LA SANIFICAZIONE NEL POST PANDEMIA

LA STANDARDIZZAZIONE DEI PROCESSI. LA SANIFICAZIONE NEL POST PANDEMIA. Sensibilizzare le aziende ai processi di pulizia e sanificazione come prassi standard di prevenzione dagli infortuni e dalle malattie sul lavoro. INAIL 2023

Pubblicazione realizzata da Inail Consulenza Statistico Attuariale (Csa) Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) Consulenza tecnica per la salute e la sicurezza (Ctss).

SCOPO

Questo lavoro nasce in seno all’accordo tra INAIL e CONFIMI INDUSTRIA che mira alla realizzazione di iniziative informative e formative, finalizzate alla promozione dei valori della cultura della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro su specifiche tematiche che accrescano le conoscenze e le competenze dei professionisti, delle imprese e dei lavoratori che operano all’interno delle diverse realtà produttive.

Le tendenze di crescita della popolazione mondiale che si concentra sempre più nelle aree urbane, portano a una inevitabile e continua condivisione degli spazi di vita e di lavoro che, se non adeguatamente e continuamente mantenuti “sani”, possono rappresentare uno dei vettori ideali per la diffusione di patologie.

D’altro canto, la recente pandemia da SARS CoV-2 ha prodotto un cambio di atteggiamento nei confronti della sanificazione che ha generato l’esigenza, comune a molte realtà produttive, di assumere una nuova mansione: quella dell’addetto alle pulizie.

Obiettivo di questo documento è quindi duplice.

Da una parte riconoscere la Sanificazione quale elemento di primaria importanza non solo in relazione all’emergenza pandemica da SARS CoV-2 ma come “prassi standard” di prevenzione della diffusione delle malattie infettive sul lavoro. Un argomento che offre spunti di approfondimento, anche per i prossimi anni, in relazione all’igiene dei luoghi di lavoro nonché alla salute e sicurezza sia dei lavoratori in generale sia degli operatori impegnati nelle pulizie e sanificazioni aziendali.

Dall’altra parte la presente pubblicazione, che non ha carattere di obbligatorietà, vuole rappresentare un documento guida sulle attività di sanificazione e si rivolge sia ai datori di lavoro che intendono effettuare le attività di sanificazione internamente sia alle imprese di pulizia a cui viene esternalizzato il servizio.


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Confindustria, Nota di Aggiornamento 31 marzo 2022

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Lavoro agile e le condizioni di lavoro

L’esperienza di lavoro agile, gli impatti sul benessere e le condizioni di lavoro: i risultati del caso studio longitudinale condotto in Inail

Pubblicazione realizzata da Inail Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale

In questo contributo vengono riportati i principali risultati di un caso studio longitudinale condotto dal Dipartimento di Medicina, Epidemiologia e Igiene del Lavoro ed Ambientale (Dimeila) all’interno del “Progetto pilota per la sperimentazione del lavoro agile in Inail”, promosso a partire dal 2019 dalla Direzione Centrale Risorse Umane (Dcru).

L’obiettivo dello studio è stato monitorare e verificare l’impatto nel tempo dell’esperienza di lavoro agile sul benessere del personale coinvolto, quale contributo al miglioramento delle condizioni di lavoro.

A tale scopo sono stati coinvolti 319 dipendenti che hanno preso parte al progetto pilota lavoro agile in Inail, a cui è stata inviata, a dicembre 2018, una lettera di presentazione dell’indagine con l’invito alla compilazione di un questionario on-line sviluppato ad hoc.

Il disegno di ricerca longitudinale ha previsto la somministrazione del questionario in più tempi sui medesimi lavoratori: una prima rilevazione effettuata al “tempo 0”, immediatamente prima dell’avvio della sperimentazione (dicembre 2018), una seconda rilevazione al “tempo 1”, ovvero dopo un anno dall’impiego nella modalità di lavoro agile per 1 giorno alla settimana (dicembre 2019), una terza somministrazione al “tempo 2”, nel corso dell’utilizzo del lavoro agile per le emergenze quale misura di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 (luglio 2020).

L’ampia partecipazione dei dipendenti (tasso di risposta nei 3 tempi superiore al 60%) ha permesso di esplorare eventuali cambiamenti sul benessere del personale e sulla qualità delle condizioni di lavoro nelle diverse modalità di svolgimento dell’attività lavorativa (lavoro standard, lavoro agile per un giorno alla settimana e lavoro agile per le emergenze).

Viene presentata una sintesi dei risultati di maggiore interesse, rimandando al resto del documento per una lettura più approfondita dei risultati e confronti.

I risultati dello studio offrono spunti di riflessione in questo momento di grande cambiamento al fine di cogliere le opportunità ed identificare eventuali limiti dell’applicazione del lavoro agile in strutture simili, nell’ottica della tutela della salute e del benessere dei lavoratori.

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La situazione pandemica da COVID-19 è presente nel mondo, da ormai oltre un anno.

La vaccinazione anti-COVID-19 sarà la soluzione alla pandemia

Covid Piano strategico

Covid Piano strategico

Accordo, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sul documento «Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu 2021-2023)». (Rep. Atti n. 11/CSR del 25 gennaio 2021).

Sia i virus di tipo A che, in minor misura, quelli di tipo B, riproducendosi tendono a mutare e ogni anno accumulano piccole mutazioni (cosiddetti drift), che rendono conto della ricorrenza delle epidemie stagionali (nella stagione fredda, l’influenza ritorna e trova una popolazione suscettibile più o meno ampia) e della necessità di aggiornare il vaccino in base al ceppo mutato.

Quando un virus influenzale di tipo A va incontro a una mutazione maggiore (cosiddetto shift), allora, trattandosi di un virus totalmente nuovo, trova una popolazione umana del tutto suscettibile e quindi è in grado di provocare una pandemia di rilevanti dimensioni. È quanto è accaduto con la pandemia spagnola (dovuta a un virus di tipo A, sottotipo H1N1) nel 1918, con l’asiatica (sottotipo H2N2) nel 1957, e con la Hong Kong (sottotipo H3N2) nel 1968.

Nel 2009, poi, un virus A di sottotipo H1N1 ma di origine suina è passato all’uomo, cominciandosi a diffondere in maniera efficiente, e causando una pandemia non particolarmente grave. In genere, i virus influenzali pandemici originano a seguito di un passaggio di specie dall’animale all’uomo, o direttamente dai volatili o tramite i suini, che hanno recettori sia per i virus aviari che umani.

A seguito della diffusione iniziata sul finire del 2003 di un virus aviario di tipo A sottotipo H5N1 (un ceppo virale che ha causato alcune centinaia di casi umani sporadici senza però riuscire a trasmettersi efficientemente da persona a persona), nel 2005 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato agli Stati Membri di mettere a punto e aggiornare costantemente un Piano Pandemico per i virus influenzali.

Nasce così il Piano Pandemico italiano del 2006 (Accordo Conferenza permanente Stato Regioni e Province Autonome Rep.n.2479 del 9 Febbraio 2006), che va sostanzialmente a sostituire il “Piano italiano multifase d’emergenza per una pandemia influenzale” del 2002 (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 72 del 26 marzo 2002).

Il concreto rischio di comparsa di nuovi ceppi pandemici di virus influenzali ha indotto l’OMS a stimolare i Paesi membri a preparare piani di risposta a possibili pandemie influenzali dalla fine degli anni Novanta. Il nostro Paese ha prodotto un piano pandemico anti influenza nel 2002 e uno successivo nel 2006.

Nel corso del 2020, è accaduto un evento molto raro. Se è vero, infatti, che le pandemie influenzali prima o poi si verificano anche se in termini temporali del tutto imprevedibili, sul finire del 2019 è emerso in Cina un virus diverso da quello influenzale, un nuovo coronavirus.

Sebbene altri coronavirus, di origine animale, SARS-CoV e MERS-CoV avessero causato epidemie umane, per la prima volta un coronavirus è stato in grado di determinare un evento pandemico protratto con milioni di casi e di decessi.

Il virus SARS-CoV, causa della malattia SARS (Sindrome Respiratoria Acuta Grave – Severe Acute Respiratory Syndrome), aveva già fatto la sua comparsa nel 2002-2003 in Cina, causando focolai epidemici in Paesi dell’Estremo Oriente e a Toronto, ma era stato contenuto ed eradicato grazie a pronte misure quarantenarie.

Rispetto al virus SARS-CoV, il contenimento dell’attuale SARS-CoV-2, il virus che causa COVID-19, si è dimostrato di difficile attuazione per due motivi diversi: 1) i casi di SARS erano in gran parte gravi e quindi facilmente identificabili, mentre SARS-CoV-2 è più frequente causa di casi asintomatici o paucisintomatici; 2) il picco di contagiosità della SARS avveniva circa una settimana dopo la comparsa dei sintomi (quindi si faceva in tempo a isolare i pazienti prima che diventassero contagiosi), mentre per SARS-CoV-2 coincide con la comparsa dei sintomi o addirittura li anticipa.

Inoltre, SARS-CoV-2 è un virus completamente diverso da quello dell’influenza, anche se il suo comportamento in termini di dinamica epidemica, potenzialità pandemiche, e conseguenze cliniche nei casi gravi ricorda quello delle influenze pandemiche, condividendo il tropismo per l’apparato respiratorio, anche se con una tendenza ad un maggior interessamento delle basse vie respiratorie (sul piano clinico, poi, il coronavirus ha delle specificità che non affrontiamo in questa sede).

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