Il lavoratore autonomo
Il lavoratore autonomo
Il lavoro autonomo viene definito dall'art. 2222 del Codice civile che indica quale lavoratore autonomo colui che si obbliga a compiere un'opera o un servizio con lavoro proprio e senza vincoli di subordinazione con il committente.”
Nel lavoro autonomo l'oggetto della prestazione non consiste quindi in un “facere” cioè nella messa a disposizione di energie lavorative che saranno utilizzate secondo le direttive del datore di lavoro, come avviene invece nel lavoro subordinato, ma consiste nella produzione, con mezzi propri e piena autonoma organizzazione, di un opus.”
Il lavoratore autonomo assume quindi una obbligazione di risultato, garantendo il raggiungimento di determinati obiettivi con piena discrezionalità in merito ai tempi, luoghi e modalità della prestazione.
Caratteristiche fondamentali quindi del lavoratore autonomo sono l'autonomia della realizzazione del lavoro ed il rischio di impresa; il lavoratore autonomo lavora di regola sulla base di un contratto d'opera ai sensi dell'art. 2222cc che definisce la natura personale del contratto. Spicca quindi la particolare autonomia che caratterizza tale prestazione di lavoro, non soggetta al potere direttivo.
Attualmente nel nostro Paese si osserva una crescente frammentazione del tessuto produttivo con un numero sempre maggiore di piccole e piccolissime imprese e di lavoratori autonomi che, nel settore edile, costituiscono gran parte della forza lavoro; questi ultimi, peraltro, sono spesso inquadrati solo formalmente come autonomi ma in realtà inseriti di fatto come dipendenti all'interno dell'organizzazione del cantiere, anelli deboli di una catena di appalti e subappalti che diluiscono le responsabilità nella esasperata ricerca del contenimento dei costi.
A questa realtà sociale si deve prestare una particolare attenzione sia dal punto di vista socio-economico sia per le ripercussioni sulla salute dei lavoratori, stante l'elevato numero di infortuni e malattie lavoro-correlate che si continuano a registrare. Le norme vigenti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro fino all'entrata in vigore del decreto legislativo 81/2008 non prevedevano particolari forme di tutela per i lavoratori autonomi; oggi la tutela è estesa anche a questi lavoratori ed ai collaboratori familiari (art. 21) ma solo in termini di obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione individuali e di uso di attrezzature sicure e conformi alle norme vigenti, mentre è facoltativo avvalersi della sorveglianza sanitaria e della formazione. Vista la carenza di specifiche forme di tutela per i lavoratori autonomi il Consiglio dell'Unione Europea con la Raccomandazione UE n. 134/2003 invitava gli Stati membri a promuovere la salute e la sicurezza dei lavoratori autonomi nel contesto delle politiche di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, individuando tra i settori ad “alto rischio” l'edilizia, sia per il numero elevato dei lavoratori autonomi presenti (muratori, idraulici, elettricisti, piastrellisti ecc..) sia per la maggior esposizione ai rischi in relazione allo svolgimento del loro lavoro.
A tal proposito si segnala il progetto “Sviluppo di programmi e di attività per la promozione della salute e la prevenzione nei luoghi di lavoro per i lavoratori autonomi” finanziato nel 2007 dal Ministero della Salute che ha visto la collaborazione delle Aziende Sanitarie di Pisa, in qualità di capofila del progetto, Bari, Benevento, Verona, Latina e Chivasso ed i cui risultati sono stati presentati nel mese di giugno 2011 in un seminario dedicato. Obiettivi del progetto sono stati:
l'adozione di strumenti adeguati per favorire una corretta analisi del rischio in modo da adottare le misure di prevenzione e protezione adeguate;
la realizzazione di una specifica cartella sanitaria e di rischio per il lavoratore autonomo;
la costruzione di una specifica sezione del sistema informativo nazionale della prevenzione con finalità di supporto e aggiornamento scientifico alle associazioni e ai medici competenti.
Inoltre, nell'ambito del Comitato Tecnico Interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro, in considerazione della frequenza con la quale durante lo svolgimento dell'attività di vigilanza i tecnici delle aziende sanitarie si trovano a valutare contesti lavorativi nei quali sono coinvolti più lavoratori autonomi, si è sentita l'esigenza di codificare le varie situazioni in cui spesso questi lavoratori si trovano ad operare.
Infatti, a motivo delle diversità territoriali, culturali ed operative, nelle varie Regioni si riscontra una disomogeneità di comportamenti, dovuta anche a differenze nel numero e nella qualificazione professionale delle risorse a disposizione da parte degli Enti preposti alla vigilanza. Considerando inoltre che tra gli obiettivi del Piano nazionale di Prevenzione in Edilizia attuativo delle disposizioni contenute nel “Patto per la tutela della salute e la prevenzione nei luoghi di lavoro”(DPCM 17.12.2007) vi è il potenziamento dell'attività di vigilanza congiunta tra ASL e altri soggetti titolari di funzioni di vigilanza, Direzione Regionale del lavoro, INAIL e INPS, in modo da integrare il controllo dell'osservanza della normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro con quella afferente alla disciplina della regolarità dei rapporti di lavoro, si è ritenuto quanto mai opportuno agire per uniformare le attività di accertamento, schematizzando le possibili situazioni regolari e diversamente proponendo le eventuali azioni correttive da intraprendere.
La figura del “Lavoratore autonomo” operante nel settore dell'edilizia è stata dibattuta sin dalla sua più prima, importante apparizione, avutasi all'interno del d.lgs. n.494/96 il quale, recependo la direttiva comunitaria 92/57/CEE del 24 giugno 1992, traduceva il composito “self employed person” in “lavoratore autonomo”.
La definizione di LAVORATORE AUTONOMO è frutto del recepimento delle direttive comunitarie La stessa direttiva comunitaria – denominata DIRETTIVA CANTIERI – si limitava a definire questo soggetto solo per effetto di esclusioni, individuandolo, dunque, in “qualsiasi persona diversa da quelle di cui all'articolo 3, lettere a) e b), della direttiva 89/391/CEE, la cui attività professionale concorre alla realizzazione dell'opera”. (“means any person other than those referred to in Article 3 (a) and (b) of Directive 89/391/EEC whose professional activity contributes to the completion of a project”).
” La direttiva citata, la 89/391/CEE, si limitava, infatti, ad individuare i soggetti imprenditoriali più emblematici, quali il “datore di lavoro” ed il “lavoratore”, lasciando ad una nebulosa e controversa aleatorietà la figura del lavoratore “imprenditore di sé stesso”.
In un paese, quale l'Italia, in cui l'attività produttiva era (ed è) fortemente imperniata sull'operosità di piccoli e medi soggetti imprenditoriali, le limitazioni e le restrizioni imposte dalle norme di derivazione comunitaria destarono non poche perplessità .
Il mercato produttivo edile di quell'epoca, infatti, trovava fondamento sulla consolidata esperienza di “artigiani”, legittimati ad operare sia da professionisti autosufficienti che, ove necessario, da soggetti produttivi, i quali, in virtù della incontestabile esperienza e professionalità , venivano arruolati dalle imprese in qualità di mastri e, dunque, quali esempi da imitare e copiare, per assoluta dedizione ed abnegazione al lavoro.
Il LAVORATORE AUTONOMO in edilizia non è più l'artigiano “mercenario” che ha caratterizzato la piccola e media imprenditoria degli anni '70 e '80.
Se da un lato, però, queste incondizionate duttilità e mobilità contribuivano alla crescita del settore edile, recavano, dall'altro, il germe dell'imprevedibilità sui fenomeni infortunistici che, in alcuni frangenti, assumevano la connotazione di vere e proprie “stragi”.
L'avvento di copiose direttive comunitarie, intese a regolamentare il mercato anche nel rispetto dell'incolumità del lavoratore, non potevano prescindere, dunque, dal creare sensibili restrizioni, le quali andavano a riferirsi, principalmente, alle figure imprenditoriali meno strutturate e, pertanto, meno coinvolte dai “classici” sistemi di garanzia e tutela della sicurezza.
Il “lavoratore autonomo” si ritrovò, per la prima volta, ad essere coinvolto in un sistema cautelare e garantista che, inevitabilmente, ne ha limitato il campo d'azione inserendolo, in maniera a volte eccessivamente residuale, in un innovativo quadro di gestione delle responsabilità del cantiere.