Modello organizzativo ex d.lgs. 231/2001: chi lo deve avere
Il d. lgs. 231/2001, come noto, introduce la responsabilità amministrativa degli enti. Ma chi sono gli enti che possono incorrere nell'ambito applicativo della norma? Chi può opportunamente ritenere di dotarsi del Modello organizzativo quale” strumento di tutela?
Una premessa è opportuna: non esiste alcun tipo di obbligo normativo di adozione del Modello di gestione, organizzazione e controllo. Il Modello è uno strumento che il legislatore ha fornito in via facoltativa agli enti per poter evitare l'eventuale responsabilità amministrativa.Tuttavia non si può non ricordare che tale documento, qualora efficacemente adottato e attuato, rappresenti l'unica possibile tutela.
Ma chi sono gli enti?
La scelta terminologica da parte del legislatore non è per nulla casuale e rende chiare quelle che furono, sin dalla legge delega 300/2000, le finalità normative. Tale dicitura, infatti, è connotata di un carattere generale e gode della capacità di includere una vastissima pluralità di soggetti.
La norma, senza dare una definizione delimitativa, chiarisce che le disposizioni del decreto si applicano agli enti che siano forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica. L'ampio respiro fornito dalla norma fa sì che rientrino nel novero dei destinatari le associazioni, le fondazioni, altre istituzioni di carattere privato che non abbiano come scopo lo svolgimento di attività economica, le società , siano esse di capitali o di persone, le cooperative, i consorzi e ogni soggetto collettivo privato.
Ne sono esclusi, invece, per esplicito dettato normativo, lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici nonché gli enti che svolgono attività di rilievo costituzionale.
Le imprese individuali
La norma, come si è visto, chiarisce in maniera puntuale i soggetti esclusi e inclusi, lasciando tuttavia un'incertezza molto rilevante: il ruolo delle imprese individuali. Dibattuto, a livello giurisprudenziale e dottrinale, è il richiamo ex d.lgs. 231/2001 alle realtà imprenditoriali unipersonali.
La normativa, secondo la giurisprudenza prevalente, con il termine enti, non parrebbe comprendere realtà economiche individuali. Il termine evocherebbe realtà pluripersonali, così come l'intento del legislatore, volto a colpire soggetti a struttura organizzata e complessa per ragioni di politica criminale (si veda, tra tutte, Cass., sez. VI, 22 aprile 2012 n.18941). Sarebbero, pertanto, da ritenersi escluse tutte quelle realtà unipersonali, che non risponderebbe correttamente alle finalità della norma e alla definizione stessa di enti.
Tuttavia, la Cassazione, in altra pronuncia, aveva dimostrato apertura all'inclusione delle imprese individuali dal momento che (Cass., sez. III, 20 aprile 2011 n. 15657)”l'impresa individuale ben può assimilarsi ad una persona giuridica nella quale viene a confondersi la persona dell'imprenditore quale soggetto fisico che esercita una determinata attività “. La non menzione, a livello normativo, delle imprese individuali, del resto, suffragherebbe l'inclusione anche di tali realtà , non certo la loro esclusione dall'ambito applicativo della norma. Tanto più che sovente, le imprese individuali risultano organizzazioni a struttura complessa che prescindono dal sistematico intervento decisionale del titolare.
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