Infortuni
Il bilancio infortunistico per l'anno 2007 si presenta statisticamente più favorevole rispetto a quello dell'anno precedente, sia per l'andamento generale del fenomeno, sia soprattutto per quel che riguarda gli infortuni mortali; risultano infatti pervenute all'INAIL, alla data di rilevazione ufficiale del 30 aprile 2008, 912.615 denunce di infortuni avvenuti nel corso dell'anno 2007; in pratica circa 15.500 casi in meno rispetto al 2006, con una flessione di 1,7 punti percentuali, superiore al -1,3% che si era registrato nel 2006.
Per quanto riguarda gli infortuni mortali nel 2007 risultano denunciati all'INAIL 1.170 casi, contro i 1.341 del 2006, con un calo complessivo di circa il 10% (il dato di 1.170 è ancora provvisorio: il definitivo è stimato pari a circa 1.210 casi).
Ampliando ora l'osservazione al periodo 2001-2007 si osserva che conferma il tendenziale andamento decrescente del fenomeno infortunistico, con una contrazione dei casi denunciati tra il 2001 e il 2007 pari complessivamente al 10,8%, con un tasso medio annuo di variazione pari a -1,8%. Per ramo di attività, alle sensibili costanti diminuzioni nell'Agricoltura (-29% nel settennio) e nell'Industria (-19,8%), fa da controaltare un lieve aumento delle denunce di infortunio nei Servizi (+2,7%), complice anche il sostenuto aumento occupazionale registrato dall'ISTAT per questo settore nel periodo considerato (+9,6%).
Rapportando i numeri degli infortuni a quelli dei lavoratori occupati segnalati dall'ISTAT, traducendo quindi i valori assoluti infortunistici in termini relativi, si osserva che a fronte di un aumento occupazionale complessivo del 7,5% nel periodo 2001-2007, assume maggior significato anche il calo degli infortuni nello stesso periodo misurato in termini relativi. I casi di infortunio, passati da 1.023.000 circa del 2001 a 913.000 nel 2007 (oltre 110mila infortunati in meno) fanno registrare, come già detto, una flessione del 10,8% in valori assoluti; in termini relativi, tale calo sale al 17,1%, segnando un più sostenuto e sostanziale miglioramento del fenomeno infortunistico.
Scendendo a livello di singolo ramo di attività, è l'Industria a far registrare il risultato migliore nel settennio con l'indice di incidenza diminuito del 24% rispetto al 2001, seguita dall'Agricoltura con -21,7% e dai Servizi che, in termini relativi appunto, vedono trasformare il segno positivo osservato nei valori assoluti (+2,7%), in segno negativo, ovvero una contrazione, pari a -6,3%, sempre rispetto al 2001.
1.2 Infortuni mortali
Sulla scia di una tendenza storica del calo degli infortuni mortali fin dai primi anni '60 (quando si contavano oltre 4.500 morti l'anno), si assiste, dal 2001 al 2007, ad una ulteriore flessione di oltre il 20% in valori assoluti e di circa il 30% in termini relativi. Il calo è stato sostenuto e continuo dal 2001 (1.546 casi) fino al 2005 (1.280 casi) per interrompersi a causa di un improvviso quanto imprevisto rialzo nel 2006 (1.341). Fortunatamente il dato 2007 (1.170 casi), ancorchè provvisorio, indica una forte ripresa della riduzione degli eventi mortali, che, si prevede, si attesteranno intorno alle 1.210 unità, su livelli cioè sensibilmente inferiori anche rispetto al 2005, anno che aveva fatto registrare il minimo storico con un valore al di sotto, per la prima volta dal dopoguerra, dei 1.300 casi. Il calo dei morti sul lavoro registrato tra il 2001 e il 2007, risulta peraltro molto sostenuto in tutti e tre i grandi rami di attività economica, sia in termini assoluti che relativi.
2.1 Gli infortuni sulla strada
Gli infortuni stradali rappresentano una quota sempre più consistente dell'intero fenomeno infortunistico. Nel 2007 se ne sono verificati circa 132.500 pari al 14,5% del complesso degli infortuni; per la maggior parte si tratta di infortuni in itinere (circa 80.500).
Se si sale, però, nella scala di gravità degli infortuni si rileva come la quota di infortuni cosiddetti gravi che avvengono sulla strada, rappresenta circa il 21% del totale; la percentuale sale addirittura ad oltre la metà (52,1% nel 2007) se ci si riferisce agli infortuni mortali. In questo caso sono prevalenti i casi occorsi in occasione di lavoro, rispetto a quelli in itinere, a testimonianza anche della grande pericolosità delle attività di autotrasporto merci nel nostro Paese.
2.2 I lavoratori stranieri
Gli stranieri assicurati all'INAIL nel 2007 sono quasi tre milioni (2.985.851), in crescita del 19,5% rispetto all'anno precedente e del 36,9% rispetto al 2003.
L'incremento si riflette anche sugli infortuni sul lavoro in crescita dell'8,7% rispetto all'anno precedente (oltre 140mila denunce contro le 129mila del 2006), in una progressione sensibilmente in controtendenza rispetto all'andamento infortunistico generale. La percentuale di infortuni attribuibili a lavoratori stranieri sul totale dei lavoratori ha ormai superato il 15%. In particolare l'aumento è stato considerevole tra i migranti dei Paesi U.E. (quasi il 150% in più), dovuto all'ingresso dal 1 gennaio 2007 di Romania e Bulgaria nella Comunità Europea; per lo stesso motivo si registra una diminuzione degli infortuni tra i lavoratori provenienti dai Paesi extra U.E. (-6,7%).
Per quanto riguarda le denunce mortali c'è da aggiungere che quelle degli stranieri rappresentano poco meno del 15% delle complessive ma l'entrata della Romania tra i Paesi comunitari, che notoriamente detiene il primato per i casi mortali, ha portato la quota dei Paesi dell'Unione a crescere di oltre due volte e mezzo e la quota dei Paesi extracomunitari a diminuire di oltre il 20%.
Una quota consistente di infortuni si concentra in attività di tipo industriale. Al primo posto il settore Costruzioni che registra oltre 20mila denunce l'anno pari al 14,5% del complesso di tutti gli infortuni afferenti agli stranieri. In questo settore è elevato anche il numero delle morti (sebbene in flessione nel triennio) con 39 casi nel 2007, quasi 1 decesso su 4 dell'Industria e Servizi.
Importante anche il dato relativo al Personale addetto ai servizi domestici: nel 2007 sono stati 2.062 i casi di infortunio tra gli stranieri, con un aumento del 24% rispetto al 2005. In generale oltre il 70% di tutti gli infortuni del comparto riguardano i lavoratori stranieri.
Marocco, Romania e Albania sono i Paesi che ogni anno pagano il maggior tributo in termini di infortuni, totalizzando il 40% delle denunce e il 47% dei casi mortali.
In particolare la Romania con quasi 18mila casi si pone al secondo posto (dopo il Marocco) nella graduatoria delle denunce e al primo di quella relativa ai casi mortali, con 41 morti bianche nel 2007, vale a dire che 1 decesso su 4 tra gli stranieri riguarda un lavoratore rumeno. Inoltre tra i rumeni deceduti 1 su 3 era muratore. Interessanti sono i casi della Cina, della Moldavia e delle Filippine che, pur non figurando nella graduatoria dei Paesi con più alto numero di infortuni, compaiono, invece, in quella dei casi mortali avendo denunciato 4 e 3 decessi nel 2007.
2.3 La frequenza d'infortunio
Per esprimere il rapporto tra infortuni avvenuti in occasione di lavoro e forza lavoro, l'INAIL elabora gli “indici di frequenza” utilizzando rigorosi criteri statistici.
L'analisi dell'ultimo triennio consolidato fa registrare a livello nazionale un indice pari a 30,79: questo significa che mediamente vengono denunciati 30 infortuni ogni 1.000 addetti. Rispetto al precedente triennio si registra una diminuzione di circa il 4%, a conferma dell'andamento riflessivo che il fenomeno mostra già da diversi anni.
Esaminando la distribuzione dei dati disaggregati per regione, in termini di valori assoluti la regione al primo posto per numero di infortuni è la Lombardia, ma, in termini relativi, quella con maggiore frequenza di accadimento è l'Umbria, per cui l'indice supera quello medio nazionale di quasi il 47%. Nella graduatoria segue in seconda posizione il Friuli Venezia Giulia, con un indice superiore quasi del 42% rispetto alla media nazionale. In fondo alla graduatoria troviamo la Sicilia, la Campania e il Lazio.
Per l'ultima regione menzionata occorre ricordare la presenza significativa, soprattutto a Roma, di uffici della pubblica amministrazione centrale e di un numero elevato di imprese operanti nei servizi e nel terziario avanzato, settori impiegatizi a basso rischio infortunistico.
In Umbria, invece, il tessuto produttivo è caratterizzato da aziende per la maggior parte di piccole dimensioni e a carattere artigianale e da un maggior peso dei settori delle Costruzioni edili e delle Lavorazioni di materiali per l'edilizia e produzione di ceramica, tradizionalmente ad alta rischiosità.
In Friuli Venezia Giulia si registra un elevato numero di lavoratori extracomunitari e un forte peso delle industrie della Lavorazione dei Metalli e del Legno, che sono tra le più rischiose del comparto manifatturiero.
Passando all'analisi dei singoli settori di attività economica, si può affermare che, confermando una tendenza ormai consolidata, i settori con indice di frequenza di gran lunga più elevato sono: la Lavorazione dei Metalli (acciaio e ferro, tubi, strutture, utensili, etc…), la Lavorazione dei Minerali non metalliferi (vetro, piastrelle, cemento, ceramica, etc…), la Lavorazione del Legno e le Costruzioni.
Sono queste produzioni industriali caratterizzate da un imprescindibile intervento manuale del lavoratore in fasi del processo produttivo in cui numerosi sono i momenti di contatto tra lavoratore e fattore di rischio proprio dell'ambiente di lavoro (strumenti, macchinari, materiali, scarti della lavorazione, polveri e schegge, alte temperature, etc…).
2.4 Ripetitività degli infortuni e dimensione aziendale
Nel 2006 le aziende che non hanno subito alcun infortunio nel corso dell'anno sono la stragrande maggioranza: ben il 92,4% del totale (quasi 3,5 milioni di aziende su un totale di oltre 3,7 milioni); per contro quelle che denunciano almeno un infortunio nell'anno ammontano appena al 7,6% del totale (280 mila aziende circa).
Di queste, il 5,4% denuncia un solo infortunio nell'anno; la percentuale decresce poi al crescere del numero degli infortuni: l' 1,1% delle aziende è colpito da 2 infortuni, lo 0,4% da 3 infortuni, lo 0,2% da 4 infortuni e così a seguire, anche se la classe seguente, “5 infortuni ed oltre”, essendo accorpata, sembra risalire allo 0,5% (ma la serie continuerebbe a decrescere se ci si riferisse a valori unitari di infortuni).
La lettura del fenomeno in termini di numero di eventi infortunistici mette in evidenza, quale aspetto più significativo, come degli 836 mila infortuni denunciati nel 2006 dalle aziende dell'Industria e Servizi, più della metà, 477 mila infortuni (pari al 57% del totale) si concentrano in sole 18 mila aziende. Si tratta, in pratica, di quelle 18 mila aziende che hanno denunciato almeno 5 infortuni nell'anno, con una media annua superiore ai 26 casi per azienda. In complesso, la media annua generale è pari a 0,22 infortuni per azienda.
Già operando una prima distinzione fra aziende artigiane e aziende industriali, si riscontra che le aziende che non subiscono alcun infortunio nell'anno sono percentualmente superiori fra le artigiane (93,0%) rispetto a quelle industriali (91,9%); e questo vale anche per il caso di un solo infortunio denunciato (5,8% per le artigiane e 5,1% per le industriali). Le percentuali si capovolgono già a partire da 2 infortuni denunciati, dove la quota di aziende industriali diventa superiore a quella delle artigiane (1,3% contro 0,9%). La forbice, tra le due tipologie di azienda, tende a crescere sensibilmente fino al massimo che si riscontra nella classe “5 infortuni e oltre” che risulta enormemente più elevato nelle aziende industriali (0,82%) rispetto a quelle artigiane (0,03%).
Naturalmente si tratta di una situazione che è chiaramente e in misura determinante influenzata dalla dimensione aziendale, che, come noto, risulta più elevata nelle aziende di tipo industriale rispetto a quelle artigianali, che il più delle volte constano del solo titolare.
Le piccole aziende (fino a 15 addetti) che non subiscono nemmeno un infortunio nell'anno costituiscono ben il 94,7% del totale, mentre per quelle di grandi dimensioni (oltre 250 addetti) la percentuale scende al 4,6% (in pratica mentre per le microimprese la probabilità di subire almeno un infortunio nell'anno è statisticamente un “evento raro”, per le grandi imprese la probabilità invece è quasi certa). Ancora: la probabilità di subire almeno 5 infortuni nel corso di un anno è molto elevata (73 aziende su 100) per le grandi aziende, mentre per quelle piccole la stessa probabilità è praticamente nulla (5 aziende su 10.000).
2.5 Cause e circostanze
Per l'analisi della dinamica e della modalità di avvenimento degli infortuni, INAIL utilizza da alcuni anni un sistema di variabili adottate dagli Stati membri della U.E., in attuazione del programma di armonizzazione ESAW/3.
La variabile “deviazione”, rappresenta in pratica quell'evento, quell'azione, deviante rispetto a un normale svolgimento dell'attività lavorativa, che ha portato al fatto drammatico.
Le varie tipologie di deviazione, qui rappresentate in forma schematica e sintetizzata, indicano come nella stragrande maggioranza dei casi (oltre l'80% del totale), sia di infortuni che di morti avvenuti in occasione di lavoro (esclusi in itinere), sono riconducibili ad azioni in cui c'è stata una parte “attiva” da parte del lavoratore: si tratta, per lo più, di problemi dovuti a perdita di controllo del macchinario, mezzo di trasporto o attrezzo di lavoro che si sta manovrando, che sono causa di un terzo circa degli infortuni e di oltre il 40% delle morti. Le cadute provocano il 25% degli infortuni e il 20% circa delle morti.
2.6 – Confronti infortunistici con i Paesi U.E.
Per i raffronti tra i vari Paesi, EUROSTAT (Istituto Ufficiale di Statistica dell'Unione Europea) ha più volte espresso la raccomandazione di utilizzare esclusivamente i “tassi di incidenza standardizzati” elaborati dai tecnici EUROSTAT intervenendo sui dati assoluti con procedimenti statistici appropriati sia per finalità tecniche di armonizzazione delle diverse strutture produttive nazionali, sia per rapportarli alla corrispondente forza lavoro e sia per apportare quei correttivi di integrazione dei dati necessari per renderli più coerenti, omogenei e confrontabili.
Sulla base dei tassi di incidenza relativi agli infortuni in complesso, viene confermata, anche nel 2005 (ultimo anno reso disponibile da EUROSTAT) la favorevole posizione dell'Italia rispetto alla media europea. Il nostro Paese presenta, infatti, un indice pari a 2.900 infortuni per 100.000 occupati, al di sotto sia del valore riscontrato per Euro-Area (3.545), sia per quello della U.E. dei 15 (3.098); la graduatoria risultante dalle statistiche armonizzate, colloca l'Italia, anche per il 2005, ben al di sotto quindi di Paesi assimilabili al nostro come Spagna, Francia e Germania.
Per i casi mortali l'Italia, invece, con un indice nazionale di 2,6 decessi per 100.000 occupati, si colloca, sempre per il 2005, al di sopra del dato rilevato per i 15 Stati membri (2,3), ma praticamente in linea con quello registrato nell'Euro-Area (2,5), che comprende Paesi più omogenei al nostro sia dal punto di vista dei sistemi assicurativi, sia di quello della omogeneità e completezza dei dati.
La variazione intervenuta nel corso dell'ultimo decennio di osservazione, indica per l'Italia una diminuzione del 30,6% per gli infortuni in complesso e del 36,6% per gli infortuni mortali; tali andamenti sono in linea con quelli registrati sia nella U.E. dei 15 sia nella Euro-Area.