Garante per la privacy frena sui controlli a distanza dei lavoratori

Garante per la privacy frena sui controlli a distanza dei lavoratori

Garante per la privacy frena sui controlli a distanza dei lavoratoriL'articolo 23 del decreto legislativo Jobs act riscrive l'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori.
In particolare, si tratta dello schema di decreto legislativo sulle disposizioni di razionalizzazione e semplificazione di procedure e adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità , in attuazione del Jobs act, assegnato – insieme agli altri tre che completano la delega – alle Camere per i pareri delle commissioni (per cui sono a disposizione 30 giorni), dopo il primo via libera del Consiglio dei ministri di giovedì scorso.

Nel dettaglio, l'articolo al primo comma prevede che “gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità  di controllo a distanza dell'attività  dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali.
In mancanza di accordo possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità  produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali“.

Il decreto attuativo del Jobs Act all'esame delle Camere, che prevede la norma sui controlli a distanza, deve impedire “«forme ingiustificate e invasive di controllo”», evitando “«una indebita profilazione delle persone che lavorano”». È il monito del Garante per la privacy Antonello Soro, che nella Relazione annuale al Parlamento chiede “garanzie” sul controverso tema del monitoraggio a distanza dei lavoratori. “«Nei rapporti di lavoro, il crescente ricorso alle tecnologie nell'organizzazione aziendale, i diffusi sistemi di geolocalizzazione e telecamere intelligenti hanno sfumato la linea – un tempo netta – tra vita privata e lavorativa. Un più profondo monitoraggio di impianti e strumenti non deve tradursi in una indebita profilazione delle persone che lavorano. Occorre sempre di più coniugare l'esigenza di efficienza delle imprese con la tutela dei diritti”», si legge in un passo della relazione.

Una questione toccata anche dalla presidente della Camera Laura Boldrini, che si augura “«chiarezza”» nell'esame parlamentare “«sui dubbi emersi”». Il testo del governo è “equilibrato”, replica il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, che apre tuttavia a ipotesi di modifica: “«Se nei pareri delle commissioni ci saranno ulteriori suggerimenti, li terremo in considerazione”». E arriva anche la precisazione del ministero del Lavoro: le norme “«adeguano la disciplina oggi vigente del 1970 alle innovazioni da allora intervenute, rispettando le indicazioni che il Garante della Privacy ha fornito negli ultimi anni, in particolare con le linee guida del 2007 sull'utilizzo della posta elettronica e di internet“».

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