Quali formatori per la sicurezza sul lavoro

Quali formatori per la sicurezza sul lavoro

I WORKING PAPERS DI OLYMPUS 40-2015

di Paolo Pascucci

Paolo Pascucci è professore ordinario di Diritto del lavoro nell'Università  di Urbino Carlo Bo

Sicurezza lavoro formazione qualificazione formatori decreto

Il saggio analizza la recente disciplina della qualificazione dei formatori in materia di sicurezza sul lavoro.
Dopo aver esaminato anche criticamente i vari criteri previsti nel decreto del 6 marzo 2013, il saggio focalizza alcune questioni legate alle responsabilità  del datore di lavoro nel caso in cui non osservi le regole del decreto. In conclusione si formulano alcune proposte per migliorare il quadro della qualificazione dei formatori in materia di sicurezza sul lavoro.

Parole chiave: Sicurezza lavoro formazione qualificazione formatori decreto
Keywords: Security work qualification training trainers decree

SOMMARIO: 1. Il decreto del 6 marzo 2013 sulla qualificazione dei formatori per la sicurezza sul lavoro. – 2. Il metodo dell'indagine. – 3. Il campo di applicazione. – 4. I criteri e il loro carattere “minimale”. – 5. La dimensione temporale della qualificazione e l'aggiornamento. – 6. Il prerequisito. – 7. Le aree tematiche, i criteri e la contemporanea sussistenza dei tre elementi minimi fondamentali. – 8. Il primo criterio. – 9. Gli altri cinque criteri. – 10. Criticità  interpretative. – 11. L'interpello n. 21/2014. – 12. Il riflesso sull'adempimento dell'obbligo formativo. – 13. Ulteriori profili di responsabilità : la formazione di dirigenti e preposti. – 14. La combinazione tra esperienza, competenza e capacità  didattica del docente. – 15. Valutazione dei rischi e formazione. – 16. Conclusioni.

È noto come la formazione costituisca uno dei principali baluardi della disciplina della salute e della sicurezza dei lavoratori, specialmente da quando la direttiva quadro europea n. 89/391/CEE, considerandola una imprescindibile misura di tutela, l'ha configurata come un obbligo del datore di lavoro.

Merito indiscutibile del d.lgs. n. 81/2008, modificato dal d.lgs. n. 106/2009, è di aver disciplinato più a fondo che in passato la formazione, opportunamente definita (art. 2, lett. aa) come “il processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili all'acquisizione di competenze per lo svolgimento dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi” (PASCUCCI, 2014, 183).

Peraltro l'attenzione del legislatore per la formazione ha riguardato non solo il piano del rapporto “datore di lavoro-lavoratore”, ma anche il versante del sistema istituzionale ove essa è ripetutamente considerata tra i compiti dei vari attori delle politiche della prevenzione. Si è così tentato di mettere in campo tutti i possibili strumenti per valorizzare la formazione, da un lato responsabilizzando direttamente gli organismi “specializzati” su cui si fonda il sistema istituzionale della prevenzione e, da un altro lato, sollecitando le azioni di tutti i soggetti pubblici e privati che, a vario titolo, hanno capacità  di intervenire in materia.

Su questa linea, dopo l'avvento del d.lgs. n. 81/2008, si sono registrati importanti interventi normativi: da un lato, la sottoscrizione dei due accordi in sede di Conferenza Stato-Regioni del 21 dicembre 2011, rispettivamente sulla formazione a carico del datore di lavoro che intenda svolgere direttamente i compiti del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) e sulla formazione destinata ai lavoratori, integrati dalle linee interpretative contenute nell'accordo Stato-Regioni del 25 luglio 2012 (FANTINI, 2012, 441; ROTELLA, 2012, 569); dall'altro lato, sulla scorta della previsione di cui all'art. 6, comma 8, lett. m-bis, del d.lgs. n. 81/2008, l'elaborazione il 18 aprile 2012 da parte della Commissione consultiva permanente dei criteri di qualificazione per i formatori (GALLI, 2012, 30; GALLO, 2012, 31).

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