PROCEDURA DI INFRAZIONE UE

La Commissione delle comunità europee, con una nota del 30 gennaio 2008 ha, ufficialmente, aperto la procedura d’infrazione relativa al Codice degli appalti che tocca – con 15 rilievi principali – una pluralità di disposizioni legislative assunte con il Codice degli appalti pubblici di cui al D.Lgs. n. 163/2006, in recepimento delle Direttive 17 e 18.
In particolare le censure riguardano:

  • gli appalti aggiudicati a scopo di rivendita o locazione a terzi;
  • i soggetti ai quali possono essere affidati i contratti pubblici;
  • la partecipazione dei raggruppamenti temporanei di imprese e dei consorzi;
  • la verifica della capacità dei candidati;
  • l’iscrizione di fornitori o prestatori di servizi in elenchi ufficiali;
  • la possibilità di avvalersi della capacità di terzi;
  • il dialogo competitivo;
  • l’informazione dei candidati/offerenti;
  • i criteri utilizzati per l’aggiudicazione dell’appalto;
  • l’attribuzione diretta di appalti pubblici in caso di fallimento o di risoluzione del contratto;
  • le disposizioni in materia di promotore;
  • la realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire;
  • la società pubblica di progetto;
  • le concessioni relative alle infrastrutture strategiche;
  • le regole applicabili alle infrastrutture strategiche nel settore dell’energia;

La commissione ha anche rilevato una grande quantità di omissioni o riferimenti incrociati erronei ed alcune disposizioni non trasposte precisando che sulla base delle considerazioni esposte, considera che le disposizioni indicate e inserite all’interno del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 costituiscano una violazione delle due direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

E la procedura d’infrazione UE contro il Codice è stata il tema di un convegno organizzato dall’Istituto Grandi Infrastrutture (IGI). Nel corso dell'incontro Giuseppe Zamberletti, Presidente IGI, ha ricordato che l’infrazione riguarda numerose disposizioni del Codice. È evidente – ha proseguito – che un testo largamente riscritto rispetto alle Direttive, come è il nostro Codice, ci espone a difficoltà interpretative e a rilievi da parte di chi è chiamato alla funzione di controllo (la Commissione) e di giudice ultimo del rispetto del diritto comunitario (la Corte di giustizia).

Sul piano politico generale – ha concluso Zamberletti – sarebbe opportuno che l’Italia semplificasse ulteriormente e significativamente la normativa sugli appalti, perseguendo l’adesione più completa possibile alle direttive, e quindi alla sostanza della norma comunitaria, più diretta ad obiettivi di apertura del mercato e di equilibrata concorrenzialità, anche mediante l’esercizio della discrezionalità da parte delle amministrazioni aggiudicatici, che pare bandita dal nostro ordinamento.

Il secondo relatore, Beniamino Caravita di Toritto, Ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università La Sapienza di Roma, ha ripercorso l’iter del Codice degli appalti, che ha riorganizzato la materia dei contratti pubblici, citando i due decreti correttivi n. 6 e 113 del 2007, le modifiche introdotte dalla Finanziaria (ad es. sull’arbitrato), i problemi legati all’approvazione del Regolamento di attuazione e la messa in mora da parte della Commissione europea.

È stato quindi diffuso lo schema di terzo decreto correttivo, non ancora approvato, che può costituire – ha spiegato Caravita di Toritto – un riferimento utile per valutare la posizione dell’Italia rispetto all’infrazione.
Il nuovo Governo dovrà, dunque, rispondere alla procedura d’infrazione e dovrà modificare il testo del Codice dei contratti in quelle parti che violano palesemente le due direttive.
Fino al 30 giugno 2008 (data di scadenza della delega), si potrebbe operare con il sistema del decreto legislativo sempre che entro tale date il nuovo decreto correttivo possa passare indenne i vari passaggi procedurali necessari (Conferenza Stato-Regioni, Consiglio di Stato) ma ove i tempi si dovessero dilatare oltre il 30 giugno si dovrebbe fare ricorso alle procedure ordinarie.

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