Indumenti di lavoro: obblighi del datore di lavoro
Anche la normale divisa di lavoro – se consente di proteggere da un rischio ad esempio chimico o fisico (es olii, gas, polveri, ecc) evitando quindi che talune sostanze vengano in diretto contatto con la pelle o con i vestiti sottostanti – costituisce un indumento protettivo e, in quanto tale, deve essere lavato dal datore di lavoro. Il problema vero è che ancora molti datori di lavoro non lavano ad esempio le divise in quanto le considerano indumenti non protettivi, ma indumenti consegnati solo ai fini di preservare l'abito del lavoratore dallo sporco e dall'usura.
Già la circolare del Ministero del Lavoro n”° 34 del 29/04/1999 spiegava in maniera inequivocabile che “qualora l'indumento assolva anche ad una funzione protettiva viene equiparato ad un dispositivo di protezione individuale (DPI)”, con conseguente obbligo di lavaggio a carico del datore di lavoro. Sull'argomento si evidenzia che tutto ciò che si porta a casa, può permanere nelle lavatrici e mescolarsi alla biancheria domestica, nonché finire negli scarichi urbani, pur trattandosi di sostanze che potrebbero, in alcuni casi, richiedere di essere trattate come rifiuti speciali.
Infine, si segnalano al riguardo due ulteriori sentenze: la prima del Tar del Veneto, che ha imposto al datore di lavoro il risarcimento al lavoratore per aver assolto direttamente alla necessaria pulizia degli indumenti di lavoro, la seconda della Cassazione civile, che ha deliberato l'obbligo di considerare tempo di lavoro quelle utilizzato per indossare e rimuovere i dispositivi di protezione individuale prima e dopo l'espletamento dell'attività lavorativa.
fonte cgil
circolare del Ministero del Lavoro n”° 34 del 29/04/1999
Considerati alcuni dubbi sorti in merito agli indumenti di lavoro quando sono destinati ad assolvere ad una funzione di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, si ritiene opportuno richiamare l'attenzione sul complesso della pertinente legislazione prevenzionistica, ai fini della sua corretta e puntuale applicazione.
Gli indumenti di lavoro, possono assolvere a varie funzioni:
A) elemento distintivo di appartenenza aziendale, ad esempio uniforme o divise;
B) mera preservazione degli abiti civili dalla ordinaria usura connessa all'espletamento della attività lavorativa:
C) protezione da rischi per la salute e la sicurezza.
In tale ultimo caso, tali indumenti, rientrano tra i dispositivi di sicurezza che assolvono alla funzione di protezione dai rischi, ai sensi dell'art. 40 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
Rientrano, ad esempio, tra i dispositivi di protezione individuale (DPI) gli indumenti fluorescenti che segnalano la presenza di lavoratori a rischio di investimento, quelli di protezione contro il caldo od il freddo, gli indumenti per evitare il contatto con sostanze nocive, tossiche, corrosive o con agenti biologici, ecc,
L'articolo 43, comma 4 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. prevede che il datore di lavoro, debba assicurare le condizioni igieniche nonché l'efficienza dei D.P.I. ossia il mantenimento nel tempo delle loro caratteristiche specifiche quali, ad esempio, l'impermeabilita' o la fluorescenza (vedi al riguardo la sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 11139/98 del 9 luglio 1998).
Ciò vale ovviamente anche per gli indumenti di lavoro che assumano la caratteristica di dispositivi personali di protezione.
A tale scopo è necessario che il datore di lavoro provveda alla loro pulizia stabilendone altresì la periodicità .
Detta pulizia può essere effettuata sia direttamente all'interno dell'azienda, sia ricorrendo ad imprese esterne specializzate, la scelta, ricade sotto la responsabilità del datore di lavoro.
In via generale, qualora gli indumenti sono o possano essere contaminati da agenti chimici, cancerogeni o biologici, nel caso che si provveda alla loro pulizia all'interno dell'azienda, il datore di lavoro dovrà tenere conto dei rischi connessi con la manipolazione ed il trattamento di tali indumenti da parte dei lavoratori addetti e pertanto dovrà applicare le stesse misure di protezione adottate nel processo lavorativo; se viceversa, si sceglie un'impresa esterna, il datore di lavoro, come già ricordato, responsabile delle buone condizioni igieniche e dell'efficienza di tali D.P.I, efficienza che un errata pulizia potrebbe pregiudicare, deve preventivamente assicurarsi che l'impresa stesso abbia requisiti tecnici professionali sufficienti allo scopo e curare che tali indumenti vengano consegnati opportunamente imballati, ed evitare rischi di contaminazione
esterna.
Il datore di lavoro inoltre, dal momento che é tenuto, ai sensi dell'art. 4 comma 5, lett. n del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, ad assumere gli appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate (uso dei DPI) possono causare rischi per la salute della popolazione, fra cui rientra, a questi fini, il lavoratore esterno, deve provvedere alla puntuale informazione della lavanderia esterna sulla natura dei rischi connessi alla manipolazione degli indumenti contaminati, e sulla loro entita'.
Ovviamente l'impresa esterna è responsabile della sicurezza dei propri dipendenti e dovrà pertanto provvedere alla valutazione dei rischi ed alle conseguenti misure di prevenzione e protezione, anche sulla base delle informazioni fornite dal datore di lavoro che ha conferito l'incarico della pulizia degli indumenti.
Si evidenzia poi, in particolar modo, la disciplina specifica dettata dagli art. 14 comma 2 e 28 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, nel caso in cui l'agente contaminante sia il piombo o l'amianto.
Il datore di lavoro dovrà provvedere affinché gli indumenti di protezione siano riposti in luogo separato da quello destinato agli abiti civili; il lavaggio dovrà essere effettuato in lavanderie appositamente attrezzate, con macchine adibite esclusivamente all' attivita' specifica; il trasporto dovrà essere effettuato in imballaggi chiusi, opportunamente etichettati.