PROCEDURA DI INFRAZIONE UE

La Commissione delle comunità europee, con una nota del 30 gennaio 2008 ha, ufficialmente, aperto la procedura d’infrazione relativa al Codice degli appalti che tocca – con 15 rilievi principali – una pluralità di disposizioni legislative assunte con il Codice degli appalti pubblici di cui al D.Lgs. n. 163/2006, in recepimento delle Direttive 17 e 18.
In particolare le censure riguardano:

  • gli appalti aggiudicati a scopo di rivendita o locazione a terzi;
  • i soggetti ai quali possono essere affidati i contratti pubblici;
  • la partecipazione dei raggruppamenti temporanei di imprese e dei consorzi;
  • la verifica della capacità dei candidati;
  • l’iscrizione di fornitori o prestatori di servizi in elenchi ufficiali;
  • la possibilità di avvalersi della capacità di terzi;
  • il dialogo competitivo;
  • l’informazione dei candidati/offerenti;
  • i criteri utilizzati per l’aggiudicazione dell’appalto;
  • l’attribuzione diretta di appalti pubblici in caso di fallimento o di risoluzione del contratto;
  • le disposizioni in materia di promotore;
  • la realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire;
  • la società pubblica di progetto;
  • le concessioni relative alle infrastrutture strategiche;
  • le regole applicabili alle infrastrutture strategiche nel settore dell’energia;

La commissione ha anche rilevato una grande quantità di omissioni o riferimenti incrociati erronei ed alcune disposizioni non trasposte precisando che sulla base delle considerazioni esposte, considera che le disposizioni indicate e inserite all’interno del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 costituiscano una violazione delle due direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

E la procedura d’infrazione UE contro il Codice è stata il tema di un convegno organizzato dall’Istituto Grandi Infrastrutture (IGI). Nel corso dell'incontro Giuseppe Zamberletti, Presidente IGI, ha ricordato che l’infrazione riguarda numerose disposizioni del Codice. È evidente – ha proseguito – che un testo largamente riscritto rispetto alle Direttive, come è il nostro Codice, ci espone a difficoltà interpretative e a rilievi da parte di chi è chiamato alla funzione di controllo (la Commissione) e di giudice ultimo del rispetto del diritto comunitario (la Corte di giustizia).

Sul piano politico generale – ha concluso Zamberletti – sarebbe opportuno che l’Italia semplificasse ulteriormente e significativamente la normativa sugli appalti, perseguendo l’adesione più completa possibile alle direttive, e quindi alla sostanza della norma comunitaria, più diretta ad obiettivi di apertura del mercato e di equilibrata concorrenzialità, anche mediante l’esercizio della discrezionalità da parte delle amministrazioni aggiudicatici, che pare bandita dal nostro ordinamento.

Il secondo relatore, Beniamino Caravita di Toritto, Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università La Sapienza di Roma, ha ripercorso l’iter del Codice degli appalti, che ha riorganizzato la materia dei contratti pubblici, citando i due decreti correttivi n. 6 e 113 del 2007, le modifiche introdotte dalla Finanziaria (ad es. sull’arbitrato), i problemi legati all’approvazione del Regolamento di attuazione e la messa in mora da parte della Commissione europea.

È stato quindi diffuso lo schema di terzo decreto correttivo, non ancora approvato, che può costituire – ha spiegato Caravita di Toritto – un riferimento utile per valutare la posizione dell’Italia rispetto all’infrazione.
Il nuovo Governo dovrà, dunque, rispondere alla procedura d’infrazione e dovrà modificare il testo del Codice dei contratti in quelle parti che violano palesemente le due direttive.
Fino al 30 giugno 2008 (data di scadenza della delega), si potrebbe operare con il sistema del decreto legislativo sempre che entro tale date il nuovo decreto correttivo possa passare indenne i vari passaggi procedurali necessari (Conferenza Stato-Regioni, Consiglio di Stato) ma ove i tempi si dovessero dilatare oltre il 30 giugno si dovrebbe fare ricorso alle procedure ordinarie.

Appalti pubblici: cambiano le modalità di trasmissione dati all’Osservatorio

Stop alla trasmissione dei dati sugli appalti all’Autorità in modalità cartacea od off-line.Per le stazioni appaltanti cambia la modalità di trasmissione: vietata la carta e qualsiasi altro supporto magnetico. Ma l’accreditamento è lo stesso. Chi è già registrato quindi non dovrà fare nulla. Le stazioni appaltanti nazionali o i bandi a carattere nazionale e sovranazionale dovranno essere inviati alla sezione centrale dell’Osservatorio, mentre Regioni, Province e Comuni passeranno per la propria sezione regionale di riferimento con le procedure dettate da ogni singola sezione.
 Con il Comunicato 4 aprile 2008 Pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 21 aprile 2008 , n. 94 l’Autorità specifica: 1. Che l’invio alla Sezione centrale dell’Osservatorio, da parte dei soggetti obbligati, dei dati aventi ad oggetto contratti di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari o speciali, di importo superiore ai 150.000 euro, dovrà essere assicurato unicamente mediante le apposite procedure informatiche che saranno rese disponibili sui siti web dell’Autorità e delle Regioni e Provincie Autonome, secondo le seguenti modalità:
a)     la trasmissione dei dati concernenti i contratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture nei settori ordinari o speciali, affidati o aggiudicati da stazioni appaltanti di ambito statale e/o di interesse nazionale o sovra regionale, dovrà essere assicurata ricorrendo all’uso delle procedure telematiche che saranno rese disponibili sul sito web dell’Autorità all’indirizzo http://www.avcp.it entro 30 giorni a far data dalla pubblicazione del presente comunicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana;
b)     la trasmissione dei dati concernenti i contratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture nei settori ordinari o speciali, di interesse regionale, provinciale e comunale dovrà essere assicurata ricorrendo all’uso delle procedure telematiche che saranno rese disponibili sui siti delle Regioni e delle Province Autonome, ovvero – nel caso in cui la Sezione regionale dell’Osservatorio non sia operativa/istituita – mediante l’uso delle procedure telematiche di cui alla precedente lettera a).
A tal fine le Sezioni regionali dell’Osservatorio provvedono, entro i 30 giorni successivi alla pubblicazione del presente comunicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, a render note con apposito avviso le modalità operative con cui le stazioni appaltanti di interesse regionale, provinciale e comunale dovranno trasmettere i dati sui contratti pubblici.
2.      Che l’obbligo dell’invio dei dati richiesti riguarda:
a)     tutti i contratti di lavori nei settori ordinari o speciali, per i quali si è pervenuti all’aggiudicazione o all’affidamento a far data dal 1° maggio 2008;
b)     tutti i contratti di servizi e forniture nei settori ordinari o speciali, per i quali si è pervenuti all’aggiudicazione o all’affidamento a far data dal 1° gennaio 2008.
3.      Che i dati concernenti i contratti di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari vanno comunicati con riferimento alle seguenti fasi:
a)     fase di aggiudicazione o definizione di procedura negoziata;
b)     fase iniziale di esecuzione del contratto;
c)     fase di esecuzione ed avanzamento del contratto;
d)     fase di conclusione del contratto;
e)     fase di collaudo.
La comunicazione di cui alla lettera c) non è obbligatoria per i contratti di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari, il cui importo è inferiore ai 500.000 euro.Vanno inoltre comunicati, per ognuno dei suddetti contratti, gli ulteriori dati relativi a:
f)      ritardi o sospensioni nella consegna;
g)     accordi bonari;
h)     sospensioni;
i)       varianti;
j)       subappalti;
k)     variazione aggiudicatario in corso d’opera.
4.      Che l’invio dei dati di cui al punto 3, lettera a) deve avvenire, ai sensi dell’art. 7, comma 8), lettera a) del Codice, entro 30 giorni dalla data di aggiudicazione definitiva o di definizione della procedura negoziata.
5.      Che i termini per l’invio dei dati di cui al punto 3, lettere b), c), d), e), f), g), h), i), j) e k), decorrono dalla data di compimento di ciascun evento o di perfezionamento dell’adempimento per il quale è richiesto l’invio delle informazioni; l’invio degli stessi deve avvenire ai sensi dell’art. 7, comma 8), lettera b) del Codice, entro 60 giorni dal termine suddetto.
6.      Che i dati concernenti i contratti di lavori, servizi e forniture nei settori speciali vanno comunicati unicamente con riferimento alla fase di aggiudicazione o definizione della procedura negoziata di cui al punto 3, lettera a); l’invio degli stessi deve avvenire, ai sensi dell’art. 7, comma 8), lettera a) del Codice, entro 30 giorni dalla data di aggiudicazione definitiva o di definizione della procedura negoziata.
7.      Che la comunicazione dei dati concernenti i contratti di servizi e forniture nei settori ordinari o speciali, aggiudicati ovvero affidati nel periodo dal 1° gennaio 2008 al 30 aprile 2008 dalle stazioni appaltanti di ambito statale e/o di interesse nazionale o sovra regionale potrà effettuarsi, in deroga alle previsioni temporali di cui ai precedenti punti 4, 5 e 6, entro il termine di 120 giorni a decorrere dalla data di pubblicazione del presente comunicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
8.      Che la comunicazione dei dati concernenti i contratti di servizi e forniture nei settori ordinari o speciali, aggiudicati ovvero affidati nel periodo dal 1° gennaio 2008 al 30 aprile 2008 dalle stazioni appaltanti di interesse regionale, provinciale e comunale potrà effettuarsi, in deroga alle previsioni temporali di cui ai precedenti punti 4, 5 e 6, con le modalità rese note dalle Sezioni regionali competenti in attuazione di quanto prescritto al precedente punto 1, lettera b).
9.      Che le informazioni relative ai contratti di lavori, servizi e forniture di competenza delle Soprintendenze per i beni Ambientali ed Architettonici aventi sede nel capoluogo di Regione sono trasmessi dai responsabili delle stesse alla Sezione centrale dell’Osservatorio per il tramite della Sezione regionale territorialmente competente con le modalità rese note dalla stessa in attuazione di quanto prescritto al precedente punto 1, lettera b).
10. Che la comunicazione dei dati dei contratti di lavori pubblici aggiudicati o affidati antecedentemente al 1° maggio 2008, ove già iniziata, dovrà essere portata a conclusione dalle stazioni appaltanti, utilizzando i sistemi in essere.
11. Che ai sensi dell’art. 7, comma 8, ultimo capoverso del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il soggetto che ometta senza giustificato motivo, di fornire le informazioni di cui ai punti precedenti, o che non rispetti i termini di invio è sottoposto con provvedimento dell’Autorità alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a euro 25.822. La sanzione è elevata fino a euro 51.545 se vengono forniti dati non veritieri.  
 
 Con ulteriori comunicazioni saranno rese note:
a)     le modalità di trasmissione dei dati relative ai contratti di lavori, nei settori ordinari o speciali, di importo compreso tra i 40.000 ed i 150.000, ed ai contratti di servizi e forniture, nei settori ordinari o speciali, di importo compreso tra i 20.000 e i 150.000 euro, a mezzo delle procedure informatiche che verranno successivamente messe a disposizione sui siti web dell’Autorità e delle Regioni e Province Autonome;
b)     le modalità di trasmissione dei dati relativi ai contratti di lavori, servizi e forniture di importo superiore ai 150.000 euro rientranti nelle particolari casistiche di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 26 (contratti esclusi) del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, a mezzo delle procedure informatiche che verranno successivamente messe a disposizione sui siti web dell’Autorità e delle Regioni e Provincie Autonome;
c)     le variazioni che saranno apportate al sistema di raccolta dei dati in relazione alle ulteriori fattispecie contrattuali previste dalla legge, avvalendosi delle Sezioni regionali, anche di intesa con le stesse.

La legge 123/2007: "anticipare" la riforma normativa per non fallire una terza volta!

Alla luce della drammaticità dei dati degli infortuni gravi, alle pressioni istituzionali e all’opinione pubblica sempre più allarmata, forse preoccupato che anche questo “terzo tentativo” di riassetto e di riforma complessiva della normativa sulla salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro potesse fallire come avvenuto per i primi due, il legislatore ha ritenuto di dover “anticipare” alcuni degli effetti strategicamente più rilevanti del complessivo impianto riformatore, effetti che si potranno però compiutamente produrre soltanto con l’emanazione dei decreti legislativi di attuazione dei criteri di delega dettati nell’articolo 1 della l. n. 123/07.

Pertanto il dettato dell’art. 8 della legge 123/07 può essere condivisibilmente considerato come una sorta di “parziale anticipazione” di quanto disposto dall’art. 1, comma 2, lett. s), l. n. 123/07 che, includendo tra i criteri di delega per la redazione del futuro Testo unico anche la “revisione della normativa in materia di appalti”, prevede, tra l’altro, due tipologie di misure relative agli appalti pubblici che è possibile sintetizzare nei seguenti principi fondamentali:

1) la modifica del sistema di assegnazione degli appalti pubblici al massimo ribasso è destinata a garantire che non si diminuisca il livello di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;

2) la modifica della disciplina del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al d. lgs, n. 163/2006, deve prevedere che i costi relativi alla sicurezza:

a) siano specificamente indicati nei bandi di gara;
b) risultino congrui rispetto all’entità ed alle caratteristiche dei lavori oggetto di appalto.

In tal senso, l’indicazione dei costi relativi alla sicurezza sembrerebbe essere elemento fondamentale, per  meglio valutare, rispetto allo specifico contesto indagato, il livello di idoneità tecnico-professionale delle imprese (ma anche dei lavoratori autonomi) alla luce dell’osservanza delle norme relative alla salute e sicurezza dei loro lavoratori, su cui ritornerò ampiamente nelle conclusioni.

Purtroppo, nei criteri di delega non sono rinvenibili indicazioni in merito a cosa debba e possa intendersi compreso nella nozione di “costi relativi alla sicurezza”.

Di costi della sicurezza se ne è ampiamente discusso con il d.p.r. 222/03 in tema di redazione dei Piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili (D.Lgs 494/96), i quali, in particolare, devono contenere la stima dei costi della sicurezza da operarsi nel rispetto di quanto specificamente disposto – come contenuto minimo – nell’art. 7 (Stima dei costi della sicurezza).

Infatti, ove sia necessaria la redazione del PSC ai sensi del d. lgs. n. 494/96, si specifica che nei costi della sicurezza vanno stimati, per tutta la durata delle lavorazioni previste nel cantiere, i costi:

a) degli apprestamenti previsti nel PSC;
b) delle misure preventive e protettive e dei dispositivi di protezione individuale eventualmente previsti nel PSC per lavorazioni interferenti;
c) degli impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche, degli impianti antincendio, degli impianti di evacuazione fumi;
d) dei mezzi e servizi di protezione collettiva;
e) delle procedure contenute nel PSC e previste per specifici motivi di sicurezza;
f) degli eventuali interventi finalizzati alla sicurezza e richiesti per lo sfasamento spaziale o temporale delle lavorazioni interferenti;
g) delle misure di coordinamento relative all'uso comune di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva.

Dovrà trattarsi di una stima congrua, analitica per voci singole, a corpo o a misura, riferita ad elenchi prezzi standard o specializzati, oppure basata su prezziari o listini ufficiali vigenti nell'area interessata, o sull'elenco prezzi delle misure di sicurezza del committente. Se un elenco prezzi non sia applicabile o non sia disponibile, si dovrà fare riferimento ad analisi costi complete e desunte da indagini di mercato. Inoltre, le singole voci dei costi della sicurezza vanno calcolate considerando il loro costo di utilizzo per il cantiere interessato che comprende, quando applicabile, la posa in opera ed il successivo smontaggio, l'eventuale manutenzione e l'ammortamento.

Ai sensi del D.P.R. 222/03, i costi della sicurezza così individuati saranno compresi nell'importo totale dei lavori: essi individueranno la parte del costo dell'opera da non assoggettare a ribasso nelle offerte delle imprese esecutrici.

Nonostante l’articolazione ed il dettaglio delle sue disposizioni, la disciplina dettata dal d.p.r. n. 222/03 non è comunque stata in grado di comporre la lunga diatriba interpretativa ed applicativa che ne aveva consigliato l’emanazione. Ne è la riprova il fatto che proprio per aiutare i soggetti, pubblici e privati al rispetto delle norme descritte, il Coordinamento tecnico delle Regioni e delle Province autonome della Prevenzione nei luoghi di lavoro della Commissione Salute e il Gruppo di lavoro “Sicurezza Appalti Pubblici” di ITACA, entrambi organi di coordinamento della Conferenza delle Regioni, hanno stilato fondamentali Linee guida applicative (Roma, 1° marzo 2006).

Le Linee guida, relativamente al tema delle “voci” rientranti nei costi della sicurezza ribadiscono che :
devono essere soggetti a stima nel PSC soltanto i costi relativi all’elenco delle voci presenti nel citato art. 7 del Regolamento (costi specifici) e che tali costi non dovranno essere soggetti a ribasso d’asta;
– dunque, non rientrano nei costi per la sicurezza da inserire nel PSC, i costi derivanti dall’applicazione delle norme del d. lgs. n. 626/94 (costi generali) da parte delle singole imprese esecutrici (DPI, formazione, informazione, sorveglianza sanitaria, spese amministrative), fatta eccezione per tutti quei costi che siano determinati dalle misure ulteriori (dunque, con aggravio) che siano previste nel PSC (costi interferenziali) o comunque stimate e riconoscite dall’amministrazione appaltante;
– mentre il Piano di sicurezza e coordinamento (PSC, ma anche PSS, laddove previsto) è a carico della committenza (che si deve occupare della sicurezza generale del cantiere, tenuto conto delle caratteristiche di contesto e delle peculiarità di coordinamento ed interferenza), il Piano operativo di sicurezza (POS) è di competenza delle imprese esecutrici; esso è complementare ed esecutivo rispetto al PSC. Tuttavia il POS, formalmente assimilato per contenuti al documento di valutazione di rischi della singola impresa previsto dall’art. 4 del d. lgs. n. 626/94 (art. 2, d. lgs. n. 494/96), non può non contenere tutti i riferimenti di costo ai comuni adempimenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori dell’azienda (DPI, formazione, informazione, sorveglianza sanitaria), dunque anche di quelli che non dipendono dall’esecuzione del contratto.
Ovviamente, in quanto obbligatori per legge, quindi non connessi all’esecuzione del contratto stipulato con la committenza, per questo tipo di adempimenti non dovrà essere riconosciuto alcun costo da parte della stazione appaltante, perché tale costo è relativo ad obblighi indipendenti dal contratto. Ciò ribadito, le Linee guida danno atto che l’art. 31, co. 2, della legge 109/94 (ora art. 131, codice appalti) pone l’obbligo alle stazioni appaltanti di evidenziare tutti gli oneri della sicurezza e di escluderli dal ribasso. Ne consegue che mentre per i costi derivanti dal PSC vi è piena coerenza tra la legge appalti pubblici ed il regolamento n. 222/03, non altrettanto coerente è il riferimento specifico anche ai costi indicati nel POS (piano operativo di sicurezza), che la Stazione appaltante è tenuta ad evidenziare, pur se non a stimare, essendo tale stima di competenza delle singole imprese, nell’ambito della propria offerta. In sede di valutazione dell’offerta, l’Amministrazione potrà esprimere parere sulla congruità delle spese generali che assolvono a questa funzione in relazione al prezzo offerto.

Per quanto riguarda l’esatto significato attribuibile alla locuzione utilizzata dal legislatore “metterli in evidenza”, ma non anche a stimarli, riferita ai costi non compresi tra gli adempimenti imposti dal PSC, essa sembra indicare la volontà di sottrarre anch’essi dal ribasso, per evitare comportamenti scorretti nella formulazione delle offerte. Ne deriva che nessun onere per la sicurezza come individuato può essere oggetto di ribasso ex art. 131 cod. appalti; dunque, neppure gli oneri assimilabili alle spese generali, in coerenza con la necessità per l’impresa appaltante di obbligare le imprese ad evidenziare gli oneri della sicurezza nell’offerta finale. L’obiettivo perseguito sembra essere proprio quello di poter meglio controllare la congruità e la correttezza dell’offerta ed evitare comportamenti anomali o speculativi utilizzando proprio i costi per la sicurezza, anche quando questi sarebbero astrattamente assimilabili alla categoria delle spese generali, dunque non relativi all’esecuzione del contratto. E’ del tutto evidente che per l’efficacia e la trasparenza di tale controllo i prezzari realizzati nell’ambito di molte Regioni, in cui vengono specificati i valori percentuali di incidenza delle spese generali per la sicurezza all’interno delle singole voci sono essenziali affinché le amministrazioni pubbliche in fase di valutazione delle offerte possano valutare in modo organico e non arbitrario la congruità delle offerte delle imprese e l’assenza di ribassi sulle voci evidenziate.

Successivamente, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture si è pronunciata con la Determinazione n. 4 del 26 luglio 2006. In particolare, l’Autorità non ritiene condivisibile la tesi secondo cui, oltre ai c.d. costi contrattuali indicati nel PSC sulla base dell’elencazione contenute nell’art. 7 del d.p.r. n. 222/03, anche gli altri costi sostenuti per la tutela dei lavoratori nell’esecuzione delle singole lavorazioni unitamente a quelli relativi all’organizzazione di sicurezza dell’impresa appaltatrice (pur non dovuti in quanto già compresi nel prezzo di appalto) siano anch’essi sostanzialmente esclusi dal ribasso. L’Autorità sostiene che la verifica che l’appaltatore non pregiudichi il livello di sicurezza ex lege assicurato ai propri lavoratori per l’esecuzione del contratto (v. art. 1, co. 2, lett. s), punto 2), l. n. 123/07), deve essere effettuata dalla Stazione appaltante nei confronti dell’offerta dell’aggiudicatario; nel caso in cui l’offerente primo classificato non dovesse riuscire a dimostrare la congruità del suo ribasso rispetto al valore economico complessivo dei lavori da effettuare, verrebbe giudicato inidoneo, e si passerebbe a valutare la successiva offerta. La tesi dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici sembrerebbe preoccuparsi di mantenere ben distinti i compiti e le responsabilità nell’ambito delle procedure di aggiudicazione: l’individuazione e la stima dei costi per la sicurezza è adempimento che attiene alla competenza esclusiva della Stazione appaltante, nel quadro della predeterminazione del corrispettivo proprio del contratto; l’appaltatore, come tale, non può né provvedere né partecipare alla definizione del prezzo da escludere dal ribasso d’asta, ma soltanto influenzare la determinazione del costo della sicurezza risultante dal PSC (o PSS), attraverso le modifiche che può comunque proporre al Piano di Sicurezza e coordinamento.
La posizione assunta dall’Autorità è stata oggetto di non poche critiche, prevalentemente fondate sulla lettera dell’art. 131 codice appalti, secondo la quale tutti i costi della sicurezza, in quanto contenuti nei Piani di sicurezza (PSC o PSS, ma anche POS), dunque sia i costi specifici della sicurezza – ovvero i costi specifici imposti all’impresa per l’esecuzione del contratto (si pensi ai ponteggi, ai tra battelli, agli impianti elettrici ed all’utilizzo di macchinari per il singolo contratto stipulando) individuati ex art. 7 d.p.r. n. 222/03, sia i costi generali della sicurezza – quelli necessari per l’attuazione degli adempimenti imposti dalla normativa vigente in materia di sicurezza, già compresi nelle spese relative al costo dei lavori computato con i prezziari – devono essere integralmente considerati.
A meglio chiarire, secondo questo orientamento, quando si parla di costi della sicurezza, si fa riferimento alla somma di tutti i costi sostenuti sia per far fronte tanto all’attuazione degli adempimenti imposti dalla normativa di sicurezza applicabili (e, quindi, per fare qualche esempio, in materia di documento di valutazione dei rischi, servizio di prevenzione e protezione, sorveglianza anitaria, fornitura di DPI, formazione ed informazione) sia per dare esecuzione agli adempimenti specifici relativi al contratto da eseguire (rischi interferenziali, formazione specifica, documenti integrativi, controlli mirati). Soltanto attraverso un tale approccio si ritiene potranno essere individuati compiutamente i costi della sicurezza, che dovranno poi essere specificamente indicati – rispettivamente secondo le proprie competenze – dalla stazione appaltante per il PSC e dall’impresa per il POS, riportati negli elaborati contrattuali e nei documenti aziendali della sicurezza, risultare congrui rispetto alla natura dell’opera, ed essere riconosciuti per intero agli appaltatori. A tale orientamento se ne contrappone tuttavia un’altro, non meno consolidato, secondo il quale soltanto i costi specifici individuati nel PSC (vale a dire i “costi contrattuali”) costituiscono i “costi della sicurezza” cui si riferisce il legislatore della legge 123/07, visto il valore di disciplina organica ed esaustiva che va riconosciuto alle norme del d.p.r. n. 222/03. Ne consegue che sarebbero da ritenere non compresi nella nozione di costi relativi alla sicurezza i c.d. “costi generali” che il datore di lavoro è comunque obbligato a sostenere per dare corretta attuazione agli obblighi imposti dal d. lgs. n. 626/94 (già compresi nei prezzi unitari). La descritta diatriba, dopo l’emanazione della legge 123/07, si è rinnovata ed ulteriormente rafforzata, non certo risolta.

La prima versione del Testo Unico non sembra fare chiarezza per qustàaspetto si è quindi in attesa di un valido chiarimento che potrebbe arrivare con l'approvazione  definitiva del Testo unico.

Dall’ Europa un freno all’ assegnazione diretta degli appalti alle società miste pubblico-private

La Commissione europea ricorda che tutti i contratti di affidamento di lavori, servizi e forniture di queste società devono essere messi a gara, a meno che non siano già stati oggetto della competizione iniziale con cui si è scelto il partner privato. È  tutta schierata a garanzia della trasparenza e della massima apertura al mercato la comunicazione interpretativa della Commissione europea sull’ «Applicazione del diritto comunitario su appalti e concessioni alle società miste pubblico-private» varata nei giorni scorsi (C-2007-6661). La nota di Bruxelles nasce, in realtà, con l’obiettivo di incrementare sempre di piu` questa forma di collaborazione tra soci (e capitali) privati e soggetti pubblici che ha due funzioni: da un lato sopperire alla mancanza di fondi da parte delle amministrazioni e, dall`altro, «iniettare» nel settore pubblico processi e metodi di stampo privato. Allo stesso tempo, pero`, la Commissione e prima ancora il Parlamento europeo si sono accorti che su questa formula mancano indicazioni. Proprio questa incertezza e` uno dei motivi alla base del mancato decollo delle societa` miste. Da qui la spinta a fornire alcuni chiarimenti. Innanzitutto la Commissione ricorda il punto di partenza messo a fuoco anche dalla Corte di giustizia: basta anche una piccolissima partecipazione privata per eliminare qualsiasi possibilita` di ricorso all`in house. In altre parole, il socio privato di una spa mista non puo` beneficiare di affidamenti diretti. D`altro canto, pero`, Bruxelles si rende anche conto dell`aggravio di tempi e procedure che comporterebbe una doppia gara, prima per la scelta del socio e poi per le concessioni o gli appalti. Da qui il suggerimento di concentrare il tutto in una solo competizione in cui si sceglie, insieme, sia il partner privato sia l`affidatario dei futuri contratti. Una gara difficile (e la Commissione accenna alla possibilita` di utilizzare il nuovo strumento del dialogo competitivo pensato per gli appalti complessi) ma che certo ha il vantaggio di dimezzare i tempi. Il raggio d`azione del socio privato, pero`, deve restare circoscritto. «Le direttive sugli appalti e i principi comunitari – si legge nella nota – devono comunque essere rispettati quando si tratta di affidare altri contratti diversi da quelli oggetto della gara per la creazione della spa mista». La comunicazione europea colma un vuoto anche italiano: l`unico tentativo di inserire una regolamentazione del fenomeno dell`affidamento diretto di contratti a soci privati, fatto con la prima bozza del Codice dei contratti e` fallito. E proprio l`assenza di regole e` stata tra le cause del proliferare di questi tentativi di aggirare la concorrenza.

Contestazioni della Commissione UE

La Commissione UE, con nota del 30 gennaio 2008, ha richiesto al nostro Governo chiarimenti ed informazioni in ordine alla asserita violazione delle direttive comunitarie da parte di alcune disposizioni del Codice dei contratti pubblici. Si illustrano di seguito sinteticamente i principali rilievi della Commissione e relative motivazioni.

Appalti aggiudicati a scopo di rivendita o locazione. Art. 24, comma 1, Codice.
Il predetto articolo 24 prevede la non applicabilita` del Codice agli appalti aggiudicati a scopo di rivendita o locazione a terzi.
A giudizio della Commissione tale disposizione potrebbe determinare la sottrazione ingiustificata alle regole della concorrenza delle opere di edilizia sociale destinate ad essere rivendute o locate dall`Amministrazione.

Soggetti cui possono essere affidati gli appalti pubblici. Articolo 34 del Codice.
L`art. 34 prevede una serie di soggetti cui possono essere affidati gli appalti (imprenditori individuali, societa`, consorzi di cooperative, consorzi stabili, consorzi ordinari, Ati, etc.).
La Commissione rileva l`incompletezza della disposizione nella parte in cui non ammette esplicitamente la partecipazione alle gare di persone giuridiche costituite secondo la legislazione dello Stato straniero di appartenenza. Inoltre rileva la sua incompletezza anche nella parte in cui sembra escludere gli operatori economici aventi una forma giuridica diversa da quelle espressamente indicate e segnatamente le altre amministrazioni aggiudicatrici che, in base alla normativa che disciplina le loro attivita`, sono autorizzate ad offrire sul mercato beni e servizi ovvero la realizzazione di lavori. Infatti, nella nozione comunitaria di operatore economico rientrano, non solo persone fisiche e giuridiche private, ma anche enti pubblici che operano in regime di libero mercato.

Non subappaltabilita` opere ad alto contenuto tecnologico. Articolo 37, comma 11 del Codice.
L`articolo 37, comma 11, stabilisce che qualora le opere di notevole contenuto tecnologico comprese in un appalto superino il 15% dell`importo totale dell`opera, non possono essere subappaltate e l`appaltatore principale, qualora non in possesso dei relativi requisiti, deve costituire un ATI verticale con imprese idonee.
La Commissione rileva che tale disposizione che vieta il subappalto ed impone una forma giuridica determinata (l`ATI verticale) sembra porsi in contrasto con le direttive comunitarie che in linea generale autorizzano l`appaltatore ad avvalersi della capacita` di altri soggetti “a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con essi“. In altri termini viene espresso il parere che l`operatore economico debba avere ampia facolta` di scelta (non comprimibile neppure a determinate condizioni) tra la possibilita` di subappaltare e quella di costituire un`ATI verticale.

Verifica requisiti dei partecipanti alla gara. Articolo 48 del Codice.
Nel nostro sistema i partecipanti alla gara dimostrano il possesso dei requisiti richiesti presentando dichiarazioni sostitutive ai sensi della nostra legislazione. Successivamente l`amministrazione richiede la prova di tali requisiti al concorrente aggiudicatario ed a quello che segue in graduatoria.
La Commissione rileva che tale meccanismo, con riferimento alle procedure ristrette, a quelle negoziate ed al dialogo competitivo (nelle quali e` limitato il numero dei concorrenti invitati), puo` condurre ad una ingiustificata disfunzione qualora la prova successivamente presentata non risulti idonea; in tal caso infatti risulterebbe non invitato alla gara un soggetto che sarebbe stato invitato in luogo del concorrente che ha presentato dichiarazioni non veritiere.

Avvalimento gara per gara. Articolo 49, comma 6 del Codice.

Secondo la predetta norma il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascuna categoria.
La Commissione rileva il possibile contrasto con le direttive comunitarie che non prevedono alcuna limitazione nella facolta` da parte degli operatori economici di avvalersi della capacità di altri soggetti.

Avvalimento in sede di qualificazione SOA. Articolo 50, comma 1, lett. a) del Codice.

La citata norma limita la possibilita` di utilizzare l`avvalimento in sede di qualificazione SOA ad imprese facenti parte dello stesso gruppo ai sensi dell`articolo 2359 cod. civ..
La Commissione rileva che la condizione dell`appartenenza allo stesso gruppo, per quanto concerne i settori speciali, contrasta con la normativa comunitaria che, al contrario, consente all`operatore economico di avvalersi   della capacita` di altri soggetti “indipendentemente dalla natura giuridica dei legami con essi”.

Dialogo competitivo. Articolo 58, commi 5, 13 e 15 del Codice.

Secondo le predette norme le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara i criteri di valutazione delle offerte (comma 5) ma successivamente, nell`ultima fase del confronto, possono determinare criteri ulteriori rispetto a quelli gia` individuati nel bando.
La Commissione rileva che tale procedura contrasta con la normativa comunitaria, la quale postula, a garanzia della obiettivita` del confronto e della par condicio tra i concorrenti, che i criteri di valutazione siano integralmente predeterminati a monte e cioe` nel bando iniziale di gara.

Criteri dell`offerta economicamente piu` vantaggiosa. Articolo 83, comma 4 del Codice.

La predetta norma stabilisce che il bando di gara debba prevedere gli elementi di valutazione  e per ciascun elemento i relativi punteggi massimi attribuibili. Aggiunge pero` che  la Commissione giudicatrice prima dell`apertura delle offerte determina i criteri motivazionali  per l`attribuzione del punteggio.
La Commissione rileva che anche questi ultimi criteri e` necessario siano indicati preventivamente nel bando di gara, in quanto rimetterne l`individuazione alla Commissione puo` ledere il principio di parita` di trattamento e di trasparenza del procedimento.

Promotore.  Articolo 153, comma 3 e 155 del Codice.

La procedura del Codice si articola in tre fasi: a) pubblicazione di un avviso delle opere realizzabili con capitali privati e conseguente scelta del promotore che abbia presentato la proposta (progetto preliminare , piano finanziario, etc.) migliore;
b) gara indetta sulla base del progetto preliminare prescelto cui non partecipa il promotore;
c) procedura negoziata tra il promotore e i due soggetti meglio classificati sub b). La Commissione rileva che:

  1. quanto alla pubblicita` dell`avviso sub a) e` prevista soltanto la pubblicazione nell`Albo della sede dell`ente  nonche` sul sito informatico e cio` viola la regola della pubblicita` a livello comunitario che costituisce presupposto imprescindibile di partecipazione di tutte le imprese della UE;
  2. quanto alla gara sub b) l`art. 155 non indica se la procedura sia preceduta dalla pubblicazione di un bando;
  3. il promotore (nonostante l`avvenuta abrogazione del diritto di prelazione di cui la Commissione prende atto) mantiene una posizione di sostanziale vantaggio in quanto partecipa ad una procedura negoziata unicamente con i due migliori classificati alla gara e percio` salta la fase concorsuale piena che e` quella del confronto tra tutti i partecipanti alla gara sub b).

Opere di urbanizzazione a scomputo. Articolo 32 comma 2 lett. g) del Codice
La predetta norma prevede che il titolare del permesso a costruire assuma veste di promotore, presentando all`amministrazione un progetto preliminare, sulla base del quale questa indice una gara che aggiudica al migliore offerente. Il promotore ha pero` facolta` di esercitare diritto di prelazione e di risultare egli stesso aggiudicatario corrispondendo all`aggiudicatario originario il 3% del valore dell`appalto.
La Commissione rileva che la procedura ora descritta ed in particolare il diritto di prelazione in favore del promotore appare lesivo delle regole comunitarie poste a garanzia della concorrenza.

Modifiche al Codice con la Legge 3 Agosto 2007 n.123

Art. 8 (Modifiche all'articolo 86 del Codice di cui al decreto Legislativo 12 Aprile 2006, n.163)
Nella predisposizione delle gare d'appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento degli appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caretteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture.

Ai fini del presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

Il costo della sicurezza non può essere comunque soggetto a ribasso d'asta.

Sfuma il terzo decreto correttivo

La semplificazione della procedura per la finanza di progetto era una delle finalità principali del terzo decreto correttivo del Codice degli appalti, più volte annunciato dal ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro. A seguito della crisi di Governo, però, un nuovo intervento di modifica sul Dlgs 163/2006 messo in atto dal Governo dimissionario appare piuttosto improbabile. La delega per esercitare il potere di correzione scade il 30 giugno 2006.