Covid-19 e industria alimentare

Il nuovo numero di Dati Inail, mensile curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, è dedicato all’industria alimentare, un ambito produttivo che ha resistito agli effetti depressivi dell’emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus perché, rientrando tra quelli considerati essenziali, non ha subito chiusure o restrizioni.

Alla data dello scorso 31 marzo, le denunce di infortunio sul lavoro da Covid-19 relative a questo settore, in cui l’Inail ha contato nel 2019 circa 45mila aziende assicurate con quasi 400mila addetti, concentrati per oltre un terzo nella produzione di prodotti da forno e a seguire nell’industria lattiero-casearia, nella lavorazione di carni e nella produzione di altri prodotti alimentari come zucchero, tè e caffè, sono state 1.227, tra cui 10 decessi.

Un terzo delle denunce concentrato in novembre. Dopo il picco rilevato nell’aprile 2020, con poco più del 7% dei contagi sul lavoro da Covid-19 denunciati all’Inail, l’industria alimentare ha toccato il 12% dei casi nel mese di agosto, in corrispondenza di alcuni focolai che hanno interessato, in particolare, la trasformazione delle carni.

Diversi studi internazionali, infatti, hanno dimostrato che le condizioni legate a questo tipo di lavorazioni, in particolare la fase di macellazione e sezionamento, hanno favorito l’insorgenza di focolai in impianti di grandi dimensioni.

Ad avere l’impatto maggiore è stata però la seconda ondata delle infezioni, che ha raggiunto il suo apice in novembre, nel quale si è concentrato un terzo di tutte le denunce del settore.

Circa il 60% dei casi ricade nel trimestre ottobre-dicembre 2020, mentre i primi tre mesi di quest’anno si sono caratterizzati per un forte ridimensionamento del fenomeno.

Poco più della metà dei contagiati sono donne. Considerando le varie tipologie di lavorazione, dall’analisi della Consulenza statistico attuariale emerge che poco meno del 60% dei contagi professionali riguardano l’industria lattiero-casearia, seguita dal’industria della lavorazione delle carni (22%), dalla lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi (11%) e dai prodotti da forno (7%).

La componente femminile conta il 53,1% delle denunce del comparto, percentuale inferiore rispetto a quanto osservato sul totale delle infezioni di origine professionale (69,3%).

L’età media dei contagiati è di 47 anni e la classe di età più colpita è quella compresa tra i 50 e i 64 anni, con il 45,7% dei casi, seguita dalle fasce 35-49 anni (40,8%), under 35 (12,6%) e over 64 (sotto l’1%). Le categorie più colpite sono quelle degli artigiani e operai specializzati delle lavorazioni alimentari e, in particolare, i macellatori, con poco meno di 200 denunce da inizio pandemia.

Nel 2020 gli infortuni sul lavoro in calo del 14% rispetto al -27% del manifatturiero. Allargando l’osservazione all’insieme degli infortuni sul lavoro, nel quinquennio 2015-2019 l’andamento delle denunce è stato moderatamente crescente fino al 2019, quando si è registrato un calo del 2% rispetto all’anno precedente. I primi dati provvisori del 2020, segnato dalla pandemia, indicano una consistente flessione (-14%), con i casi denunciati che si fermano a circa novemila.

Si tratta, però, di una flessione molto meno marcata, in termini percentuali, rispetto a tutti gli altri settori del comparto manifatturiero (-27%) che, a differenza dell’industria alimentare, hanno sofferto per le politiche di lockdown.

Nel quinquennio per cui sono disponibili informazioni consolidate, in media il 15% delle denunce ha riguardato infortuni “in itinere”, avvenuti cioè nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro, il 31% lavoratrici e il 40% la fascia di età 35-49 anni, seguita dagli under 35 (30%), dai 50-64enni (29%) e dagli over 64 (1%). Dal punto di vista territoriale il maggior numero di denunce (42%) è concentrato nel Nord-Est, seguito da Nord-Ovest (29%), Sud (13%), Centro (12%) e Isole (4%).

fonte INAIL.IT

Rifiuti sicurezza e infortuni

Problematiche di sicurezza e dinamiche infortunistiche nel settore rifiuti

Nell’Unione europea ogni anno si usano quasi 16 tonnellate di materie pro capite, di cui 6 si trasformano in rifiuti, la metà dei quali finiscono in discarica, e una parte è destinata al recupero tramite il riutilizzo e il riciclo.

La scheda riporta l’analisi dei dati infortunistici registrati nel settore con lo scopo di fornire un quadro più ampio possibile per facilitare le azioni di riduzione e gestione del rischio.

Le informazioni ricavabili dai cosiddetti Flussi informativi Inail-Regioni consentono una disamina quantitativa del fenomeno e delle modalità di accadimento.

Nell’ultimo quinquennio disponibile i casi effettivamente riconosciuti dall’Inail come infortuni occorsi in occasione di lavoro (con l’esclusione di quelli in itinere) ammontano a più di 36 mila nel comparto dei rifiuti, inteso come somma dei settori Ateco ‘38’ (Raccolta, trattamento, smaltimento di rifi uti e recupero di materiali), ‘39’ (Rimozione di amianto ed altri risanamenti) e ‘46.77.101’ (Commercio all’ingrosso di rottami metallici).

Tale numero corrisponde a più del 2% di tutti gli infortuni riconosciuti, per un comparto con 151 mila addetti. La frequenza infortunistica media (2014 – 2017) registrata per mille addetti nelle attività economiche oggetto di analisi è pari a 51,0 per Raccolta, trattamento, smaltimento di rifiuti e recupero di materiali, 31,4 per Rimozione di amianto ed altri risanamenti, 25,9 per Commercio all’ingrosso di rottami metallici rispetto al dato per l’insieme Industria e servizi che risulta essere 17,2.

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La distribuzione dei fattori di rischio secondo la categoria di appartenenza evidenzia il maggior contributo nel comparto rifiuti delle procedure di terzi (15,0%) rispetto al complesso degli infortuni mortali in banca dati (9,7%).

Questo dato è riconducibile a scorrette modalità operative nella gestione del rischio di interferenza tra mezzi/attrezzature/uomo/lavorazioni nelle varie fasi del ciclo.

La distribuzione dei fattori di rischio secondo la categoria di appartenenza
 

Infortuni in agricoltura Covid e tecnologica

infortuni in agricoltura tra effetto Covid e innovazione tecnologica

Infortuni, agricoltura e Covid

ANDAMENTO DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

Dall’analisi condotta dalla Consulenza statistico attuariale sugli open data mensili dell’Istituto emerge un calo del 19,6% delle denunce registrate nel 2020 rispetto all’anno precedente in questo comparto, che occupa oltre 900mila lavoratori e contribuisce per il 2,2% al valore aggiunto prodotto dall’economia italiana

Nei primi giorni di quest’anno è stato avviato dall’Istat il settimo Censimento Nazionale
dell’Agricoltura, che aggiornerà moltissimi dati strutturali e di flusso riguardo le aziende del comparto, gli addetti, i macchinari, l’uso e la produzione di energia rinnovabile e molto altro ancora; i risultati saranno rilasciati presumibilmente nel corso del 2022.

L’anno 2020 è stato un anno particolarmente difficile anche per il settore economico delle attività agricole, forestali, di allevamento e pesca.

L’Istituto di statistica ci informa, infatti che la produzione totale agricola è diminuita del 3,3% in volume, il valore aggiunto è diminuito del 6,0% a 31,3 miliardi di euro (l’Italia è comunque al primo posto nella UE27, davanti ai 30,2 miliardi della Francia e ai 29,3 miliardi della Spagna) e le unità di lavoro annue standard utilizzate sono diminuite del 2,3%, mentre le ore lavorate hanno mostrato una contrazione del 2,6%.

Per quanto riguarda la produzione, un calo particolarmente pronunciato si è verificato nella produzione di olio (-18%, dopo il +32% del 2019) mentre quella di vino ha mostrato solo un modesto declino di quasi due punti percentuali (-1,9%).

In pesante difficoltà le attività secondarie non agricole, come ad esempio l’attività di ospitalità in agriturismi o la cura di parchi e giardini, diminuite del 18,9%, ma anche la produzione florovivaistica, scesa di otto punti percentuali.

Nel comparto zootecnico la produzione invece è leggermente aumentata (+0,3%). Un buon aumento si è registrato per la produzione di patate (+5,2%).

Per quanto riguarda invece l’occupazione, oltre ai dati già ricordati delle Ula e delle ore lavorate, tratti dalla Contabilità Nazionale, secondo la Rilevazione Continua delle Forze di Lavoro.

Si può notare che, mentre nel complesso dell’economia il numero di occupati è diminuito di due punti percentuali (456mila in meno), nel comparto in esame tale numero ha evidenziato addirittura un modesto incremento (+0,4%), passando dalle 909 migliaia del 2019 alle 912 migliaia del 2020.

Questo numero rappresenta il 4% del totale degli occupati, che ammonta a 22.904 migliaia.

Nel comparto agricolo, un occupato su quattro è donna, mentre poco più di uno su due ha una posizione professionale da dipendente. Rispetto al 2019 gli occupati dipendenti sono aumentati del 2,7%, mentre quelli indipendenti sono diminuiti del 2,3%.

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infortuni sul lavoro e pandemia

gli infortuni sul lavoro nell’anno della pandemia

L’analisi condotta dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto sugli Open data rilevati al 31 dicembre conferma l’impatto dell’emergenza Coronavirus sull’andamento infortunistico in Italia nel 2020. Il calo delle denunce è pari al 13,6%, ma i casi mortali sono 1.270, 181 in più rispetto ai 1.089 del 2019 (+16,6%). A fronte di una riduzione dei decessi in itinere del 30,1%, quelli avvenuti in occasione di lavoro sono infatti aumentati di oltre un terzo (+34,9%).

Sono 554.340 gli infortuni sul lavoro denunciati all’Inail nel 2020, in calo del 13,6% rispetto ai 641.638 dell’anno precedente, e 1.270 quelli con esito mortale, 181 in più rispetto ai 1.089 del 2019 (+16,6%). Se i decessi in itinere, occorsi cioè nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, sono diminuiti di quasi un terzo, da 306 a 214 (-30,1%), quelli in occasione di lavoro sono invece aumentati del 34,9%, da 783 a 1.056.

Quasi un quarto delle denunce e circa un terzo dei decessi sono dovuti al virus. È questa, in sintesi, la fotografia scattata lo scorso 31 dicembre dagli Open data dell’Istituto, la cui analisi è al centro del nuovo numero di Dati Inail, mensile curato dalla Consulenza statistico attuariale, che conferma l’impatto dell’emergenza Coronavirus sull’andamento infortunistico nel nostro Paese.

Quasi un quarto del totale delle denunce e circa un terzo dei casi mortali sono dovuti, infatti, al contagio da Covid-19 che l’Istituto inquadra, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro, equiparandone la causa virulenta a quella violenta tipica proprio degli eventi infortunistici, come avviene anche per altre affezioni morbose (Aids, malaria, tubercolosi, tetano, epatiti virali, ecc.).

Dopo la flessione dei primi nove mesi nell’ultimo trimestre +9,1%. A influenzare la flessione degli infortuni denunciati è stato solo l’andamento registrato nei primi nove mesi del 2020 (-21,6% rispetto all’analogo periodo del 2019), mentre nell’ultimo trimestre le denunce sono aumentate del 9,1% rispetto all’analogo trimestre dell’anno precedente.

I dati rilevati al 31 dicembre di ciascun anno evidenziano, in particolare, un decremento sia dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 540.733 a 492.123 (-9,0%), sia di quelli in itinere, che registrano un calo percentuale più sostenuto, da 100.905 a 62.217 (-38,3%). Se per gli infortuni in itinere il segno è rimasto negativo sia nei primi tre trimestri (-37,1%) che nell’ultimo (-42,2%), per quelli in occasione di lavoro si è passati, invece, dal -18,6% del periodo gennaio-settembre al +18,0% di quello ottobre-dicembre.

La diminuzione riguarda tutte le gestioni. Il numero degli infortuni sul lavoro denunciati nel 2020 è diminuito del 2,8% nella gestione Industria e servizi (dai 501.496 casi del 2019 ai 487.369 del 2020), del 19,6% in Agricoltura (da 32.692 a 26.287) e del 62,1% nel conto Stato (da 107.450 a 40.684).

L’analisi di periodo conferma decrementi per tutte e tre le gestioni nel saldo complessivo dei primi tre trimestri, mentre nell’ultimo trimestre dell’anno l’Industria e servizi presenta un segno positivo (+31,1%), sintesi di un +45,6% per gli infortuni avvenuti in occasione di lavoro e di un -40,7% per quelli in itinere.

Nella Sanità e assistenza sociale i casi si sono triplicati. Tra i settori economici della gestione Industria e servizi, quello della Sanità e assistenza sociale si distingue per il forte incremento delle denunce di infortunio in occasione di lavoro, che in quasi i tre quarti dei casi hanno riguardato il contagio da Coronavirus.

L’aumento è del +206% su base annua (dai circa 27.500 casi del 2019 agli oltre 84mila del 2020), con punte superiori al +750% a novembre e tra il +400% e il +500% a marzo, aprile, ottobre e dicembre, nel confronto con i mesi dell’anno precedente. Solo a gennaio e nel periodo estivo sono stati rilevati decrementi compresi in un intervallo tra il -5% e il -17%.

A livello territoriale incrementi in Valle d’Aosta, Piemonte e Provincia autonoma di Trento.  Dall’analisi territoriale emerge, invece, un calo degli infortuni denunciati in tutte le aree del Paese. Questa flessione risulta, però, decisamente più contenuta nel Nord-Ovest (-4,1%) e più accentuata al Centro (-19,3%), nelle Isole (-18,8%), al Sud (-17,3%) e nel Nord-Est (-16,5%). Le Regioni con il minor decremento annuale sono la Lombardia (-6,3%), la Campania (-6,8%) e la Liguria (-8,2%), mentre quelle con decrementi maggiori sono la Calabria (-27,7%), l’Umbria (-25,2%) e il Molise (-24,8%).

Gli unici incrementi rispetto al 2019 sono quelli rilevati in Valle d’Aosta (+16,7%), Piemonte (+2,9%) e Provincia autonoma di Trento (+0,9%), mentre concentrando l’attenzione sull’ultimo trimestre del 2020 spiccano gli incrementi di Valle d’Aosta (+85,6%), Campania (+56,8%) e Piemonte (+43,6%).

La riduzione è legata solo alla componente maschile (-22,1%), per le lavoratrici +1,7%. La flessione che emerge dal confronto del 2019 e del 2020 è legata esclusivamente alla componente maschile, che registra un calo del 22,1% (da 411.773 a 320.609 denunce), mentre quella femminile presenta un +1,7% (da 229.865 a 233.731).

Per i lavoratori il calo si è registrato in tutti i mesi del 2020, mentre per le lavoratrici i primi incrementi si erano già registrati a marzo (+23,8%) e ad aprile (+2,4%), amplificandosi negli ultimi tre mesi dell’anno (+45,2%). Tra gennaio e dicembre la diminuzione delle denunce ha interessato sia i lavoratori italiani (-14,3%), sia quelli comunitari (-4,5%) ed extracomunitari (-11,9%), con cali percentuali più sostenuti nel mese di maggio (rispettivamente -52%, -38% e -41%) e incrementi, invece, nel periodo ottobre-dicembre (+9,4%, +26,0% e +2,4%). Dall’analisi per classi di età emergono decrementi generalizzati (più contenuti per i lavoratori tra i 45-49 anni e 65-69 anni), a eccezione della fascia 50-64 anni, che presenta un aumento, contenuto su base annua (+3,2%) e più consistente nell’ultimo trimestre (+39,9%).

Il calo delle denunce di malattia professionale è del 26,6%. Le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail nel 2020 sono state 45.023, 16.287 in meno rispetto al 2019 (-26,6%). A parte gli incrementi di febbraio (+17%) e agosto (+1%), a influenzare la flessione, che ha riguardato tutte le gestioni e l’intero territorio nazionale, è stato soprattutto il numero di denunce presentate ad aprile (-87%), maggio (-69%) e marzo (-40%). Seguono i mesi di giugno (-29%), novembre (-22%), luglio (-18%), ottobre (-16%) e dicembre (-14%), mentre settembre, al pari di gennaio, ha presentato un calo superiore al 5%.

Al primo posto le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo. Le prime cinque malattie professionali denunciate continuano a essere le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (28.164 casi), del sistema nervoso (5.060), dell’orecchio (2.919), del sistema respiratorio (1.808) e dei tumori (1.584). In ottica di genere emerge una flessione di 11.705 denunce di malattia professionale per i lavoratori, da 44.656 a 32.951 (-26,2%), e di 4.582 per le lavoratrici, da 16.654 a 12.072 (-27,5%). Il decremento ha interessato sia le denunce dei lavoratori italiani (passate da 56.993 a 41.882, pari a un calo del 26,5%), sia quelle di comunitari (da 1.452 a 1.052, -27,5%) ed extracomunitari (da 2.865 a 2.089, -27,1%).

  • Gennaio 2021
  • Gli Open data mensili del 2020 – Infortuni sul lavoro nell’anno della pandemia – Infortuni mortali sul lavoro: i dati del 2020 influenzati dal Covid-19 – Le malattie professionali del 2020
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