanto concerne il tracciamento degli addestramenti in un “apposito registro informatizzato” che riguarderà, evidentemente, le attività svolte successivamente all’entrata in vigore del provvedimento e cioè dal 21 dicembre 2021.

Ne consegue che la violazione degli obblighi di addestramento si realizza anche qualora venga accertata l’assenza della “prova pratica” e/o della “esercitazione applicata” richieste dalla nuova disciplina introdotta dal D.L. n. 146/2021. Non rileva ai fini sanzionatori invece il tracciamento dell’addestramento nel registro informatizzato, elemento comunque utile sotto il diverso profilo delle procedure accertative e rispetto al quale sarà possibile l’emanazione di una disposizione.

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