Monitoraggio sugli operatori sanitari

Monitoraggio sugli operatori sanitari risultati positivi a COVID-19

Monitoraggio sugli operatori sanitari risultati positivi a COVID-19 dall’inizio dell’epidemia fino al 30 aprile 2020: studio retrospettivo in sette regioni italiane.

INAIL Marzo 2021

INAIL – Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro e Ambientale:
Sergio Iavicoli, Giuliana Buresti, Diana Gagliardi, Marta Petyx, Bruna Maria
Rondinone, Emiliano Seri.
Istituto Superiore di Sanità: Fortunato “Paolo” D’Ancona, Flavia Riccardo, Patrizio Pezzotti

L’emergenza sanitaria correlata alla pandemia da SARS-CoV-2 oltre ad aver determinato
una perdita insanabile di vite umane, rappresenta una situazione di emergenza globale,
sociale e del lavoro.
L’Inail, nell’ambito delle diverse funzioni assicurativa, riabilitativa, prevenzionale
e di ricerca, ha messo in atto una serie di iniziative con l’obiettivo di garantire una
tutela globale della salute e della sicurezza dei lavoratori anche in questo momento
emergenziale.
Il presente documento affronta il tema del contagio tra gli operatori sanitari e fotografa
la prima fase dell’epidemia – dall’inizio fino a fine aprile 2020 – in cui la comparsa di un
agente virale e di una patologia del tutto nuovi e sconosciuti hanno determinato serie
difficoltà per il sistema sanitario in termini di diagnosi, tracciamento e trattamento dei
casi.
Il personale sanitario, fin dall’inizio, ha svolto un ruolo cruciale nella gestione
dell’epidemia, sia perché ha dovuto affrontare in prima linea la cura dei pazienti infetti
con il conseguente maggior rischio a cui è esposto, sia perché ha dovuto assicurare la
piena implementazione delle misure di prevenzione e controllo per il contenimento del
contagio.
Tali elementi hanno fatto sì che l’inizio dell’epidemia sia stato caratterizzato da un’elevata
diffusione di contagi tra gli operatori sanitari, con percentuali rispetto ai casi registrati
nella popolazione generale molto elevate e che solo dopo svariate settimane hanno
fatto registrare una riduzione, fino ad un assestamento della percentuale intorno al
3-4%.
Tale riduzione della curva dei contagi potrebbe essere dovuta, oltre che in generale
al miglioramento delle conoscenze in tale ambito e ad un’accresciuta consapevolezza,
anche ad un potenziamento delle politiche di testing e ad una più mirata attuazione
delle misure di prevenzione e protezione, anche sulla base delle evidenze scientifiche
che si sono andate consolidando.
A partire da gennaio 2021, si è aggiunto progressivamente l’effetto benefico derivante
dalla campagna vaccinale, che ha contribuito a ridurre ulteriormente l’incidenza tra
gli operatori sanitari, rafforzando quindi il ruolo della vaccinazione di massa quale via
d’uscita dalla pandemia.

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La protezione da SARS-CoV-2 per i lavoratori agricoli

Nell’attuale fase di emergenza sanitaria, il rischio biologico in agricoltura causato da esposizione al virus SARS-CoV-2 può derivare dal mancato rispetto della distanza minima interpersonale tra i lavoratori e tra i lavoratori e l’utenza.

Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di SARS-CoV-2

Rapporto ISS COVID-19 n. 63/2020

Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di SARS-CoV-2

covid19Pubblicato dall’Istituto superiore di sanità  il rapporto datato 30 dicembre 2020 Apertura delle scuole e andamento dei casi confermati di SARS-CoV-2: la situazione in Italia sull’impatto delle scuole nella diffusione dell’epidemia Covid nel periodo 24 agosto 27 dicembre 2020.
 
La riapertura della scuola avvenuta nel mese di settembre 2020 ha sollevato dal punto di vista epidemiologico numerose domande sul suo possibile ruolo nell’aumento del rischio di circolazione del virus nella comunità . Per controllare e mitigare questa possibilità , già  prima della riapertura, sono stati prodotti documenti tecnici contenenti le indicazioni per la riapertura in sicurezza della scuola e dei servizi educativi dell’infanzia, insieme a strategie nazionali di risposta a eventuali casi sospetti e confermati che possano avvenire in ambito scolastico . 
 
Una valutazione rigorosa dell’effetto della riapertura delle scuole sull’andamento dell’epidemia richiede una disponibilità  di dati molto accurati non solo sui casi individuali confermati di COVID-19 tra gli studenti, ma anche sui focolai associati e sui contatti stretti e no, di ogni singolo caso, nonché la disponibilità  di informazioni sul corretto uso di Dispositivi Individuali di Protezione (DPI) in ogni singolo caso e in ogni situazione. 
 
Le evidenze relative al ruolo dell’assistenza all’infanzia e delle strutture scolastiche nella trasmissione di COVID-19 tra bambini e adulti si basano sulla rilevazione di potenziali casi o cluster, seguita da un ampio tracciamento dei contatti e follow-up per determinare se eventuali contatti stretti sviluppano sintomi e risultano positivi per SARS-CoV-2 entro il periodo di incubazione di 14 giorni. 
 
Pur avendo osservato che la probabilità  di sviluppare sintomi dopo l’infezione aumenta con l’aumentare dell’età , e che la carica virale (e quindi il potenziale di trasmissione) non è statisticamente differente tra sintomatici e asintomatici, non è ancora perfettamente noto quanto i bambini, prevalentemente asintomatici, trasmettano SARS-CoV-2 rispetto agli adulti . Alcuni studi, ipotizzano che, specialmente i bambini al di sotto dei 10 anni, giochino un ruolo minore nella trasmissione dell’infezione. 
 
Lo European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) nel documento “COVID-19 in children and the role of school settings in COVID-19 transmission” 2,8 sostiene che, sebbene meno del 5% dei casi di COVID-19 segnalati nei Paesi UE/SEE (Unione Europea e Spazio Economico Europeo) e nel Regno Unito riguardi persone di età  inferiore ai 18 anni, il ruolo dei bambini nella trasmissione della SARS-CoV-2 rimane poco chiaro. 
 
Le evidenze disponibili fino ad oggi indicano che, nei Paesi in cui sono state implementate le chiusure scolastiche e il rigoroso distanziamento fisico, i bambini, in particolare nelle scuole dell’infanzia e primarie, hanno una maggiore probabilità  di contrarre il COVID-19 da altri membri infetti della famiglia piuttosto che da altri bambini in ambito scolastico. 
 
Il tracciamento dei contatti nelle scuole e altri dati osservazionali, provenienti da un certo numero di Paesi UE, suggeriscono che la riapertura delle scuole non sia associabile a un significativo aumento della trasmissione nella comunità , sebbene esistano evidenze contrastanti circa l’impatto della chiusura/riapertura della scuola sulla diffusione dell’infezione. 
 
Inoltre, una revisione, effettuata dall’ECDC, di alcuni studi sieroepidemiologici condotti al luglio 2020 su bambini e adolescenti e sulla popolazione generale, evidenzia che la sieroprevalenza è leggermente inferiore nei bambini e negli adolescenti che negli adulti (20-55 anni) nei Paesi membri dell’UE/SEE e in Svizzera (tranne che in Svezia, dove non si sono evidenziate differenze tra i minori di 19 anni e gli adulti in età  lavorativa). 
 
Un’indagine condotta nei 31 Paesi dell’UE/SEE mostra che in molti dei 15 Paesi rispondenti sono stati identificati cluster nelle strutture educative, ma limitati in numero e dimensioni. 
 
Diversi Paesi, in particolare, hanno affermato di non avere alcuna evidenza che le strutture scolastiche abbiano svolto un ruolo significativo nella trasmissione di COVID-19. Inoltre, i Paesi in cui le scuole erano state riaperte al momento dell’indagine non hanno riscontrato un aumento di casi in ambito scolastico.
 
L’obiettivo di questo documento è fornire una valutazione dell’andamento delle diagnosi di COVID-19, raccolte attraverso la sorveglianza nazionale integrata COVID-19, in Italia, nel periodo fine agosto – fine dicembre, al fine di fornire ulteriori elementi di riflessione per le istituzioni coinvolte.