Obbligo di verifica dell’idoneità  tecnico professionale

Cassazione Penale, Sez. 3, 01 marzo 2017, n. 10014 responsabilità  di un committente

Obbligo di verifica dell'idoneità  tecnico professionale

E-learningLe misure generali di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, che implicano a norma dell'art. 15 d.lgs. 81/2008 la valutazione preventiva e l'eliminazione dei rischi in relazione ai lavori da eseguire, pongono a carico del committente, sin dalla fase di progettazione dell'opera e delle conseguenti scelte tecniche, specifiche cautele prescritte dall'art. 90, comma 9 del medesimo decreto, fra cui la verifica nell'ipotesi di cantieri temporanei dell'idoneità  tecnico professionale dell'impresa affidataria, la quale implica l'iscrizione di questàultima alla Camera di Commercio e l'autocertificazione in ordine al possesso dei requisiti previsti dalla normativa di settore. Da ciò discende che non è affatto necessario il perfezionamento di un contratto di appalto, sia perché trattasi di adempimenti preliminari alla successiva fase della stipula, sia perché la norma in esame non contempla tale figura contrattuale – come si desume dal tenore letterale dello stesso art.90 che parla di “affidamento dei lavori” e che nella lettera c) del comma 9, contemplante a sua volta gli adempimenti di cui alle precedenti lettere a) e b), esclude espressamente la necessità  del ricorso all'appalto – ben potendo la commissione esaurirsi in una mera prestazione d'opera, quale è certamente il sopralluogo sul tetto ai fini della verifica dei lavori necessari, alla quale devono comunque presiedere le cautele previste.

Fatto

1. Con sentenza pronunciata in data 19.10.2015 il Tribunale di Novara ha condannato L.P. alla pena di Euro 4.000 di ammenda con il beneficio della sospensione condizionale della pena per averi in qualità  di socio accomandatario della PI.GI. MAC di L.P. & C. s.a.s. e committente dei lavori eseguiti presso il capannone industriale sede della società /omesso di verificare l'idoneità  tecnico professionale dell'impresa appaltatrice. Avverso la suddetta pronuncia l'imputato ha proposto per il tramite del difensore ricorso in Cassazione articolando tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all'art. 173, 1 comma disp. att. c.p.p.. Con il primo motivo lamenta, invocando il vizio di omessa ed illogica motivazione, di essere stato erroneamente ritenuto parte committente del contratto di appalto essendosi invece soltanto limitato a richiedere un preventivo al titolare dell'impresa D.F. per la sistemazione del tetto del capannone per conto della società  che aveva ivi sede senza esserne però la proprietaria ma soltanto la locatrice finanziaria e perciò tenuta a richiedere la relativa autorizzazione ai proprietari dell'immobile: che nessun contratto di appalto fosse intervenuto con il titolare dell'impresa edile era avvalorato dal fatto che egli non era presente al momento del sopralluogo del D.F. che intendeva solo rendersi conto della tipologia della riparazione e del materiale eventualmente necessario, che non vi era prova della pattuizione di un corrispettivo, che non gli era stato inviato alcun preventivo e che pertanto il Tribunale basandosi sul solo materiale fotografico aveva illegittimamente applicato nei suoi confronti l'art. 90, comma 9 del d.lgs. 81/2008 in via anticipata rispetto a quanto previsto dalla stessa norma incriminatrice che postula il perfezionamento dell'accordo e non già  dei semplici contatti tra il fruitore delle opere e la ditta non ancora incaricata della loro esecuzione.

2. Con il secondo motivo lamenta che la sentenza impugnata abbia qualificato come prove elementi insussistenti avendo desunto la conclusione del contratto di appalto dalla sola presenza, riferita dal teste escusso ispettore R.M. , all'interno del capannone di attrezzature idonee alla riparazione del tetto, senza che potesse essere demandato ad un testimone alcun giudizio di idoneità , senza che fosse stata, accertata la proprietà  del suddetto materiale che ben poteva pertanto essere costituito da strumenti della società  presenti sul posto e senza che il rilievo fotografico della suddetta attrezzatura, presente nella parallela inchiesta di infortunio per omicidio colposo dalla quale il ricorrente era stato assolto, fosse stato acquisito come prova del procedimento in esame.

3. Con il terzo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge sub specie dell'art.648 c.p.p. e di contestuale omessa motivazione, il contrasto tra la sentenza impugnata e quella pronunciata nel giudizio di omicidio colposo con violazione delle norme sul lavoro, passata in giudicato, che analizzando lo stesso fatto storico aveva escluso che tra la società  in accomandita di cui l'imputato era l'accomandatario ed il D.F. fosse intervenuto un contratto di appalto, con conseguente ipotizzabile contrasto fra giudicati.

Diritto ……..

E-learningCassazione Penale, Sez. 3, 01 marzo 2017, n. 10014

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