Bonus 200 Euro

Per ottenere l’agevolazione contro i rincari prevista dal decreto aiuti è necessario inviare un’autodichiarazione


L’agevolazione contro i rincari è prevista dal decreto aiuti e finanziata dallo Stato con 6,3 miliardi di euro. I beneficiari sono lavoratori, pensionati e disoccupati con specifici requisiti. Necessario inviare un’autodichiarazione

Il bonus 200 euro destinato ai redditi inferiori ai 35 mila euro rischia di rivelarsi meno automatico del previsto. Il contributo introdotto dal governo con il decreto aiuti e che dovrebbe essere versato nel mese di luglio in teoria è previsto che venga riconosciuto in modo automatico, ma come rilevato nei giorni scorsi dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, un ostacolo rischia di frapporsi i lavoratori e il bonus.

Per i contratti firmati dopo il mese di maggio 2022, il datore di lavoro non può essere in possesso degli elementi necessari a verificare il rispetto, da parte del lavoratore, dei requisiti che servono per l’erogazione del bonus

I Consulenti del Lavoro propongono allo scopo un fac-simile di autodichiarazione da far firmare ai dipendenti, in cui dichiarano di essere in possesso di tutti i requisiti richiesti.

Appare evidente che tale profilo potrà assumere particolari profili di criticità ove il rapporto di lavoro dovesse nel frattempo essere cessato in quanto il recupero dell’istituto verrà effettuato nei confronti del datore di lavoro per cui sarà poi quest’ultimo a dover recuperare l’indebito nei confronti dell’ex dipendente.

L’indennità di 200 euro spetta a tutti i lavoratori in possesso dei requisiti indicati in precedenza a prescindere dalla durata dell’orario di lavoro.

Pertanto, anche nel caso di lavoratore con contratto a tempo parziale, l’indennità spetterà nella misura prevista.

Requisiti:

per i lavoratrici e lavoratori domestici, avere in essere uno o più rapporti di lavoro alla data del 18 maggio 2022.
per i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa: avere contratti attivi alla data del 18 maggio 2022; essere iscritti alla Gestione separata e non essere iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie; avere un reddito derivante dai rapporti di lavoro non superiore a 35.000 euro nel 2021.
per i lavoratori stagionali, a tempo determinato e intermittenti: aver svolto prestazioni per almeno 50 giornate; avere un reddito derivante dai rapporti indicati non superiore a 35.000 euro per il 2021 (il riferimento è il reddito individuale, non familiare, e non contano gli aspetti patrimoniali).
per le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo: essere iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo; aver versato almeno 50 contributi giornalieri; avere un reddito derivante dai rapporti indicati non superiore a 35.000 euro per il 2021.
per per i lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie: essere stati titolari di contratti autonomi occasionali riconducibili alle disposizioni di cui all’articolo 2222 del codice civile; per il 2021 deve risultare l’accredito di almeno un contributo mensile; essere già iscritti alla Gestione Separata alla data del 18 maggio.
per gli incaricati alle vendite a domicilio: avere un reddito nell’anno 2021 derivante dalle attività di vendita a domicilio superiore a 5.000 euro; essere titolari di partita IVA attiva; essere iscritti alla Gestione separata alla data del 18 maggio.

Scarica documento Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.

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Messaggio n° 2397 del 13-06-2022

Piano Mirato di Prevenzione

I piani mirati di prevenzione per l’assistenza alle imprese: metodi, strumenti ed esperienze territoriali

INAIL 2022

Nella Strategia europea 2014 – 2020 sono illustrate le sfide fondamentali in materia di salute e sicurezza comuni tra tutti i paesi dell’UE.

Tale strategia ha individuato gli obiettivi e le azioni per rafforzare la capacità delle micro e piccole imprese nel mettere in atto misure per il controllo e la gestione dei rischi; migliorare la prevenzione delle malattie professionali affrontando i rischi attuali ed emergenti; far fronte al cambiamento demografico e all’impatto di questo sul mondo del lavoro.

L’approccio definito in ambito europeo si incardina nel contesto normativo italiano, dove il d.lgs. 81/2008 e il Piano nazionale di prevenzione (PNP) delineano la competenza delle istituzioni anche verso interventi che forniscano supporto alle aziende e indirizzi per le attività di prevenzione a livello regionale, locale e territoriale.

In linea con le indicazioni dei precedenti PNP, viene ribadita la necessità di sviluppare un’alleanza tra tutti gli attori coinvolti nella salute e sicurezza dei lavoratori ai fini di un’adeguata valutazione e gestione dei rischi.

Inoltre, l’attuale Piano configura il riconoscimento della salute quale processo complesso e dinamico che implica interdipendenza tra fattori e determinanti personali, socioeconomici e ambientali.

A tale scopo, si sottolinea l’importanza della collaborazione intersettoriale e della cooperazione in ambito istituzionale e scientifico attraverso la condivisione dei dati sia per le valutazioni epidemiologiche sia per la ricerca di soluzioni efficaci e la messa a punto di interventi mirati di prevenzione.

In merito all’attività di vigilanza, un chiaro obiettivo è quello di migliorarne la qualità e l’omogeneità anche attraverso l’incremento dell’utilizzo di strumenti di enforcement quali l’audit, l’adozione di programmi e accordi, le metodologie di controllo orientate a settori/rischi specifici.

In tal senso, l’approccio di tipo proattivo da parte degli organi istituzionali riconosce nel Piano mirato di prevenzione lo strumento in grado di organizzare in modo sinergico le attività di vigilanza e di assistenza alle imprese.

Il piano mirato, infatti, si configura come un modello territoriale partecipativo nella prevenzione dei rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro, da attivare nelle Regioni da parte dei Servizi di prevenzione delle Asl secondo lo standard di riferimento contenuto nel PNP 2020 – 2025 e approfondito nel presente lavoro.

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Email aziendale Garante Privacy

Email aziendale: il collaboratore esterno ha gli stessi diritti del dipendente
Il Garante sanziona un’azienda per 50.000 euro


Il lavoratore va sempre informato in maniera esaustiva sul trattamento dei suoi dati e il datore di lavoro deve rispettarne i diritti, le libertà fondamentali e la reputazione professionale.

Questo il principio ribadito dal Garante, che, a seguito di un reclamo, ha imposto ad una società la sanzione di 50.000 euro per aver gestito l’account di posta aziendale di una collaboratrice esterna in violazione delle norme sulla privacy.

La società senza alcun preavviso né comunicazione successiva, aveva inibito alla dipendente l’accesso al suo account, utilizzato per le relazioni commerciali, account che risultava però ancora attivo.
La lavoratrice infatti continuava a ricevere sul suo computer e sul telefono gli avvisi e le richieste di immettere la nuova password di accesso, che era stata cambiata da remoto a sua insaputa.

L’interessata aveva provveduto a segnalare l’accaduto alla Società, chiedendo il tempestivo ripristino della casella di posta, che conteneva comunicazioni di lavoro e personali, ma non avendo ricevuto risposta si era rivolta al Garante.

A seguito dell’accertamento ispettivo, effettuato su mandato dell’Autorità dal Nucleo Speciale Privacy della Guardia di Finanza, e della chiusura dell’istruttoria, l’Autorità ha ribadito gli obblighi informativi e quelli di corretta e trasparente gestione della casella di posta aziendale a carico della Società, precisando che il fatto che la reclamante fosse un’agente e non una lavoratrice subordinata non rilevava ai fini della necessità di tali adempimenti.

Numerose le violazioni contestate all’azienda: omesso riscontro alla richiesta di informazioni del Garante, inosservanza del principio di limitazione della conservazione dei dati, mancata documentazione del rilascio di un’idonea informativa, mancata risposta all’istanza dell’interessata e inibizione del suo account aziendale. Rilevati gli illeciti, il Garante ha comminato alla Società una sanzione di 50.000 euro.

L’azienda dovrà inoltre consentire alla lavoratrice di accedere alla propria casella di posta per recuperare la sua corrispondenza e disattivare l’account informando clienti e fornitori con indirizzi alternativi. La società non potrà trattare i dati estratti dalla casella di posta, se non per la tutela dei diritti in sede giudiziaria e solo per il tempo necessario a tale scopo e dovrà garantire un tempestivo riscontro all’esercizio dei diritti di tutti i suoi lavoratori, rilasciando loro un’idonea, preventiva e documentata informativa sul trattamento dei dati personali, incluso l’utilizzo di Internet e della posta elettronica aziendale.

Fonte: Garante per la protezione dei dati personali

Rimborso spese per l’acquisto di Laptop/Tablet

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 294 del 24 maggio 2022, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla possibilità, da parte del datore di lavoro, di rimborsare le spese per l’acquisto di laptop/tablet e per il test d’ingresso sostenuto dai propri dipendenti appartenenti alla categoria dei “transferred employees” per la frequenza degli istituti scolastici da parte dei propri figli e se detto rimborso non concorra alla formazione del reddito ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera f-bis, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).


La società istante (di seguito anche Istante) nell’ambito delle politiche di Gruppo volte a sostenere i dipendenti trasferiti in Paesi stranieri (cd. “transferred employees”) con figli in età scolare, al fine di promuovere la loro istruzione, la loro formazione nonché l’inserimento nella nuova realtà nazionale, ha intenzione di introdurre a favore di tale categoria di lavoratori la possibilità di ottenere il rimborso delle seguenti spese sostenute a favore dei figli iscritti in istituti scolastici:
– acquisto di laptop/tablet come parte integrante del materiale didattico;
– contributo per il test d’ingresso il cui superamento è condizione per l’ammissione alla scuola.


La Risposta dell’Agenzia delle Entrate

Ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del Tuir costituiscono reddito di lavoro dipendente «tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».

La predetta disposizione sancisce il c.d. principio di onnicomprensività nel concetto di reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante in forza del quale sia gli emolumenti in denaro e sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi ed alle opere offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti, ovvero da terzi costituiscono, in generale, redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Il medesimo articolo 51 individua, tuttavia, ai commi successivi, specifiche deroghe al suddetto principio, elencando le componenti reddituali che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte.

In particolare, il comma 2 prevede che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, tra l’altro:….

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Protocollo INAIL – Scuole

Formazione di insegnanti e studenti sulla sicurezza sul lavoro.

La collaborazione tra Inail, Ministero del Lavoro, Ministero dell’Istruzione e Ispettorato nazionale del lavoro prevede la realizzazione di azioni congiunte per aumentare la consapevolezza del rischio nelle istituzioni scolastiche, a partire dai giovani impegnati nei Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento.

Bettoni: “Questo accordo rafforza i nostri interventi per la diffusione della cultura della prevenzione

Attuare iniziative congiunte per la diffusione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro nelle istituzioni scolastiche. È questo l’obiettivo del protocollo d’intesa di durata triennale sottoscritto oggi dal presidente dell’Inail, Franco Bettoni, dal ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando, dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e dal direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro, Bruno Giordano, alla presenza del direttore generale dell’Istituto, Andrea Tardiola. L’accordo prevede la realizzazione di azioni volte a sensibilizzare e supportare i dirigenti scolastici, i docenti e gli studenti sulla consapevolezza del rischio, attraverso interventi formativi e informativi.

Garantito anche l’aggiornamento per il mantenimento della qualifica di formatore-docente. Le iniziative al centro dell’accordo comprendono corsi di formazione rivolti ai docenti in possesso dei requisiti richiesti dal decreto interministeriale del 6 marzo 2013, per l’aggiornamento necessario al mantenimento della qualifica di formatore-docente nel campo della salute e sicurezza sul lavoro. Le azioni di formazione e informazione destinate agli studenti, invece, coinvolgeranno in primo luogo quelli che sono prossimi all’inserimento nel mondo del lavoro o che sono impegnati nei Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (Pcto), anche attraverso la messa a disposizione di strumenti volti ad affiancare le istituzioni scolastiche nell’assolvimento dei propri obblighi formativi nei confronti degli allievi equiparati a lavoratori in ambito scolastico e coinvolti nell’alternanza scuola-lavoro.

Il ruolo dell’Istituto. A questo proposito, l’Inail si impegna ad adeguare, anche sotto il profilo normativo, il corso di formazione generale “Studiare il lavoro”. L’Istituto, inoltre, realizzerà azioni di supporto in relazione all’applicazione dei criteri previsti per l’individuazione dei docenti in possesso dei requisiti per l’erogazione della formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro nelle scuole di appartenenza, effettuerà gli interventi di aggiornamento rivolti ai docenti-formatori ed erogherà corsi di formazione in modalità di apprendimento a distanza.

“Le metodologie didattiche sono diversificate in relazione ai destinatari”. “Il protocollo – spiega il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – contribuisce in maniera significativa al rafforzamento del legame tra il contesto scolastico e quello lavorativo e consente di dare evidenza alle strategie di intervento che l’Istituto promuove da molti anni, in attuazione dei compiti attribuiti all’Inail dal Testo Unico del 2008, per favorire la diffusione della cultura della sicurezza anche nel mondo della scuola, mediante progetti, metodologie didattiche e percorsi formativi diversificati in relazione ai destinatari e avvalendosi di strumenti di comunicazione innovativi”.

“La sinergia tra istituzioni è la modalità più efficace per realizzare la nostra missione”. Esprimendo soddisfazione per il rinnovo della collaborazione pluriennale con il Ministero dell’Istruzione, che grazie all’accordo sottoscritto oggi si consolida con la partecipazione del Ministero del Lavoro e dell’Inl, Bettoni sottolinea come “la sinergia tra istituzioni costituisca una modalità per veicolare efficacemente i temi della prevenzione, rivolgendosi altresì agli studenti prossimi a inserirsi nel mondo del lavoro o coinvolti nei Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”.

La programmazione delle attività affidata a un Comitato di coordinamento. La pianificazione, programmazione e organizzazione generale dei piani di attività da realizzare saranno svolte attraverso un Comitato di coordinamento composto da cinque rappresentanti, di cui due per il Ministero dell’Istruzione e uno a testa per il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l’Inail e l’Inl.

Fonte INAIL.IT

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Impatto del long COVID sui lavoratori

Impatto del long COVID sui lavoratori e sui luoghi di lavoro e ruolo della SSL

Il documento, in inglese, affronta l’impatto del Long Covid sui lavoratori, sulla salute, i sintomi capaci di durare mesi. Come può una persona affrontare tale condizione e come allo stesso tempo il datore di lavoro può gestirla in azienda.

Alcune persone affette da COVID-19 manifestano sintomi che persistono per settimane o addirittura mesi dopo l’infezione originaria. Questo fenomeno, noto come «long COVID», ha avuto notevoli effetti sui lavoratori e sui luoghi di lavoro con conseguenze per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro (SSL).

Il documento di riflessione delinea le difficoltà relative alla prevenzione e alla gestione dei rischi di SSL correlati e presenta possibili misure a livello di politiche, ricerca e attuazione per ridurre l’impatto del long COVID. Sottolinea inoltre l’importanza di affrontare tali questioni per la protezione in caso di eventuali pandemie in futuro.


Ci sono molti sintomi e limitazioni fisiche nel lungo Covid popolazione, con affaticamento, problemi respiratori e disfunzioni cognitive che sono i primi tre più debilitanti sintomi elencati dai pazienti. Muscoloscheletrico, cardiovascolare, gastrointestinale, polmonare e i sintomi neuropsichiatrici erano prevalenti in circa l’85% dei partecipanti.

La mancanza di respiro può essere dovuta a cicatrici dei polmoni, che possono causare una riduzione permanente dei polmoni funzione o respirazione disordinata che possono essere curabili. In entrambe le situazioni, ci sono chiaramente dei limiti per la capacità dei lavoratori al lavoro fisico, soprattutto se sono presenti anche sintomi muscolari.

Alcuni individui possono anche avere un’infiammazione del muscolo cardiaco (miocardite) o addirittura aver avuto a attacco cardiaco, che potrebbe incidere anche sulla loro capacità di svolgere attività fisica.

Alcuni di questi individui possono improvvisamente sperimentare un aumento della frequenza cardiaca rispetto al livello normale di circa 70 battiti al minuto fino a livelli di 100-140 battiti al minuto.

Un’ulteriore complicanza di Long Covid può essere la sindrome da tachicardia ortostatica posturale (POTS), che combina la difficoltà a stare in piedi a causa di un improvviso calo della pressione sanguigna con un battito cardiaco accelerato e una sensazione di profonda stanchezza. Questi sintomi possono essere episodici e, in questi lavoratori, ulteriormente è richiesta una valutazione e una consulenza medica del lavoro.

Inoltre, un altro sintomo comune (che si verifica in circa il 10% dei lavoratori) che può verificarsi è la condizione chiamata “nebbia del cervello”, un disturbo neurocognitivo effetto dell’infezione da COVID-19, quando un lavoratore ha difficoltà di concentrazione e memoria, di solito a effetto temporaneo.

Dove non ci sono stati danni permanenti agli organi, ci si possono aspettare questi effetti di Long Covid a diminuire e la salute di un lavoratore di solito tornerà alla normalità.

Lo sviluppo di Long Covid può essere un’esperienza traumatica per lavoratori precedentemente attivi e vigorosi e, di conseguenza, spesso dopo molto tempo ricovero, causano ansia e depressione nell’individuo. Ciò richiede un trattamento – o parlare terapia come la terapia cognitivo comportamentale (di persona da parte di un terapeuta) o terapia disponibile online, e talvolta, in aggiunta, farmaci.

Le implicazioni per la sicurezza e la salute sul lavoro (SSL) dei lavoratori di queste condizioni possono essere notevole e il principio fondamentale della consapevolezza da parte del datore di lavoro dei sintomi di un lavoratore il ritorno al lavoro e i propri limiti è importante per tutti i lavoratori con Long Covid.

Questa conoscenza lo farà quindi informare le misure che devono essere intraprese dal datore di lavoro per garantire la sicurezza di un lavoratore, e la sicurezza anche di altri, come potrebbe essere il caso di conducenti, operatori di processo, operatori di macchinari pesanti e così via. Ciò dovrà essere fatto attraverso l’adeguamento dei compiti e la modifica dei compiti.

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Lavoratore inviato all’estero

Federmeccanica/Assistal – Fim-Cisl/Fiom-Cgil/Uilm-Uil Commissione Salute e Sicurezza

Contenuti 

Obiettivi ed impostazione metodologica del documento, basato su un approccio sintetico e operativo per diffondere l’attenzione della tutela dei dipendenti inviati all’estero. Il documento affronta la materia in termini di prevenzione a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori all’estero.

Il presente vademecum ha l’obiettivo di fornire a lavoratori ed aziende informazioni utili e spunti operativi per il miglioramento della salute e sicurezza per i lavoratori che, per motivi di lavoro, devono recarsi all’estero.

L’emergenza pandemica legata a COVID-19 ha accentuato l’attenzione delle Istituzioni e dei cittadini sulla centralità di queste tematiche, unitamente al continuo evolversi degli scenari internazionali.

Alla luce dell’ordinamento giuridico italiano, la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori all’estero rappresenta un forte punto di attenzione per i datori di lavoro, non solo nelle realtà strutturate, ma anche nelle piccole e medie imprese che, sempre di più, sono protagoniste nei mercati esteri.

Il vademecum, con un taglio pratico e semplice, può essere usato come punto di partenza per le riflessioni all’interno delle aziende e per aiutare coloro i quali si occupano di questi temi ad impostare procedure e regolamenti.

La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori è uno dei principi cardine della nostra Costituzione: gli articoli 32, 35, 38 e 41 tutelano questi aspetti come “beni primari”.

È utile ricordare, inoltre, la norma di chiusura del sistema legale della sicurezza contenuta nell’articolo 2087 del Codice civile che stabilisce “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.

Conformemente a questi principi di base ed anche in relazione al recepimento delle Direttive comunitarie, il D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. (il Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro), il Codice Civile, il Codice Penale, il D.Lgs. n. 231/2001 ed il Decreto n. 317/1987 e s.m.i. costituiscono il quadro normativo di riferimento.

Parlando di salute e sicurezza dei lavoratori all’estero, assume importanza anche la conoscenza della normativa del Paese in cui l’attività viene svolta al fine delle disposizioni cogenti in essa contenute, come vedremo nel prosieguo del vademecum.

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