Decreto del Ministero dell’Interno del 9 maggio 2007

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 117 del 22 maggio scorso, il decreto del Ministero dell’Interno del 9 maggio 2007 recante “Direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio“.

Il decreto definisce gli aspetti procedurali e i criteri da adottare per valutare il livello di rischio e progettare le conseguenti misure compensative, utilizzando, in alternativa a quanto previsto dal decreto del Ministro dell’Interno 4 maggio 1998, l’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio.
In presenza di insediamenti di tipo complesso o a tecnologia avanzata – si legge all’art. 2 -, di edifici di particolare rilevanza architettonica e costruttiva, compresi quelli pregevoli per arte o storia o ubicati in ambiti urbanistici di particolare specificità, la metodologia descritta nel decreto può essere applicata:
a) per l’individuazione dei provvedimenti da adottare ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi nel caso di attività non regolate da specifiche disposizioni antincendio;
b) per l’individuazione delle misure di sicurezza idonee a compensare il rischio aggiuntivo nell’ambito del procedimento di deroga di cui all’art. 6 del DPR 12 gennaio 1998, n. 37.

Art. 3. La documentazione tecnica prevista dal nuovo decreto andrà ad integrare quella prescritta dal decreto del 4 maggio 1998. Per tenere conto del maggiore impegno professionale richiesto per la valutazione delle scelte progettuali nonchè della rilevante complessità correlata all’esame dei progetti redatti secondo l’approccio ingegneristico, l’art. 3 prevede, al fine di determinare l’importo del corrispettivo dovuto, che la durata del servizio è ottenuta raddoppiando il numero di ore stabilito nell’allegato VI al decreto 4 maggio 1998.

Art. 4. La documentazione tecnica prevista dall’allegato I al DM 4 maggio 1998 deve essere integrata da una valutazione sul rischio aggiuntivo conseguente alla mancata osservanza delle disposizioni cui si intende derogare e dalle misure tecniche che si ritengono idonee a compensare il rischio aggiuntivo, determinate utilizzando le metodologie dell’approccio ingegneristico, compreso il documento contenente il programma per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio.

In questo caso, la durata del servizio, al fine di determinare l’importo del corrispettivo dovuto, è calcolata sulla base di quella prevista per il parere di conformità del progetto, maggiorata del cinquanta per cento.

Art. 6. La progettazione antincendio eseguita mediante l’approccio ingegneristico richiede l’elaborazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA) tenuto conto che le scelte e le ipotesi poste a base del progetto costituiscono vincoli e limitazioni imprescindibili per l’esercizio dell’attività. La verifica del SGSA rientra tra i servizi a pagamento; l’importo da corrispondere per la verifica del SGSA è uguale a quello dovuto per il sopralluogo e va sommato a quello previsto per il sopralluogo finalizzato al rilascio del certificato di prevenzione incendi.

L’allegato illustra il processo di valutazione e progettazione nell’ambito dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio.

Il decreto entrerà in vigore 90 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Decreto Legislativo 8 luglio 2003, n. 235

Decreto Legislativo 8 luglio 2003, n. 235

“Attuazione della direttiva 2001/45/CE relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori”

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 198 del 27 agosto 2003


IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 1° marzo 2002, n. 39, ed in particolare l'articolo 1, commi 1, 3 e 5;

Vista la direttiva 2001/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, che modifica la direttiva 89/655/CE del Consiglio relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro; Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni; Viste le preliminari deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 12 marzo e del 23 maggio 2003;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 luglio 2003; Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, della salute, delle attivita' produttive e per gli affari regionali; E m a n a
il seguente decreto legislativo: Art. 1. 1. All'articolo 89, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, di seguito denominato «decreto legislativo», sono apportate le seguenti modifiche:
a) alla lettera a) dopo le parole: «36, comma 8-ter,», sono inserite le seguenti: «36-bis, commi 5, 6; 36-ter; 36-quater, commi 5 e 6; 36-quinquies, comma 2,»;
b) dopo la lettera b) e' aggiunta la seguente:
«b-bis) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da euro 258 a euro 1.032 per la violazione degli articoli 36-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, 36-ter, 36-quater, commi 1, 3 e 4, 36-quinquies, comma 1.». 2. All'articolo 1, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonche' dalle disposizioni del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.». Art. 2. 1. Al titolo del decreto legislativo dopo le parole: «99/38/CE» sono aggiunte le seguenti: «2001/45/CE».

Art. 3.

1. Il presente decreto determina i requisiti minimi di sicurezza e salute per l'uso delle attrezzature di lavoro per l'esecuzione di lavori temporanei in quota. Art. 4. 1. All'articolo 34, comma 1, del decreto legislativo, dopo la lettera c) viene aggiunta la seguente:
«c-bis) lavoro in quota: attivita' lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile». Art. 5. 1. Dopo l'articolo 36 del decreto legislativo, sono aggiunti i seguenti:
«Art. 36-bis (Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in quota). – 1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro piu' idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformita' ai seguenti criteri:
a) priorita' alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi.
2. Il datore di lavoro sceglie il tipo piu' idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego. Il sistema di accesso adottato deve consentire l'evacuazione in caso di pericolo imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve comportare rischi ulteriori di caduta.
3. Il datore di lavoro dispone affinche' sia utilizzata una scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di altre attrezzature di lavoro considerate piu' sicure non e' giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare.
4. Il datore di lavoro dispone affinche' siano impiegati sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e' direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro puo' essere effettuato in condizioni di sicurezza e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro considerata piu' sicura non e' giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede l'impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione dell'esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico.
5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di dispositivi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto possibile, eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di protezione collettiva contro le cadute possono presentare interruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o a gradini.
6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza equivalenti ed efficaci. Il lavoro e' eseguito previa adozione di tali misure. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati.
7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori. Art. 36-ter (Obblighi del datore di lavoro relativi all'impiego delle scale a pioli). – 1. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano sistemate in modo da garantire la loro stabilita' durante l'impiego e secondo i seguenti criteri:
a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un supporto stabile, resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da garantire la posizione orizzontale dei pioli;
b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in modo sicuro e, ad eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare spostamenti e qualsiasi movimento di oscillazione;
c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili, durante il loro uso, deve essere impedito con fissaggio della parte superiore o inferiore dei montanti, o con qualsiasi dispositivo antiscivolo, o ricorrendo a qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
d) le scale a pioli usate per l'accesso devono essere tali da sporgere a sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri dispositivi garantiscono una presa sicura;
e) le scale a pioli composte da piu' elementi innestabili o a sfilo devono essere utilizzate in modo da assicurare il fermo reciproco dei vari elementi;
f) le scale a pioli mobili devono essere fissate stabilmente prima di accedervi.
2. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano utilizzate in modo da consentire ai lavoratori di disporre in qualsiasi momento di un appoggio e di una presa sicuri. In particolare il trasporto a mano di pesi su una scala a pioli non deve precludere una presa sicura. Art. 36-quater (Obblighi del datore di lavoro relativi all'impiego dei ponteggi). – 1. Il datore di lavoro procede alla redazione di un calcolo di resistenza e di stabilita' e delle corrispondenti configurazioni di impiego, se nella relazione di calcolo del ponteggio scelto non sono disponibili specifiche configurazioni strutturali con i relativi schemi di impiego.
2. Il datore di lavoro e' esonerato dall'obbligo di cui al comma 1, se provvede all'assemblaggio del ponteggio in conformita' ai capi IV, V e VI del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164.
3. Il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio, in funzione della complessita' del ponteggio scelto. Tale piano puo' assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed e' messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.
4. Il datore di lavoro assicura che:
a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio e' impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacita' portante sufficiente;
c) il ponteggio e' stabile;
d) dispositivi appropriati impediscono lo spostamento involontario dei ponteggi su ruote durante l'esecuzione dei lavori in quota;
e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e una circolazione sicure;
f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi e' tale da impedire lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonche' la presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le cadute.
5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di pericolo generico ai sensi del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, e delimitandole con elementi materiali che impediscono l'accesso alla zona di pericolo.
6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o trasformati sotto la sorveglianza di un preposto e ad opera di lavoratori che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.
7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:
a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio;
b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;
c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di oggetti;
d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
e) le condizioni di carico ammissibile;
f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.
8. In sede di Conferenza Stato-Regioni e province autonome sono individuati i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' dei corsi.
9. I lavoratori che alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno svolto per almeno due anni attivita' di montaggio smontaggio o trasformazione di ponteggi sono tenuti a partecipare ai corsi di formazione di cui al comma 8 entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.
10. I preposti che alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno svolto per almeno tre anni operazioni di montaggio, smontaggio o trasformazione di ponteggi sono tenuti a partecipare ai corsi di formazione di cui al comma 8 entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto. Art. 36-quinquies (Obblighi dei datori di lavoro concernenti l'impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi). – 1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi in conformita' ai seguenti requisiti:
a) sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente, una per l'accesso, la discesa e il sostegno (fune di lavoro) e l'altra con funzione di dispositivo ausiliario (fune di sicurezza). E' ammesso l'uso di una fune in circostanze eccezionali in cui l'uso di una seconda fune rende il lavoro piu' pericoloso e se sono adottate misure adeguate per garantire la sicurezza;
b) lavoratori dotati di un'adeguata imbracatura di sostegno collegata alla fune di sicurezza;
c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa e dotata di un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel caso in cui l'utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti. La fune di sicurezza deve essere munita di un dispositivo mobile contro le cadute che segue gli spostamenti del lavoratore;
d) attrezzi ed altri accessori utilizzati dai lavoratori, agganciati alla loro imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro strumento idoneo;
e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al fine di poter immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di necessita'. Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza, le tipologie operative, i dispositivi di protezione individuale, le tecniche e le procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento degli operatori, i metodi di accesso, le squadre di lavoro e gli attrezzi di lavoro;
f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi di lavoro ai fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza competente per territorio di compatibilita' ai criteri di cui all'articolo 36-bis, commi 1 e 2.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di procedure di salvataggio.
3. La formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico e deve riguardare:
a) l'apprendimento delle tecniche operative e dell'uso dei dispositivi necessari;
b) l'addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su manufatti;
c) l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione;
d) gli elementi di primo soccorso;
e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;
f) le procedure di salvataggio.
4. In sede di Conferenza Stato-Regioni e province autonome saranno individuati i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' dei corsi.
5. I lavoratori che alla data di entrata in vigore del presente decreto hanno svolto per almeno 2 anni attivita' con impiego di sistemi di accesso e posizionamento mediante funi devono partecipare ai corsi di formazione di cui al comma 4 entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.». Art. 6. 1. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione le norme del presente decreto afferenti a materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva 2001/45 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, si applicano sino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dal presente decreto. Art. 7.

1. Le disposizioni del presente decreto entrano in vigore il 19 luglio 2005.

Agenti chimici pericolosi

Definizioni del D.Lgs. 25/2002 (art. 72 ter)

A) Agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici:

– da soli o nei miscugli. 
– allo stato naturale oppure ottenuti (utilizzati o smaltiti) da una attività lavorativa. 
– prodotti intenzionalmente o no, immessi o no sul mercato.
 
 B) Agenti chimici pericolosi:

classificati come sostanze pericolose ai sensi del D.Lgs. 3 febbraio 1997; sono escluse le sostanze pericolose per l'ambiente. 
classificati come preparati pericolosi ai sensi del D.Lgs. 16 luglio 1998, n.285; sono esclusi i preparati pericolosi per l'ambiente.
quelli che – pur non essendo classificati come pericolosi – possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori (proprietà chimico-fisiche e tossicologiche, uso, presenza).  

Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi.
  •   Progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro; 
  • fornitura di attrezzature di lavoro idonee;   
  •  riduzione al minimo del numero di lavoratori esposti;
  •  riduzione al minimo della durata e intensità dell'esposizione;
  •  misure igieniche adeguate; 
  • riduzione al minimo della quantità di agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di lavoro;
  • metodi di lavoro appropriati, comprese le idonee disposizioni attuative.

Prevenzione dei rischi da esposizione ad agenti chimici

Il nuovo Titolo VIIbis del D.Lgs.626/94
“Prevenzione dei rischi da esposizione ad agenti chimici”:

le principali innovazioni introdotte dal D.Lgl. 25/2002
 

Tramite il D.Lgs.25/2002 il legislatore italiano ha recepito la Direttiva 98/24/Ec relativa alla protezione dei lavoratori dalla esposizione ad agenti chimici. Importanti innovazioni sono state introdotte tramite questa ulteriore modifica del D.Lgs.626/94, mentre è ancora in discussione tra le parti sociali e attende una definizione mediante Decreto ministeriale la definizione di “rischio moderato”.

1. L’articolo 2 inserisce nel D.Lgs.626/94 dopo  il titolo VII (agenti cancerogeni) un nuovo titolo VII bis denominato “protezione da Agenti chimici”. Sono esplicitamente esclusi dal campo di applicazione gli agenti cancerogeni e mutageni (già regolati dal titolo VII del 626 e modificato dal D.Lgs.66/2000) per quanto riguarda la valutazione del rischio, l’adozione di misure prevenzionali, la sorveglianza sanitaria, l’aggiornamento delle liste e degli allegati, mentre si applica  per eventuali pericoli di incendio ed esplosione, emergenze e incendi, informazione,  l’obbligo di informazione all’organo di vigilanza di eventi che superino i valori limite

2. viene introdotto il concetto di valore limite di esposizione professionale e biologica che viene definito 

3. viene introdotto un obbligo specifico di valutazione del rischio per quanto riguarda gli agenti chimici pericolosi, tale valutazione dovrà tenere conto delle proprietà e dei rischi per la salute e la sicurezza nonché delle condizioni operative di utilizzo delle sostanze e dei preparati, e del livello, questo implica la necessità di misurazione della sostanza nell’ambiente, misure che devono essere effettuate periodicamente e secondo standard di qualità definiti  (nuovo art.72 sexies comma 2 del 626). Le misure dovranno inoltre precedere e seguire le innovazioni tecnologiche e le bonifiche.

4. L’articolo 5 del decreto abroga:- l’intero Capo II (Piombo) e gli allegati II,III,IV (riferiti al Piombo) e VIII (modalità di campionatura degli agenti chimici) del D.Lgs.277/91. L’esposizione a Piombo negli ambienti di lavoro è quindi normata attualmente dal solo titolo VII bis del D.Lgs626/94, tramite i nuovi allegati VIIIter e VIII quater  – l’intero D.Lgs.77/92 che recepiva la Direttiva 88/364/Cee in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi da esposizione ad agenti chimici fisici biologici durante i lavoro- le voci da 1 a 44 e la voce 47 della tabella allegata al Dpr 303/56 che fissa gli obblighi e la tempistica relativa alle visite preventive e periodiche.

5. La individuazione di un rischio moderato che permette di derogare dai provvedimenti relativi ai controlli sanitari, alle ulteriori  misure di prevenzione e alle misure  di emergenza. La definizione di rischio moderato che è attualmente oggetto di discussione tra le parti sociali ed in attesa di una definizione istituzionale tramite Decreto ministeriale non potrà non tenere conto del significato che ne dà esplicitamente il testo della direttiva: la modesta natura del rischio deriva dalla  quantità della sostanza presente negli ambienti di lavoro.

6. Il nuovo art.72 decies del 262 modifica radicalmente il concetto e le modalità relative alla sorveglianza sanitaria  dei lavoratori esposti:- in quanto abolisce la lista delle sostanze prevista dalla tabella del Dpr.303/56 e prescrive un obbligo generale di sorveglianza sanitaria per le sostanze classificate come molto  tossiche, tossiche, nocive sensibilizzanti e irritanti tossiche per la riproduzione  tranne che nei casi di rischio moderato.- parla di una visita preventiva e ne istituisce una di dimissione per quanto riguarda la periodicità parla di una visita di “norma una volta l’anno”, è responsabilità del medico competente motivarne l’adeguatezza nel documento di valutazione dei rischi- istituisce l’obbligo del monitoraggio biologico con l’imperativo del basso rischio per il lavoratore.

Valutazione esposizione alle vibrazioni

Rischi da vibrazioni meccaniche

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 220 del 21 settembre 2005 è stato pubblicato il decreto legislativo 19 agosto 2005 n. 187 di “attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all`esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da vibrazioni meccaniche.” 
Vengono distinte le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio da quelle trasmesse al corpo intero, prevedendo i relativi valori limite di esposizione e di azione su un periodo di riferimento giornaliero di otto ore: 

mano/braccio – il valore limite è di 5 m/s2; il valore di azione è di 2,5 m/s2; 

corpo intero – il valore limite è di 1,15 m/s2; il valore di azione è di 0,5 m/s2.
 
I lavoratori esposti a vibrazioni superiori ai valori di azione sono sottoposti a sorveglianza sanitaria, secondo le previsioni dell’art. 16 del D.Lgs.n.626/94 (medico competente e visite di accertamento periodiche) e, nel caso tale sorveglianza riveli anomalie imputabili alle vibrazioni, il

datore di lavoro dovrà effettuare la revisione della valutazione dei rischi e delle misure conseguenti adottate, attuare misure ulteriori su indicazione del medico competente e predisporre visite mediche straordinarie. 

Appalto integrato, i vincoli solo per le gare sotto la soglia

Il Dlgs113/2007 ha introdotto delle limitazioni all'affidamento congiunto di progettazione e lavori, ma solo per le gare sotto la soglia Ue dei 5, 2 milioni e solo per quelle che richiedono il progetto definitivo in sede di gara. Ma fino al regolamento si applicano le vecchie regole     Il secondo decreto correttivo interviene sensibilmente sull'appalto integrato apportando delle modifiche, ma resta ancora congelato e rimarrà tale fino all'entrata in vigore del regolamento attuativo del Codice, la cui approvazione è prevista per l'autunno (ma con un'entrata in vigore differita di sei mesi).
Solo il regolamento attuativo definirà quali siano i lavori per i quali potrà essere legittimo l'utilizzo di tale strumento.
Per quanto riguarda le gare sotto soglia il Dlgs 113/2007 introduce un nuovo periodo all'articolo 122, comma 1, disponendo che :” le stazioni appaltanti possono ricorrere ai contratti di cui all'articolo 53, comma 2, lettere b) e c), qualora riguardino lavori di speciale complessità o in caso di progetti integrali, come definiti rispettivamente dal regolamento di cui all’articolo 5, ovvero riguardino lavori di manutenzione, restauro e scavi archeologici”.
Le norme sull’appalto integrato riguardano esclusivamente la normativa relativa agli appalti di lavoro e, di conseguenza, gli articoli 53 e 122, comma 1, si applicano a quegli appalti misti nei confronti dei quali, le stazioni appaltanti avranno valutato quale prestazione prevalente, quella relativa ai lavori e accessoria quella relativa alla progettazione. 
 

Valutazione del rischio rumore negli ambienti di lavoro

Valutazione del rischio rumore negli ambienti di lavoro

 

D. Lgs. 626 Titolo V bis
“requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l'udito”

Il D.L.gs. 10 aprile 2006, n. 195 entrato in vigore il 14 giugno 2006, ha introdotto il nuovo Titolo V-bis nel D.Lgs. 626/94, dando completa attuazione della direttiva 2003/10/CE relativa all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore).

IL LIMITE DI ESPOSIZIONE E' ORA DI SOLI 87 db(A)
 (in termini di potenza sonora, è pari alla metà della precedente soglia di 90 db(a) del D.Lgs. 277)

Il decreto Legislativo 195/2006 riporta al capo due che il datore di lavoro deve valutare il rumore prendendo in considerazione : il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, i valori limite di esposizione e i valori di azione, tutti gli effetti sulla salute, le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai costruttori, l'individuazione di attrezzatura alternativa, la disponibilità di dispositivi di protezione dell'udito ed altro. Se a seguito della predetta valutazione il datore di lavoro constata che vengono superati i Valori inferiori di azione deve procedere alla misurazione dei livelli del rumore con apparecchiature idonee.