Semplificazione dei controlli ispettivi

La Direzione centrale coordinamento giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), ha emanato la nota n. 1357 del 31 luglio 2024, con la quale ha fornito, ai propri ispettori, le prime indicazioni operative relativamente all’applicazione di quanto previsto nel decreto legislativo n. 103/2024, in materia di “semplificazione dei controlli sulle attività economiche”. Infatti, la norma introduce diverse disposizioni destinate ad incidere sulle attività degli ispettori del lavoro, sia per quanto concerne la programmazione della vigilanza, sia in termini di sanzionabilità di condotte che violano alcune disposizioni in materia di lavoro e legislazione sociale.

Le indicazioni fornite dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro

Ambito di applicazione (art. 1)

Il decreto trova applicazione “ai controlli amministrativi sulle attività economiche svolti dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165” fra le quali, evidentemente, rientra anche l’Ispettorato nazionale del lavoro.

La medesima disposizione introduce inoltre la nozione di “diffida amministrativa”, da intendersi quale “invito, contenuto nel verbale di ispezione, rivolto dall’accertatore al trasgressore e agli altri soggetti di cui all’articolo 6 della legge 24 novembre 1981, n. 689, prima della contestazione della violazione, a sanare la stessa”. Trattasi dunque di un atto diverso dalla diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004 e prodromico alla contestazione degli illeciti oggetto di accertamento.

In relazione all’ambito di applicazione del decreto e della diffida amministrativa occorre inoltre evidenziare la necessità del “rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale”, specificazione sicuramente utile come meglio chiarito in seguito.

Semplificazione degli adempimenti amministrativi (art. 2)

L’art. 2 introduce alcune disposizioni finalizzate ad una semplificazione degli adempimenti amministrativi, tuttavia non ancora effettivamente operative.

Si prevede, infatti, di impegnare le amministrazioni interessate ad introdurre determinate discipline o accorgimenti “al fine di garantire una piena conoscenza degli obblighi ai quali i soggetti controllati sono tenuti e di eliminare sovrapposizioni e duplicazioni di controlli” e in particolare:

  • uno schema standardizzato, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, per il censimento dei controlli e la pubblicazione, da parte delle AA. nei propri siti istituzionali, del censimento di loro competenza;
  • una ricognizione, da parte delle PP.AA. entro il 30 giugno 2025 ed a cadenza triennale, dei controlli operati nell’ultimo triennio e dei relativi esiti anche in relazione alla dimensione e tipologia dei soggetti controllati;
  • l’elaborazione, da parte del Dipartimento della funzione pubblica, entro il 30 ottobre 2025 ed a cadenza triennale, di un documento contenente il quadro di sintesi dei controlli al fine di individuare aree di sovrapposizione e duplicazione tra i controlli svolti a diversi livelli amministrativi.

Sistema di identificazione e valutazione del livello di rischio “basso” (art. 3)

L’art. 3 del decreto istituisce, ai fini della programmazione dei controlli, un “sistema di identificazione e gestione del rischio su base volontaria”, riferito ad alcuni ambiti omogenei, tra cui quello della sicurezza dei lavoratori ma anche, ad esempio, quello della protezione ambientale, della igiene e salute pubblica e della sicurezza pubblica.

Rispetto a ciascun ambito l’Ente nazionale italiano di unificazione (UNI) (art. 4, L. n. 317/1986) elabora, sulla base di alcuni parametri (ad es. esito dei controlli subiti nei precedenti tre anni di attività e settore economico in cui opera il soggetto controllato) norme tecniche o prassi di riferimento idonee a definire un livello di rischio basso “al quale è associabile un Report certificativo.

Il Report certificativo potrà essere rilasciato, a domanda, “da organismi di certificazione, ispezione, validazione o verifica, accreditati presso l’Organismo nazionale di accreditamento riconosciuto e firmatario degli accordi di mutuo riconoscimento (MLA) dell’Associazione di cooperazione europea per l’accreditamento (EA)” e inserito dall’Organismo unico di accreditamento “nel fascicolo informatico di impresa” di cui all’art. 2, comma 2 lett. b), della L. n. 580/1993 (v. infra).

Fascicolo informatico di impresa e obblighi di consultazione del soggetto che effettua i controlli (art. 4)

L’art.  4 del decreto, sebbene non immediatamente operativo, appare comunque di particolare interesse per questo Ispettorato, in quanto fornisce importanti  indicazioni ai fini della programmazione dell’attività di vigilanza.

La disposizione stabilisce infatti che, al fine di rendere più efficienti e coordinare i controlli sulle attività economiche ed evitare duplicazioni e sovrapposizioni, nonché programmare l’attività ispettiva in ragione del profilo di rischio, “le amministrazioni che svolgono funzioni di controllo, prima di avviare le attività di vigilanza consultano ed alimentano con gli esiti dei controlli il fascicolo informatico di impresa” tenuto dalle Camere di commercio ai sensi dell’art. 2, comma 2 lett. b), della L. n. 580/1993.

Con le modalità che saranno definite con un apposito decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, ogni amministrazione dovrà accedere al fascicolo informativo “ai fini del coordinamento, programmazione e svolgimento dei controlli”, così da avere contezza anche degli esiti dei controlli già svolti da altre amministrazioni.

Sotto altro profilo si stabilisce, analogamente in realtà a quanto già previsto da altre disposizioni (v. ad es. art. 43, D.P.R. n. 445/2000), che le PP.AA. non possono richiedere la produzione di documenti e informazioni già disponibili nel fascicolo informatico o comunque in loro possesso. Trattasi di una disposizione da ritenersi immediatamente operativa nella misura in cui tali documenti e informazioni siano effettivamente disponibili per l’Ispettorato nazionale del lavoro e rispetto alla quale il legislatore richiama la responsabilità dirigenziale ai sensi dell’art. 18-bis, comma 4, del D.Lgs. n. 82/2005.

Principi generali del procedimento di controllo delle attività economiche (art. 5)

L’art. 5 del decreto introduce alcuni principi informatori sui controlli alle imprese di interesse per questo Ispettorato.

La disposizione rimette anzitutto a Ministeri e Regioni il compito di pubblicare sui propri siti istituzionali apposite linee guida o FAQ finalizzate ad agevolare e promuovere la comprensione e il rispetto sostanziale della normativa applicabile in materia di controlli, i quali dovranno fondarsi sul principio della “fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta delle amministrazioni”, nonché su quelli della “efficacia, efficienza e proporzionalità”, minimizzando le richieste documentali secondo il criterio del minimo sacrificio organizzativo per il soggetto controllato”. Trattasi di principi che già guidano anche l’azione ispettiva dell’Ispettorato che, non a caso, in passato aveva dato indicazioni in tal senso.

Inoltre, come evidenziato nella relazione illustrativa al provvedimento, “il comma 3 prevede che, salvo i casi di richieste da parte dell’Autorità giudiziaria o di specifiche segnalazioni di soggetti privati o pubblici, i casi previsti dal diritto dell’unione europea e i controlli per la sicurezza sui luoghi di lavoro oppure ogni qual volta si rilevano situazioni di rischio – casi per i quali i controlli vengono effettuati con immediatezza – le amministrazioni programmano i controlli e i relativi accessi ispettivi con intervalli temporali correlati alla gravità del rischio. Fatti salvi i casi di cui al comma 3, tale intervallo non può essere inferiore ad un anno per i soggetti che presentano un rischio basso ai sensi di quanto previsto all’articolo 3 (comma 4)”.

Pertanto, al predetto principio in base al quale le amministrazioni sono tenute a programmare i controlli sulle imprese “con intervalli temporali correlati alla gravità del rischio”, fanno eccezione diverse tipologie di intervento di competenza di questa Amministrazione, fra cui quelle derivanti da richieste dell’Autorità giudiziaria, da circostanziate segnalazioni di soggetti privati o pubblici, da esigenze legate alla sicurezza sui luoghi di lavoro e, comunque, da situazioni di rischio.

Rispetto a tali indicazioni la disposizione, al comma 6, declina ulteriori previsioni che vanno in parte a  sovrapporsi con la c.d. “Lista di conformità INL” disciplinata dall’art. 29, commi 7, 8 e 9, del D.L. n. 19/2024 (conv. da L. n. 56/2024). Sempre in relazione illustrativa, viene chiarito che “il comma 6 stabilisce il periodo di esonero dei controlli, stabilendo che l’operatore economico è esonerato nei successivi dieci mesi dall’ultimo controllo da parte della stessa amministrazione o altre amministrazioni che esercitano le funzioni di controllo, fatti salvi i casi di cui al comma 3 e nel rispetto delle disposizioni di attuazione del diritto dell’Unione europea. Occorre evidenziare che tale beneficio non è cumulabile con il diverso beneficio previsto dal decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni dalla L. 29 aprile 2024, n. 56, il cui articolo 29, rubricato “Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare”, prevede, ai commi 7, 8 e 9, l’iscrizione, previo assenso, del datore di lavoro in un apposito elenco informatico, denominato appunto «Lista di conformità INL», in forza del quale i datori di lavoro, cui è stato rilasciato l’attestato in argomento, non sono sottoposti, per un periodo di dodici mesi dalla data di iscrizione nella Lista di conformità INL, ad ulteriori verifiche da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro nelle materie oggetto degli accertamenti, fatte salve le verifiche in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, le eventuali richieste di intervento, nonché le attività di indagine disposte dalla Procura della Repubblica”.

La disciplina introdotta recentemente dal D.L. n. 19/2024 in materia di “Lista di conformità INL” – e che prevede il rilascio di un attestato ed un esonero dai controlli per un periodo di dodici mesi (non di dieci) nelle materie oggetto di accertamenti – è da considerarsi dunque norma speciale. Sarà tuttavia necessario che tali informazioni confluiscano nel fascicolo informatico d’impresa al fine di consentire anche alle altre amministrazioni di poter programmare i controlli di competenza nel rispetto dei principi fissati dal legislatore e tenendo conto del fatto che l’iscrizione nella c.d. lista di conformità INL avviene solo “previo assenso” del soggetto interessato.

L’art. 5 prevede, inoltre, che “non possono essere effettuate due o più ispezioni diverse sullo stesso operatore economico contemporaneamente, a meno che le amministrazioni non si accordino preventivamente per svolgere una ispezione congiunta”. Tale ultima disposizione richiede, quindi, un più attento e capillare coordinamento con le altre amministrazioni che operano controlli in materia di lavoro e legislazione sociale, con particolare riferimento ad INPS, INAIL e Guardia di Finanza, per quanto concerne le verifiche in materia di lavoro sommerso.

Ulteriore indicazione contenuta nell’art. 5 è quella secondo cui le amministrazioni improntano la propria attività al rispetto del “principio del contraddittorio” e “adottano i provvedimenti di propria competenza, ivi incluse eventuali sanzioni, in modo proporzionale al livello di rischio (…) al pregiudizio arrecato, alle dimensioni del soggetto controllato e all’attività economica svolta”. In quest’ultimo caso, trattasi di un principio destinato ad incidere sui criteri di commisurazione delle sanzioni da adottarsi con ordinanza-ingiunzione, al pari di quelli indicati dall’art. 11 della L. n. 689/1981.

Non appare invece sostanzialmente applicabile agli accertamenti di competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro la previsione secondo cui le amministrazioni sono tenute a fornire, prima di un accesso nei locali aziendali, “l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva”. Da tale obbligo sono infatti esonerate tutte le iniziative avviate dalle amministrazioni che hanno esigenze di ricorrere ad accessi ispettivi “imprevisti o senza preavviso”, esigenze che ricorrono pressoché ogni volta l’Ispettorato avvii una attività di vigilanza sia in materia lavoristica, sia in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Va da sé, infatti, che l’eventuale richiesta di documentazione alle imprese prima di un qualsiasi accesso ispettivo vanificherebbe l’efficacia della tipologia di accertamenti di competenza di questo Ispettorato.

 Violazioni sanabili e casi di non punibilità per errore scusabile (art. 6)

L’art. 6 del decreto è quello che più impatta sulle attività di controllo di competenza dell’Ispettorato.

Si prevede anzitutto che “salvo che il fatto costituisca reato, per le violazioni per le quali è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria non superiore nel massimo a cinquemila euro, l’organo di controllo incaricato, nel caso in cui accerti, per la prima volta nell’arco di un quinquennio, l’esistenza di violazioni sanabili, diffida l’interessato a porre termine alla violazione, ad adempiere alle prescrizioni violate e a rimuovere le conseguenze dell’illecito amministrativo entro un termine non superiore a venti giorni dalla data della notificazione dell’atto di diffida. In caso di ottemperanza alla diffida, il procedimento sanzionatorio si estingue limitatamente alle inosservanze sanate. L’istituto della diffida amministrativa di cui al presente decreto non si applica a violazioni di obblighi o adempimenti che riguardano la tutela della salute, la sicurezza e l’incolumità pubblica e la sicurezza sui luoghi di lavoro”.

La diffida amministrativa, così come definita all’art. 1 del decreto, troverà dunque applicazione nelle ipotesi in cui si rinvengano tutti i presupposti normativi, come meglio specificati di seguito. Laddove la stessa non trovi applicazione si seguiranno le “normali” procedure sanzionatorie, ivi compresa l’adozione della diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.

Campo di applicazione

In ordine al campo di applicazione della diffida amministrativa occorre dunque evidenziare i seguenti aspetti:

  • la stessa trova applicazione esclusivamente in relazione alle violazioni per le quali è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, come tale soggetta alla disciplina di cui alla L. n. 689/1981;
  • la sanzione amministrativa non deve prevedere, nel massimo, un importo superiore ad euro 5.000. Tale importo va considerato, per evidenti ragioni di uniformità e per la lettera della norma (“è prevista”), come limite in astratto previsto dalla disposizione sanzionatoria e non come sanzione irrogata nel concreto. Ne consegue che esula dalla applicazione della diffida amministrativa, a titolo esemplificativo, la maxisanzione per lavoro “nero” nonché tutte le sanzioni proporzionali (ad es. quelle calcolate in base alla durata della violazione come avviene per l’art. 15, comma 4, della L. n. 68/1999 in materia di collocamento obbligatorio) poiché, come previsto dall’art. 10 della L n. 689/1981, “non hanno limite massimo”;
  • la violazione sanabile deve essere stata per la prima volta accertata nell’arco di un quinquennio. In altri termini, laddove il personale ispettivo accerti che nei cinque anni antecedenti all’accesso ispettivo sia stata commessa la medesima o un’altra violazione in materia di lavoro e legislazione sociale soggetta a diffida, la diffida amministrativa non sarà applicabile rispetto alla violazione da ultimo accertata;
  • la violazione deve essere materialmente sanabile, sono pertanto da escludersi tutte quelle violazioni per le quali l’interesse giuridico tutelato non è più recuperabile, come ad esempio avviene in caso di violazione delle disposizioni in materia di tempi di lavoro di cui al Lgs. n. 66/2003, peraltro da ritenersi comunque escluse in ragione in quanto espressione dell’adempimento a “vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto internazionale” (sul punto v. infra) . Sul punto va viceversa chiarito che la diffida ex art. 6 del D.Lgs. n. 103/2024 non potrà ritenersi esclusa in ragione della espressa previsione normativa circa l’inapplicabilità della diffida ex art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004, previsione talvolta inserita dal legislatore al solo fine di aggravare la reazione sanzionatoria e non perché l’illecito non sia effettivamente sanabile;
  • la diffida amministrativa non si applica a violazioni di obblighi o adempimenti che riguardano, fra l’altro, la tutela della salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Al riguardo va evidenziato che gran parte delle violazioni il cui accertamento compete a questo Ispettorato hanno evidenti riflessi sulla salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Tale formulazione non va intesa infatti in senso restrittivo come riferibile alle sole previsioni di cui al Lgs. n. 81/2008, che infatti non è espressamente citato e rispetto al quale è peraltro previsto un impianto sanzionatorio quasi esclusivamente penale. Appaiono invece ricompresi nell’ambito di applicazione della diffida parte delle violazioni amministrative di carattere documentale, nella misura in cui non siano ricollegabili alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (ad es. in materia di Libro unico del lavoro ai sensi dell’art. 39, comma 7, del D.L. n. 112/2008, conv. da L. n. 133/2008, salvi i casi in cui la violazione si riferisca a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi in quanto è prevista una sanzione massima superiore ad euro 5.000);
  • la sanzione   prevista   in   relazione   alla   condotta   accertata   non   deve   essere espressione dell’adempimento a “vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dal diritto    internazionale, in relazione ai quali lo stesso decreto non trova applicazione (v. art. 1). La diffida amministrativa non sarà quindi applicabile, ad esempio, in relazione alla violazione degli obblighi di comunicazione al lavoratore delle informazioni di cui al D.Lgs. n. 152/1997, come peraltro modificato dal D.Lgs. n. 104/2022 e attuativo della direttiva (UE) 2019/1152. Al riguardo è infatti la stessa direttiva (UE) 2019/1152 a richiedere agli Stati membri di introdurre le relative sanzioni che “devono essere effettive, proporzionate e dissuasive” (v. art. 19 direttiva (UE) 2019/1152).

Ad ogni buon conto si fa riserva di inoltrare una lista delle violazioni più ricorrenti che, sussistendo le altre condizioni indicate dal legislatore, sono da ritenersi soggette alla procedura di diffida.

Procedimento

Una volta accertata la sussistenza delle condizioni sopra indicate e quindi l’applicabilità dello strumento disciplinato dall’art. 6 del D.Lgs. n. 103/2024, il personale ispettivo diffiderà l’interessato “porre termine alla violazione, ad adempiere alle prescrizioni violate e a rimuovere le conseguenze dell’illecito amministrativo entro un termine non superiore a venti giorni dalla data della notificazione dell’atto di diffidaUna volta notificata la diffida, secondo modalità sulle quali si fa riserva di fornire a breve ulteriori indicazioni nelle more della digitalizzazione della diffida amministrativa:

  • in caso di ottemperanza, il procedimento sanzionatorio si estingue limitatamente alle inosservanze sanatesenza dunque alcun addebito sanzionatorio. Nelle ipotesi in cui si accerti contestualmente sia la violazione sia l’avvenuta regolarizzazione, si avrà il medesimo effetto estintivo di cui si darà atto nei relativi atti ispettivi;
  • in caso di mancata ottemperanza alla diffida entro il termine indicato, il personale ispettivo procederà direttamente a contestare l’illecito entro novanta giorni dall’accertamento ai sensi dell’art. 14 della L. n. 689/1981 – tenendo conto, peraltro, che i termini concessi per adempiere alla diffida sono sospensivi dei termini previsti per la notificazione degli estremi della violazione – ed applicando gli importi sanzionatori di cui all’art. 16 della medesima L. n. 689/1981.

In relazione alla tempistica di notificazione degli illeciti non sanati o comunque non sanabili valgono comunque le indicazioni già fornite dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la circ. n. 41/2010, secondo cui “il termine di 90 giorni (…) non decorre più da tanti singoli verbali o atti provvedimentali, bensì la decorrenza dello stesso va individuata nel momento in cui si sono conclusi gli accertamenti nel loro complesso, comprendendo, quindi, anche i tempi tecnici ragionevolmente utili e necessari per l’analisi, l’elaborazione e la verifica degli elementi formati e raccolti”.

L’art. 6 del decreto stabilisce inoltre che il mancato adempimento alla diffida ovvero l’accertamento di altre violazioni di obblighi o adempimenti che riguardano, fra l’altro, la tutela la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro comportano la revoca del Report certificativo di cui all’art. 3, ove rilasciato all’operatore economico.

Si prevede, da ultimo, che in ogni caso il soggetto controllato non è responsabile quando le violazioni sono commesse per errore sul fatto non determinato da colpa, disposizione del tutto analoga a quanto già previsto in via generale dall’art. 3, comma 2, della L. n. 689/1981, secondo il quale “nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da sua colpa”.

Ulteriori disposizioni (artt. 7-11)

Ulteriori disposizioni, non particolarmente impattanti sull’attività di questo Ispettorato riguardano:

  • la possibilità, da parte delle associazioni nazionali di categoria (art. 4 della n. 180/2011), di richiedere chiarimenti su obblighi e adempimenti che sono oggetto dei controlli, similmente a quanto già oggi avviene con il c.d. diritto di interpello previsto dall’art. 9 del D.Lgs. n. 124/2004;
  • la previsione di un piano di formazione specifica del personale delle AA. con particolare riferimento alle competenze in materia di digitalizzazione degli strumenti di programmazione e svolgimento dei controlli, di cooperazione con gli operatori economici, di coordinamento tra le amministrazioni e di criteri e metodi standardizzati per effettuare il censimento degli obblighi e degli adempimenti previsti dall’art. 2 del decreto;
  • l’utilizzo delle soluzioni tecnologiche nelle attività di controllo.

Il D.Lgs. n. 103/2024 entra in vigore, come detto, il 2 agosto p.v. e si ritiene che le previsioni ivi contenute, in particolare quelle di cui all’art. 6 in materia di diffida amministrativa, possano trovare applicazione con riferimento agli illeciti accertati a partire da tale data, anche se riferiti a condotte poste in essere precedentemente in quanto trattasi di disposizione di carattere procedurale.

A tale riguardo si evidenzia che le indicazioni riferite all’art. 6 costituiscono atto di indirizzo per la Direzione centrale innovazione ai fini della digitalizzazione della diffida amministrativa.


La Direzione centrale coordinamento giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), ha emanato la nota n. 1357 del 31 luglio 2024
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